di Pierluigi Montalbano
Partirà a settembre la nuova campagna di scavi archeologici nel sito delle campagne di Cabras dove nel 1974 furono scoperte le straordinarie statue di arenaria oristanese dei giganti di Mont'e Prama.
Lo ha annunciato oggi il soprintendente Marco Minoia, nel corso di una conferenza stampa a Oristano con l'arcivescovo Ignazio Sanna. L'obiettivo è quello di "trovare i pezzi che mancano per aiutarci a capire che cosa sono queste statue, come e perché si trovavano lì in un contesto ancora quasi sconosciuto". Con i 200 mila euro a disposizione, un investimento dieci volte superiore a quello medio delle campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza, e sotto la direzione dell'archeologo Alessandro Usai, gli scavi saranno concentrati su alcune strutture già individuate nel 1974 ma rimaste finora inesplorate. Minoia ha parlato di una capanna nuragica, di una nuova sezione della necropoli ma anche di una struttura di natura incerta ancora tutta da scoprire. Secondo qualche archeologo potrebbe trattarsi di un luogo di culto, sorretto proprio dai giganti di arenaria, di cui in qualche modo si è favoleggiato senza però poter contare su alcuna certezza. Se la nuova campagna di scavi dovesse offrire qualche elemento a sostegno di questa ipotesi, si chiuderebbe in qualche modo un cerchio. L'area di Monte Prama, a distanza di tanti secoli, appartiene ancora oggi alla Chiesa, per la precisione, alla Confraternita del Rosario della parrocchia di Cabras, e la nuova campagna di scavi sarà possibile proprio grazie a una convenzione sottoscritta dall'Arcidiocesi di Oristano e dalla Soprintendenza. In cambio della disponibilità dimostrata, l'Arcidiocesi di Oristano avrà diritto a condividere i risultati scientifici della ricerca e in sostanza, a fine intervento, riceverà una copia dei quaderni di scavo. Oltre allo scavo archeologico l'area del sito e quella circostante saranno oggetto anche di un’indagine con l'impiego del georadar in collaborazione con l'Università di Sassari e il Consorzio Uno che gestisce la sede universitaria di Oristano.
I giganti di pietra ritrovati nei pressi di Cabras e recentemente restaurati al centro di Li Punti sono una testimonianza archeologica che cambia la storia della Sardegna antica e del Mediterraneo, dimostrazione evidente del ruolo svolto dai nuragici nel panorama sociale, politico ed economico del Primo Ferro. I giganti sono facilmente distinguibili in alcune categorie tipologiche, già segnalate dagli studiosi: guerrieri e piccoli nuraghe. I primi, a loro volta, si classificano in arcieri, spadaccini con scudo rotondo ed elmo provvisto di corna, e soldati armati di maglio nella mano destra, mentre nella mano sinistra, tenuta sopra la testa, stringono uno scudo flessibile, forse realizzato con strati di lino sovrapposti e incollati con resina, rinforzato con stecche longitudinali. Gli altri manufatti, i piccoli nuraghe si possono suddividere in edifici a una o più torri. Il ritrovamento, dopo 40 anni di oblio, attende ancora una adeguata e definitiva collocazione museale.
Il rinvenimento risale a marzo del 1974, nella località di Mont’e Prama, quando un contadino durante l’aratura del suo terreno, toccò con la lama dell’aratro la testa a grandezza reale di una statua. Chiese aiuto alle autorità che fecero intervenire due illustri archeologi sardi dell’epoca, Giovanni Lilliu e Enrico Atzeni, che diedero il via alla più grande ed enigmatica scoperta archeologica sarda. Le statue furono ritrovate all’interno di un’area sacra sopra delle basi che delimitavano alcune tombe. Erano presenti anche alcuni nuraghi miniaturizzati e diversi betili. Anni dopo, lo stesso Lilliu, raccontò che al momento della scoperta il sole limpido e caldo che caratterizzava la giornata, fu improvvisamente oscurato da una tempesta tremenda che si era abbattuta mentre si portavano alla luce le statue, quasi che gli antichi eroi si fossero risvegliati insieme alle statue, una sensazione impossibile da descrivere ricordava con paura l’archeologo.
Gli scavi, hanno portato alla luce oltre 5200 frammenti di varie dimensioni, anche piccolissimi, e al termine del restauro sono oltre trenta i giganteschi guerrieri di pietra, alti oltre due metri, che 2800 anni fa magnificavano l’area funeraria e rendevano suggestivo il viale funerario lungo la strada che da S’Urachi, a San Vero Milis, conduceva fino a Tharros, la città più grande dell’isola, nonché porto nuragico più importante di tutto il Mediterraneo Occidentale. Riportano fattezze anomale, con occhi composti da due cerchi concentrici e con la bocca formata da una semplice fessura. Hanno una pettinatura a trecce e abiti orientalizzanti, ma ciò che li rende unici, sono le grandi dimensioni, un unicum in tutto l’Occidente. Sono realizzate in pietra arenaria e sono in posizione eretta, con braccia piegate a tenere scudi o armi.
Immagine: Disegno di Panaiotis Kruklidis per "I Giganti di Pietra", Fabula Editore, 2012