Essere pagati dopo oltre un anno dalla conclusione di un lavoro significa, per quanto mi riguarda, lavorare gratis, né più né meno. Può succedere anche questo, nel rutilante mondo del giornalismo e dell'editoria nostrani. E' capitato, sta capitando a me, ma non escludo, e anzi ritengo assai probabile, che accada sistematicamente a molti altri sfortunati colleghi. E' così: una "prestigiosa" casa editrice deve ancora saldarmi oltre il 60 per cento del compenso che mi spetta per aver collaborato, da ottobre 2012 a gennaio 2013, alla realizzazione (ricerca di contatti, interviste telefoniche e de visu, stesura articoli) di un popolare vademecum a cadenza annuale, dedicato alle aziende operanti nei più svariati settori, dal commercio all'arte e al turismo. Un anno: nella speranza che in questi giorni, in seguito all'ennesimo e vagamente iracondo sollecito da me inoltrato a chi di dovere, finalmente giunga nel mio portafoglio quanto mi spetta, tengo a sottolineare che la sostanza del discorso non cambierebbe assolutamente. Ribadisco: essere pagati dopo più di un anno significa, semplicemente, lavorare a titolo gratuito. Perché in un anno può succedere di tutto, si fa in tempo a morire e, a seconda delle credenze e della fede di ciascuno di noi, persino a reincarnarsi... I pagamenti dilazionati in uso in Italia in questi avventurati anni di crisi sono una cosa odiosa a prescindere, ma dodici mesi e passa no, non è accettabile. Del resto, in ambito giornalistico il quadro in proposito è scoraggiante: cerchi offerte di lavoro in giro per il web, e le poche che riguardano questo settore professionale tengono quasi sempre a sottolineare che, per carità, "la collaborazione si intende a titolo gratuito", ma, valà, vuoi mettere l'onore di scrivere articoli e di avere una firma riconoscibile e "famosa"? Onore del cavolo, mi permetto. Perché se uno vuol scrivere per il piacere di scrivere, si apre un blog, come ho fatto io, ma il lavoro è una cosa diversa. Se un'azienda o testata offre un lavoro, ebbene, il lavoro va retribuito. E se non hai i soldi per pagare chi si sbatte per te, non apri una testata giornalistica o una casa editrice, o se proprio vuoi aprirla, beh, caro mio, fai tutto da solo, senza chiedere a giovani (e meno giovani) speranzosi una serie di sacrifici che poi non verranno in alcun modo compensati. Anni fa, con altri colleghi, aprii una testata editoriale web: di soldi ne giravano pochini, ma i collaboratori esterni li pagavamo sempre, regolarmente, anche a costo di non prenderne noi, di compensi: fu un periodo duro sul piano economico, ma moralmente posso dire di esserne uscito a testa alta, con la coscienza a posto.Queste aziende, soprattutto le più grosse, si fanno forti di un assunto: se tu non vuoi scrivere per me, ne trovo altri più volenterosi e desiderosi di occupare il tuo posto, perché c'è la fila, là fuori. Ecco, questo è un grande equivoco di fondo, che è bene che tutti gli aspiranti "scribacchini" si mettano in testa: il curriculum di ciascuno di noi non acquisisce alcun surplus di prestigio e appetibilità da una collaborazione con una azienda che con così grosso ritardo tiene fede ai propri doveri retributivi, e anzi, bisognerebbe cominciare ad avere il coraggio di rifiutare di lavorare per chi paga in ritardo o non paga proprio. Tornando alla mia situazione, è opportuno precisare che la mia collaborazione con questa testata dura da ormai nove anni. Sono dunque un collaboratore "storico" di questa guida (non c'è alcun vanto nella parola "storico", è meramente un dato di fatto derivante dalla prolungata "milizia"), alla cui ultima edizione ho dato il mio consueto apporto in un momento personale molto difficile: nell'autunno - inverno 2012 - 2013 ho trascorso infatti più tempo in ospedale che a casa, per motivi che i miei lettori più affezionati conoscono, eppure ho voluto onorare l'impegno assunto, per necessità pecuniarie e per riconoscenza nei confronti del prestigioso giornalista che è il deus ex machina del progetto, e che anni fa mi aveva coinvolto nella stesura di quest'opera annuale, dandomi una importante opportunità di crescita professionale e un piccolo ma significativo guadagno (perché allora i pagamenti arrivavano in orario...). Il ringraziamento? Oltre al ritardo di cui si è detto, non mi è stata tuttora fornita alcuna informazione circa la realizzazione o meno di una eventuale edizione 2014 dell'opera. Precisiamo: nel caso si facesse, io me ne chiamerei fuori, perché di lavorare gratis ne ho fin sopra i capelli e perché quando viene a mancare il rispetto (pagare un lavoro è "rispetto") la risposta da dare è una sola; però, in quanto collaboratore "anziano", avrei meritato maggiore considerazione. E mi dispiace anche per il suddetto giornalista, che in tutta sincerità non ne esce molto bene in quanto a credibilità, anche se a saperlo siamo solo io, lui e pochi altri (gli altri collaboratori della guida). Riguardo alla popolare casa editrice, mi sfuggono i motivi del prestigio di cui continua a godere. Per quanto mi riguarda, una volta avuti i miei soldi (che reclamerò fino alla nausea, anche a costo di presentarmi nella loro sede con un avvocato e con un Carabiniere), dopo non mi vedranno più.
Appunti personali: la gioia del lavoro gratis e la grande casa editrice
Creato il 30 gennaio 2014 da CarlocaEssere pagati dopo oltre un anno dalla conclusione di un lavoro significa, per quanto mi riguarda, lavorare gratis, né più né meno. Può succedere anche questo, nel rutilante mondo del giornalismo e dell'editoria nostrani. E' capitato, sta capitando a me, ma non escludo, e anzi ritengo assai probabile, che accada sistematicamente a molti altri sfortunati colleghi. E' così: una "prestigiosa" casa editrice deve ancora saldarmi oltre il 60 per cento del compenso che mi spetta per aver collaborato, da ottobre 2012 a gennaio 2013, alla realizzazione (ricerca di contatti, interviste telefoniche e de visu, stesura articoli) di un popolare vademecum a cadenza annuale, dedicato alle aziende operanti nei più svariati settori, dal commercio all'arte e al turismo. Un anno: nella speranza che in questi giorni, in seguito all'ennesimo e vagamente iracondo sollecito da me inoltrato a chi di dovere, finalmente giunga nel mio portafoglio quanto mi spetta, tengo a sottolineare che la sostanza del discorso non cambierebbe assolutamente. Ribadisco: essere pagati dopo più di un anno significa, semplicemente, lavorare a titolo gratuito. Perché in un anno può succedere di tutto, si fa in tempo a morire e, a seconda delle credenze e della fede di ciascuno di noi, persino a reincarnarsi... I pagamenti dilazionati in uso in Italia in questi avventurati anni di crisi sono una cosa odiosa a prescindere, ma dodici mesi e passa no, non è accettabile. Del resto, in ambito giornalistico il quadro in proposito è scoraggiante: cerchi offerte di lavoro in giro per il web, e le poche che riguardano questo settore professionale tengono quasi sempre a sottolineare che, per carità, "la collaborazione si intende a titolo gratuito", ma, valà, vuoi mettere l'onore di scrivere articoli e di avere una firma riconoscibile e "famosa"? Onore del cavolo, mi permetto. Perché se uno vuol scrivere per il piacere di scrivere, si apre un blog, come ho fatto io, ma il lavoro è una cosa diversa. Se un'azienda o testata offre un lavoro, ebbene, il lavoro va retribuito. E se non hai i soldi per pagare chi si sbatte per te, non apri una testata giornalistica o una casa editrice, o se proprio vuoi aprirla, beh, caro mio, fai tutto da solo, senza chiedere a giovani (e meno giovani) speranzosi una serie di sacrifici che poi non verranno in alcun modo compensati. Anni fa, con altri colleghi, aprii una testata editoriale web: di soldi ne giravano pochini, ma i collaboratori esterni li pagavamo sempre, regolarmente, anche a costo di non prenderne noi, di compensi: fu un periodo duro sul piano economico, ma moralmente posso dire di esserne uscito a testa alta, con la coscienza a posto.Queste aziende, soprattutto le più grosse, si fanno forti di un assunto: se tu non vuoi scrivere per me, ne trovo altri più volenterosi e desiderosi di occupare il tuo posto, perché c'è la fila, là fuori. Ecco, questo è un grande equivoco di fondo, che è bene che tutti gli aspiranti "scribacchini" si mettano in testa: il curriculum di ciascuno di noi non acquisisce alcun surplus di prestigio e appetibilità da una collaborazione con una azienda che con così grosso ritardo tiene fede ai propri doveri retributivi, e anzi, bisognerebbe cominciare ad avere il coraggio di rifiutare di lavorare per chi paga in ritardo o non paga proprio. Tornando alla mia situazione, è opportuno precisare che la mia collaborazione con questa testata dura da ormai nove anni. Sono dunque un collaboratore "storico" di questa guida (non c'è alcun vanto nella parola "storico", è meramente un dato di fatto derivante dalla prolungata "milizia"), alla cui ultima edizione ho dato il mio consueto apporto in un momento personale molto difficile: nell'autunno - inverno 2012 - 2013 ho trascorso infatti più tempo in ospedale che a casa, per motivi che i miei lettori più affezionati conoscono, eppure ho voluto onorare l'impegno assunto, per necessità pecuniarie e per riconoscenza nei confronti del prestigioso giornalista che è il deus ex machina del progetto, e che anni fa mi aveva coinvolto nella stesura di quest'opera annuale, dandomi una importante opportunità di crescita professionale e un piccolo ma significativo guadagno (perché allora i pagamenti arrivavano in orario...). Il ringraziamento? Oltre al ritardo di cui si è detto, non mi è stata tuttora fornita alcuna informazione circa la realizzazione o meno di una eventuale edizione 2014 dell'opera. Precisiamo: nel caso si facesse, io me ne chiamerei fuori, perché di lavorare gratis ne ho fin sopra i capelli e perché quando viene a mancare il rispetto (pagare un lavoro è "rispetto") la risposta da dare è una sola; però, in quanto collaboratore "anziano", avrei meritato maggiore considerazione. E mi dispiace anche per il suddetto giornalista, che in tutta sincerità non ne esce molto bene in quanto a credibilità, anche se a saperlo siamo solo io, lui e pochi altri (gli altri collaboratori della guida). Riguardo alla popolare casa editrice, mi sfuggono i motivi del prestigio di cui continua a godere. Per quanto mi riguarda, una volta avuti i miei soldi (che reclamerò fino alla nausea, anche a costo di presentarmi nella loro sede con un avvocato e con un Carabiniere), dopo non mi vedranno più.
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