Laskaris, che di recente ha pubblicato con i suoi colleghi un articolo sulla scoperta nel Journal Archaeological Science, afferma che si trattava di marinai, i quali sicuramente dall’isola egea riuscirono a raggiungere l’Asia Minore e la Grecia continentale passando attraverso le isolette; la certezza di precedenti contatti con le zone costiere è fornita dalla presenza di ossidiana nella grotta di Franchthi datata all’8500 a.C. Il metodo utilizzato dagli studiosi si basa sulla datazione dell’ossidiana attraverso il suo stato di idratazione (OHD) combinato con una recente tecnica, meglio conosciuta come spettrometria di massa di ioni secondari di saturazione della superficie (SIMS-SS) che determina la quantità di acqua penetrata nelle superfici di ossidiana esposte all’aria dai nostri antenati per costruire utensili e armi. Ellery Frahm, ricercatore della University of Minnesotae presidente eletto dell'Associazione Internazionale per gli Studi Obsidian, spiega che una superficie di ossidiana appena scheggiata contiene microscopiche crepe nelle quali l’acqua si deposita nel corso dei secoli; quella stessa acqua, scendendo sempre più in profondità, lascia ovviamente delle tracce, ma, secondo lo studioso, il metodo OHD da solo non basta per fornire una datazione attendibile. Le motivazioni più importanti di tali limiti sono essenzialmente due, il primo riguarda la difficoltà di esaminare al microscopio una superficie irregolare come quella dell’ossidiana scheggiata per vedere quanto in profondità sia entrata l’acqua, mentre la seconda si riferisce alla difficoltà di trovare il vero fronte di diffusione dell’acqua all’interno della roccia a causa del fenomeno ottico della rifrazione. Unendo le due nuove tecniche (OHD e SIMS-SS) secondo gli scienziati è invece possibile determinare l’esatta quantità di acqua penetrata nella roccia e la sua profondità. Il processo viene così illustrato da Frahm: "SIMS può misurare direttamente l'acqua all’interno dell’ ossidiana oltre una certa profondità mentre un fascio di particelle rimuove gli ioni dall’ ossidiana in strati estremamente sottili, e misura individualmente la composizione degli strati, come se fossero buccia di cipolla". In questo modo il cambiamento nel contenuto di acqua può essere tracciato in profondità rivelando esattamente il suo cambiamento nel corso dei secoli. Utilizzando il nuovo metodo SIM-SS, l’equipe di Laskaris è riuscita a dimostrare che l’ ossidiana di Melos si trovasse sulla terraferma grazie ai traffici di antichi marinai molto prima della datazione ufficiale anche se rimane ancora il mistero sul tipo di imbarcazioni utilizzate.
Fabrizio e Giovanna Notizia originale: http://www.physorg.com/news/2011-08-volcanic-artifacts-imply-ice-age-mariners.html