E’ stato diffuso poche ore fa un terribile filmato, girato nella città di Mosul, l’antica capitale assira Ninive, dove si vede un gruppo di uomini che distrugge opere d’arte che risalgono ad alcuni secoli prima di Cristo, all’apice dello splendore di quella civiltà. Lo scempio é stato perpetrato da seguaci dell’ISIS, sedicente califfato islamico, non nuovo ad azioni di questo tipo. I danni sono incalcolabili, non solo per l’Iraq, ma per il mondo intero. Purtroppo gli esseri umani hanno la capacità di distruggere testimonianze preziose della storia del pianeta, non solo in scenari di guerra, ma anche per vandalismo, stupidità, ignoranza e superficialità.
La pietra di Singapore
Il masso colossale (3 metri di altezza e 3 metri di larghezza), conosciuto come Pietra di Singapore, si trovava alla foce del fiume Singapore, ed era legato a una leggenda del XIV secolo, che raccontava di un uomo forzuto di nome Badang, che avrebbe scagliato la pietra in quel posto. La pietra era ricoperta da un’iscrizione consunta che non potrà mai più essere decifrata, dato che un ingegnere l’ha fatta esplodere nel 1843, mentre costruiva un forte. Uno dei frammenti è stato preservato ed é ora esposto al National Singapore Museum. La pietra aveva 50 linee di iscrizioni in una lingua sconosciuta, che probabilmente era una variante dell’antico giavanese dei secoli tra il decimo e il quattordicesimo. Scoperta nel 1819, la pietra e la zona circostante erano considerata sacre, ma nel 1843 l’esercito britannico, per allargare la foce del fiume e costruire un forte, la fece saltare in aria, e i pezzi furono utilizzati come materiale da costruzione, manto stradale, e una panchina. Anche se alcuni frammenti sono stati salvati, il luogo sacro è stato completamente
annientato, con la maggior parte del testo della pietra cancellato per sempre.
L’albero senatore
In un giorno imprecisato di circa 3500 anni fa, il seme di un albero di cipresso cadde a terra in quella che oggi é la Florida, e mise radici. Nel corso dei millenni è cresciuto fino a un’altezza di 36 metri, e ha visto la nascita di Gesù Cristo, l’arrivo di Colombo, il crollo di Wall Street, e la caduta del muro di Berlino. Il “senatore” è stato anche onorato dal Presidente degli Stati Uniti Coolidge nel 1929. Nel 2012 una tossicodipendente locale, Sara Barnes, si arrampicò sull’albero, ma quando si fece buio, accese un fuoco per aiutarsi a vedere. Il fuoco immediatamente fece ciò che era prevedibile facesse, finendo completamente fuori controllo. Secondo il personale dei servizi di emergenza, il vecchio senatore ha bruciato “come un camino” per un paio di ore, prima di crollare in un mucchio di cenere. La Barnes è stato arrestata ed é finita in prigione, e come é stato riferito dagli amici, lei stessa non riusciva a credere di aver bruciato un albero più vecchio di Gesù.
Isola di Nauru
La piccola isola di Nauru è oggi conosciuta perché ospita uno dei tetri centri di detenzione off-shore in Australia. Solo un secolo fa, però, era considerata un paradiso terrestre. Quando gli Europei la scoprirono nel 18° secolo, era coperta di vegetazione tropicale lussureggiante, tanto che fu chiamata ufficialmente Pleasant Island. Ancora oggi le immagini delle sue spiagge sono così incredibilmente perfette che si potrebbe pensare che siano state ritoccate con Photoshop. La foto qui sopra mostra l’intera Nauru come é oggi, un mucchio di pietre privo di vita. Purtroppo per gli abitanti di Pleasant Island, la loro terra si trovava proprio sulla cima di uno dei più grandi giacimenti di fosfato del pianeta. A partire dal 1900, varie potenze coloniali hanno spogliato l’isola. Quando Nauru ha dichiarato l’indipendenza nel 1960, il nuovo governo ha continuato a distruggere l’isola, lasciando dietro di sé una terra desolata in cui nulla può crescere. Anche se Nauru tecnicamente esiste ancora, tutto ciò che ha fatto innamorare i primi marinai arrivati sul posto è ormai andato perduto per sempre.Siti precolombiani di Atacama
Il deserto di Atacama è il luogo più arido della Terra, e proprio grazie alla mancanza di umidità delicati disegni e artefatti precolombiani si sono perfettamente conservati per millenni. Alcune dune di sabbia ancora testimoniano come i venti contribuirono a plasmarle 18 mila anni fa. L’ultima cosa che si può pensare di fare in questi fragili siti, è guidare una macchina proprio sopra di essi, ma questo è esattamente quello hanno fatto gli sfidanti del “Dakar Rally” nel 2009. Anche se storicamente la Parigi-Dakar si é sempre corsa in Africa, il rally è stato spostato in Sud America dopo le minacce terroristiche del 2008. Purtroppo gli organizzatori hanno trascurato di controllare la rotta, con la conseguenza che sei siti insostituibili di Atacama sono stati completamente distrutti. Antichi geroglifi, che potevano essere decifrati solo dal cielo, sono stati deturpati dalle tracce degli pneumatici che li attraversano. Un campo di cacciatori-raccoglitori pre-colombiano è stato schiacciato nella polvere, e molti altri siti importanti sono stati lasciati con danni irreparabili. E quel che é peggio, anche le gare successive hanno continuato a provocare la distruzione di numerose testimonianze storiche. Secondo il Santiago Times, l’edizione 2011 della gara ha irreversibilmente danneggiato il 44 per cento di tutti i siti campionati, lasciando il patrimonio culturale di Atacama a brandelli.
Tomba di Giona
L’ultima dimora del profeta dell’Antico Testamento, che la maggior parte di noi ricorda perché fu inghiottito da una balena, la Tomba di Giona a Mosul, è stato un luogo di pellegrinaggio per musulmani e cristiani. Era anche un luogo di grande interesse archeologico, con le parti più antiche del complesso risalenti al VIII secolo a.C. Niente di tutto questo é interessato ai leader dell’ISIS, che hanno deciso di distruggerlo. Nel luglio del 2014 le truppe del califfato islamico sono entrate nella moschea costruita sopra la tomba, durante la preghiera, e hanno ordinato a tutti di uscire. Poi hanno completamente distrutto il sito, e alcune case vicine, con gli esplosivi. Secondo la loro ultra-rigida interpretazione dell’islam, stavano salvando i presenti dall’adorare un falso idolo. Secondo l’interpretazione di tutto il resto del mondo, hanno privato l’umanità di un tesoro culturale inestimabile. I fanatici combattenti dell’ISIS, oltre che per gli orrendi massacri commessi, si faranno ricordare anche per la criminale distruzione di siti culturali. Nel mese di febbraio, hanno fatto saltare in aria un muro di 2.700 anni fa nell’antica Ninive, e poche ore fa hanno messo in rete l’ultimo scempio contro un patrimonio culturale di inestimabile valore.Benin City
Fino al 19° secolo Benin City (Nigeria) era un luogo incantevole. Commercianti portoghesi la descrivono come una città più grande di Lisbona, con grandi case ornate e strade che correvano “dritto e per quanto l’occhio può vedere.” Il Palazzo dell’Oba, al centro della città, era talmente bello che incisori olandesi lo hanno raffigurato, con le torrette e il paesaggio urbano riprodotti nei minimi dettagli. Molti europei ammiravano la città tanto quanto quelle di origine. Poi gli inglesi hanno distrutto tutto nel 1897, durante una spedizione punitiva che bruciò e saccheggiò la città, radendola al suolo, e disperdendo quel poco che era rimasto. Era come se Parigi o Atene fossero andate in fiamme, ma quel che é peggio, pare che la cosa non interessi a nessuno.
Lago di Urmia
Ancora nel 1990 il lago di Urmia, in Iran, era un paradiso turistico. Famoso per le sue acque azzurre e le 100 isole che ospitavano tutti i tipi di animali esotici, ha attirato folle di visitatori da tutto il mondo. La gente faceva il bagno nel suo fango curativo e ammirava i fenicotteri che vi nidificavano. Delle dimensioni del Lussemburgo, il lago era conosciuto come una delle meraviglie naturali del mondo, mentre oggi è un deserto desolato. Grazie ad alcune politiche governative altamente discutibili, paragonabili a quelle che hanno distrutto il lago Aral, il lago di Urmia è sul punto di scomparire. Le sue acque si sono ritirate così indietro da lasciare le barche arrugginite abbandonate sulla terraferma riarsa, e tutti gli animali selvatici sono scappati. Il paesaggio é devastato dai sali tossici, che lasciano una scia di morte. Anche se il governo iraniano ha promesso miliardi di dollari per il ripristino del lago di Urmia, nessuno si aspetta seriamente che faccia qualcosa.Grotta di Mayrieres
Un gruppo di uomini delle caverne, che ha vissuto nel sud-ovest della moderna Francia 15.000 anni fa, aveva artisticamente decorato la
grotte de Mayrières supérieure con
due pitture rupestri raffiguranti dei bisonti, eseguiti con maestria incredibile. Le opere erano ancora in buone condizioni e considerate inestimabili, fino a quando hanno catturato l’attenzione di alcuni benefattori locali. Nella primavera del 1992 un club giovanile di scout ha deciso di fare una buona azione, pulendo alcune grotte dai graffiti. Armati di spazzole metalliche e di un sacco di ignoranza, i 70 ragazzi sono scesi nello Grotta di Mayrieres e hanno cancellato gran parte dell’arte preistorica. Anche se alla fine si sono resi conto del loro errore, il danno è stato più o meno totale: i dipinti sono stati rovinati, e al gruppo di giovani é stato assegnato un premio Ig Nobel per il loro contributo ad aver distrutto il nostro passato.Antichi siti in Siria
Attualmente nella morsa di una delle peggiori guerre a memoria d’uomo, la Siria è al ground zero della distruzione storica. Insieme con la perdita terribile di vite umane, la guerra ha visto la distruzione di innumerevoli tesori storici, forse più che in qualsiasi altro conflitto dell’era moderna. Dall’inizio delle ostilità, le due città d’arte di Damasco e Aleppo hanno subito un danno continuo, e sono ora in rovina. Nel 2012 un incendio ha attraversato l’antico suk di Aleppo, distruggendo uno dei più importanti punti commerciali sulla storica via della seta. Un anno dopo il castello medioevale “Krak dei Cavalieri”, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, è stato colpito da un attacco aereo, mentre l’antico minareto della Grande Moschea di Aleppo è stato distrutto, dopo che era stato in piedi per quasi 1.000 anni. I combattimenti hanno anche fornito una copertura ai tombaroli di professione, che hanno saccheggiato siti di inestimabile valore come Palmyra, dove quasi nulla è stato lasciato. Nel mese di dicembre 2014 l’ONU ha dichiarato che 300 siti del patrimonio siriano erano stati danneggiati o completamente distrutti.
Arabia Saudita
Il governo dell’Arabia Saudita ha la strana fissazione di trasformare La Mecca in una sorta di Las Vegas del Medio Oriente. Ma questo non é nulla in confronto alla piena follia del regno wahabita. Dal 1985 la famiglia regnante ha volontariamente distrutto oltre il 98 per cento del patrimonio islamico del regno. Non si sono limitati ad abbattere alcuni vecchi edifici per costruire nuovi alberghi, ma ci sono le prove che indicano un deliberato tentativo di demolire il maggior numero di siti culturali possibile. Una moschea costruita dal primo califfo dell’Islam, Abu Bakr, è stata recentemente rasa al suolo e sostituita con una banca. Nel monte Uhud, a Medina, una famosa fessura in cui Maometto stesso presumibilmente si ritirò dopo una battaglia, è stata riempita con cemento e recintata per non far avvicinare i pellegrini. Ma forse la cosa più folle di tutte è il modo orwelliano con cui il governo saudita tenta di riscrivere la storia. Dopo aver presentato il progetto per un nuovo palazzo, da costruire proprio sopra il luogo dove é nato Maometto, sono comparsi sul posto dei cartelli che spiegavano che non c’era alcuna prova che il profeta fosse nato lì. Dopo che la fessura del monte Uhud è stata riempita, é apparso un cartello che dichiarava che non c’era niente di speciale nella montagna e mai c’era stato. Pare che, quando viene decisa la distruzione di un sito, le ruspe lo demoliscano durante la notte e non lasciano prove che ci sia mai stato qualcosa. Poiché il wahabismo vieta l’adorazione di falsi idoli, i dignitari religiosi del regno hanno incoraggiato la distruzione di monumenti e manufatti che potrebbero distrarre la gente dall’adorare Allah. E così hanno effettivamente annientato molte tracce dell’antico passato dell’Islam.
Fonte: http://www.vanillamagazine.it/