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Al tempo dei coloni La Boca era un’area di enormi baracconi per gli schiavi ma, alla fine dell'Ottocento, cominciò a popolarsi d’immigranti genovesi che le hanno dato l'aspetto che, in qualche modo, ancora oggi è percepibile. I suoi abitanti si definiscono ancora “Xeneizes”, deformazione del termine “Genovese”, in vernacolo ligure Zeneize, che in una forma argentino-castellana, al plurale, vale per Genovesi, lingua parlata inizialmente dalla popolazione della Boca. La popolarità della Boca è dovuta anche al fatto che la sede della polisportiva Boca Juniors - che deve la sua fama soprattutto alla sua sezione calcistica che fu fondata nel 1905 – ha sede qui.
Per non parlare naturalmente poi delle mitologiche origini del tango, che ormai tutti unanimemente fanno nascere in questo quartiere nella Buenos Aires di fine ‘800. Famose le parole di Borges nella sua “Historia de Tango”: “Si direbbe che senza i crepuscoli e le notti di Buenos Aires non possa nascere un tango, e che in cielo ci attenda, per noi argentini, l’idea platonica del tango, la sua forma universale (quella forma appena accennata ne La Tablada o El Choclo), e che questa specie fortunata abbia, per quanto umile, il suo posto nell’universo.”
Il tango nacque proprio in questo barrio, tra il 1.890 e il 1.920, nella congerie emozionale delle migliaia di immigrati approdati qui in quel periodo: spagnoli, italiani, tedeschi che non sapevano comunicare in una lingua ancora sconosciuta e trovavano nel ballo la forma più economica e immediata di divertimento collettivo. In altri ingredienti della storia tanguera troviamo però la spiegazione alla sua radice sensuale: il “ritmo nuevo”, così come veniva chiamato, vive e nasce all’ambiente dei bordelli e delle piste di ballo, dove puttane e cameriere erano le sole donne presenti. Le prostitute poi, dando “anima e corpo” ai propri compagni occasionali, ballavano in modo molto provocante e sensuale. Ma la componente sensuale del tango si rifletteva anche nelle parole delle canzoni, talvolta osceni e con titoli che lasciavano poco spazio all’immaginazione: “El choclo” vuol dire “pannocchia” ma in "lunfardo" (un registro linguisico spagnolo utilizzato nella città di Buenos Aires e Montevideo), è usato per indicare il pene, oppure “Dejalo morir adentro” cioè “Lascialo morire dentro”: connotati moralmente non “accettati” dalla comunità fuori dal barrio e che in seguito scomparirono quando il ballo uscii dalle periferie e dai bordelli per iniziare a farsi conoscere in altre città, specie a Parigi.
Il ritmo tanguero della città e della vita "porteña" (letteralmente "portuale", inerente a una città portuale) sono quindi percepibili nell’aria della capitale argentina. Se però visiterete la città argentina, non potrete fare a meno di ammirare un murale dipinto nel 2001 in avenida de Mayo, all’angolo con 9 de Julio, nella via del Potere: quella collega la Casa Rosada, cioè l’ufficio del presidente della Repubblica con il Palacio del Congresso. Il murale è un omaggio ad Astor Piazzolla e al suo magico “Bandoneón”, cioè la particolare e suadente fisarmonica, strumento fondamentale delle orchestre di tango argentine. “Ci sono viaggi che scegliamo noi, e che ce ne sono altri dai quali veniamo scelti (Bruce Feiler)”: quello in Argentina appartiene di sicuro al secondo tipo.
Se questa volta abbiamo toccato le corde del vostro udito, la prossima volta affascineremo il vostro palato, con un viaggio unico nelle cucine argentine.
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