di Pierluigi Montalbano
È il primo sito stanziale finora rinvenuto in Gallura e testimonia in modo inequivocabile che nell'età del rame il territorio gallurese era occupato da genti preistoriche. Finora gli archeologi pensavano che la Gallura del III millennio a.C. fosse stata abbandonata dai neolitici in quanto non forniva tracce di frequentazione (manufatti, ossa, capanne, sepolture) per tutta l'età del rame e fino a epoca nuragica.
Questo ritrovamento cancella quella strampalata teoria di alcuni specialisti che propone gli antichi sardi nemici dell'acqua salata. La concezione dei nuragici e delle genti che li precedettero, restii a frequentare il mare non regge più, e Tavolara diventa il simbolo della nuova visione di un popolo che in antichità controllava e sfruttava le proprie coste e il mare circostante.
La Soprintendenza ai beni archeologici lo scorso Autunno ha effettuato due scavi nelle isole che attualmente fanno parte dell'Area marina protetta: Tavolara e Proratora. Il primo è stato diretto dall'archeologa Paola Mancini, il secondo da Giuseppe Pisanu.
La Mancini ha fatto una scoperta eccezionale:
"A Tavolara abbiamo rinvenuto un insediamento stanziale di genti preistoriche, il sito risale più o meno al 2500 a.C. e fa parte della cosiddetta cultura di Monte Claro. È il primo sito stanziale di questa cultura che è stato finora rinvenuto in Gallura, e questo dimostra che è errata l'ipotesi di uno spopolamento del territorio durante l'età del rame. Peraltro siamo a conoscenza di un altro insediamento, stavolta nei dintorni di Olbia, riconducibile allo stesso periodo. Inoltre, il sito di Tavolara è l'unico che presenta una connotazione così forte, un legame così stretto con il mare: vivevano addirittura in un'isola".
La studiosa gallurese precisa:
"L'indagine ha confermato la presenza stabile di uno stanziamento della cultura di Monte Claro, che caratterizza la parte centrale e finale dell'Eneolitico sardo. Sino a oggi in Gallura non erano noti abitati di questo periodo, ma solo sporadiche attestazioni di materiali in alcuni tafoni e tombe a galleria. Le ragioni dell'insediamento sono da ricercare, presumibilmente, nell'ambito delle rotte transmarine che, fin dal neolitico, mettevano in comunicazione la parte orientale con quella occidentale della Sardegna. Una conferma deriva dalle similitudini riscontrate tra i motivi decorativi delle ceramiche di Spalmatore e quelle del Nuorese, in particolare con il sito di Biriai a Oliena.
La località, inoltre, offriva un habitat propizio alla vita umana; non mancano, infatti, le sorgenti di acqua dolce, né la possibilità di approvvigionamento di cibo (pesci, conchiglie, sale, cacciagione). È molto probabile, infine, che queste genti riconoscessero come loro luogo di culto la Grotta del Papa che si apre sulla opposta costa dell'isola di Tavolara, dove sono presenti figure umane stilizzate dipinte in rosso di datazione contemporanea, o di poco anteriore, all'insediamento di Spalmatore".
Giuseppe Pisanu aggiunge:
"Noi siamo certi che gli isolani navigassero già nel Neolitico ma questo tipo di scoperte contribuiscono a frantumare la vecchia concezione dei sardi isolati e asserragliati al centro dell'isola". Il secondo scavo, fatto a Proratora, ha evidenziato la presenza di una serie di edifici di stoccaggio del III secolo a.C. «Ai tempi la Sardegna era stata appena conquistata da Roma ai danni di Cartagine, ma persistevano sacche di resistenza molto forti. Riteniamo che i romani abbiano costruito dei magazzini sull'isolotto per evitare degli assalti da parte dei sardi ribelli».
Entrambi gli scavi sono stati finanziati dall'Area marina protetta, che continuerà50 a sostenere iniziative in grado di dare nuovi elementi all'identità del territorio.
Il direttore ha commentato:
"Tra l'altro la presenza di questi insediamenti rafforza la necessità di proteggere e al contempo valorizzare e promuovere le isole dell'Amp".
Immagini dal web.