Ardengo Soffici,  Rinunzia

Da Paolorossi

Panorama di Firenze – 1890-1900 – Photochrom Zurich, n. 8569 – Library of Congress

Nel tranvai che corre tra il mio paese e Firenze, ogni volta andavo in città, trovavo una signorina bionda e timida della quale divenni a poco a poco amico.

Seduto in faccia a lei, i ginocchi vicino ai ginocchi, i tacchi sullo stesso scaldapiede, le raccontavo delle storielle per farla ridere (la sua bocca era bella), l’intrattenevo di viaggi lontani, di avventure. Talvolta le prestavo qualche libro.

In primavera, se arrivavo alla stazione troppo presto, facevo una passeggiata sull’argine dell’Ombrone e coglievo qualche margherita primiticcia o pochi anemoni che poi le offrivo. Mentre il treno correva le parlavo a bassa voce, dolcemente, guardando il suo viso fresco e pallido. Alcuna volta, volgendo a una tratto la faccia dal cristallo dietro il quale fuggiva il paese, sorprendevo i suoi occhi posati su di me — ed ella arrossiva un poco. Allora le sorridevo, e subito rituffavo gli occhi nella campagna fiorita, soleggiata e beata, nel celeste delle colline onduleggianti all’orizzonte di là dalle praterie rigate di canali diritti e lucidi.

A volte tacevamo, contenti, non si sapeva di che.

Una sera essa si alzò e uscì sulla piattaforma del vagone per veder la luna che sorgeva rosseggiando sopra a Vallombrosa.

Io la seguii. Appena fuori, una ventata quasi le rapì il boa di pelo scuro : lo ripresi a volo e glielo ravvolsi due o tre volte intorno al collo, con tenerezza come a una sorella. Faceva freddo e il cielo era sereno. Sopra la nostra testa scintillavano le stelle non ancora vinte dal lume di luna — ed io le accennai e le dissi il nome di quelle che conosco, che tutti conoscono: l’Orsa maggiore, l’Orsa minore, la stella polare….

La luna le imbiancava il viso giovane ed ella sorrideva in silenzio, come se aspettasse ancora qualcosa. Io sentii allora che potevo amarla, che forse l’amavo; che sarebbe bastato prender la sua piccola mano posata sulla ringhiera e metter su quella mano un bacio muto — ma non dissi nulla e non mi mossi. A che prò ? Tutti gli amori finiscono così male, che l’atto più profondamente amoroso è forse di nascondere agli esseri amati i palpiti del nostro cuore.  Poi, non la rividi più.

( Ardengo Soffici,  Rinunzia – brano tratto da “Arlecchino”,  Vallecchi Editore Firenze, 1921 )


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