Archeologia: marinai dell'era glaciale nella grecia preistorica

Creato il 17 settembre 2011 da Ilmulinodeltempo @IlMulinodelTemp

Una nuova tecnica di datazione dell’ossidiana, suggerisce che già prima della fine dell’ultima glaciazione dei naviganti possano aver viaggiato nel mar Egeo in cerca del prezioso vetro vulcanico, unica materia prima adatta alla fabbricazione di strumenti taglienti e utensili adatti al lavoro prima dell’età del bronzo. Nicolaos Lascaris, dell'Università dell'Egeo ha spiegato che nel territorio della Grecia l’ossidiana è  presente solo nelle isole  di Melos, Antiparos e Yali ed è convinto che in quelle zone si svolgessero delle attività estrattive circa 15000 anni fa. Secondo il parere del ricercatore greco, “l’oro nero” dell’antichità si sarebbe poi diffuso dalle aree di estrazione a tutto il mar Egeo e nel continente attraverso i contatti commerciali. Per poter ottenere degli strumenti taglienti prima dell’età del bronzo era necessario reperire l’ossidiana in luoghi come l’isola di Melos che erano raggiungibili solo attraverso l’uso di un’imbarcazione. Nicolaos Lascaris, dice che le  prove che degli antichi marinai navigassero attraverso le isole egee proviene dal ritrovamento di manufatti di ossidiana nella grotta Franchthi nella penisola del Peloponneso, molto lontana da Melos. Diverse analisi biochimiche hanno dimostrato che i reperti in esame provengono da Melos, la loro datazione è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi.
Laskaris, che di recente ha pubblicato con i suoi colleghi un articolo sulla scoperta nel Journal Archaeological Science, afferma che si trattava di marinai, i quali sicuramente dall’isola egea riuscirono a raggiungere l’Asia Minore e la Grecia continentale passando attraverso le isolette;  la certezza  di precedenti contatti con le zone costiere  è fornita dalla presenza di ossidiana nella grotta di Franchthi datata all’8500 a.C. Il metodo utilizzato dagli studiosi si basa sulla datazione dell’ossidiana attraverso il suo stato di idratazione (OHD) combinato con una recente tecnica, meglio conosciuta come spettrometria di massa di ioni secondari di saturazione della superficie (SIMS-SS) che determina la quantità di acqua penetrata nelle superfici di ossidiana esposte all’aria dai nostri antenati per costruire utensili e armi. Ellery Frahm, ricercatore  della University of Minnesotae presidente eletto dell'Associazione Internazionale per gli Studi Obsidian, spiega che una superficie di ossidiana appena scheggiata contiene microscopiche crepe nelle quali l’acqua si deposita nel corso dei secoli; quella stessa acqua, scendendo sempre più in profondità, lascia ovviamente delle tracce, ma, secondo lo studioso, il metodo OHD da solo non basta per fornire una datazione attendibile. Le motivazioni più importanti di tali limiti sono essenzialmente due, il primo riguarda la difficoltà di esaminare al microscopio una superficie irregolare come quella dell’ossidiana scheggiata per vedere quanto in profondità sia entrata l’acqua, mentre la seconda si riferisce alla difficoltà di trovare il vero fronte di diffusione dell’acqua all’interno della roccia a causa del fenomeno ottico della rifrazione. Unendo le due nuove tecniche (OHD e SIMS-SS) secondo gli scienziati è invece possibile determinare l’esatta quantità di acqua penetrata nella roccia e la sua profondità.  Il processo viene così illustrato da Frahm: "SIMS può misurare direttamente l'acqua all’interno dell’ ossidiana oltre una certa profondità mentre un fascio di particelle rimuove gli ioni dall’ ossidiana in strati estremamente sottili, e misura individualmente la composizione degli strati, come se fossero buccia di cipolla". In questo modo il cambiamento nel contenuto di acqua può essere tracciato in profondità rivelando esattamente il suo cambiamento nel corso dei secoli. Utilizzando il nuovo metodo SIM-SS, l’equipe di Laskaris è riuscita a dimostrare che l’ ossidiana di Melos si trovasse sulla terraferma grazie ai traffici di  antichi marinai molto prima della datazione ufficiale anche se rimane ancora il mistero sul tipo di imbarcazioni utilizzate.
Fabrizio e Giovanna Notizia originale: http://www.physorg.com/news/2011-08-volcanic-artifacts-imply-ice-age-mariners.html

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