ARIA. Una short-story di Stefania Zanotto

Creato il 25 settembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

I

A mezz’aria un puntino sale, deciso. Distinto il rumore metallico dei suoi passi sulla scala.

Guarda gli scalini davanti e sopra di se, ora la sua mano destra sfiora il muro del vecchio stabile, trascinata pesante, quasi staccata dal resto del corpo impegnato nell’impresa.

I rumori dell’asfalto più lontani, le voci ovattate, il puntino sempre più vicino al palco, disgiunto, solista.

Ultimo scalino, legame con il mondo. Avanza qualche passo sul cemento, chiude gli occhi, allarga le braccia, le dita delle mani.

È l’aria e tutto intorno cielo.

Il puntino piove: gocce lente scivolano dai suoi occhi. Piano li riapre, si avvicina al bordo del muretto. Guarda avanti, in basso, resta immobile, impenetrabile. È tutto così lontano.

Vorrebbe diventare aria, invisibile, leggera. Non è difficile, è li per questo.

II

Latte, uova, pane, pasta e pomodoro. Se lo ripeteva ad ogni pedalata. Mancava qualcosa, lo sentiva, ma non ricordava. Eppure lo aveva detto ad alta voce, proprio quella mattina, che mancava, che lo avrebbe scritto da qualche parte. Non lo aveva fatto, convinta che tanto poi, vedendolo tra gli scaffali, se ne sarebbe ricordata.

Invece… aria.

Al cancello suonò invano, Martina non le apriva, forse, come al solito, troppo presa al computer.

Bicicletta, borsa della spesa, chiavi, cancello, bicicletta, borsa della spesa, bicicletta, chiavi, borsa della spesa, porta, borsa della spesa, cucina, tavolo, borsa della spesa, e finalmente. La sedia.

E sua nipote?

-Martinaaaa! Introvabile, invisibile, impassibile, impossibile. Chissà cosa succedeva dentro quella testa. Anche lei era stata adolescente, tempi diversi certo, ma ora sembrava tutto così incomprensibile. “Devi ampliare i tuoi orizzonti nonna”, ecco cosa le diceva.

E mentre brontolava, lo vide. L’orizzonte di Martina: un foglio sopra il tavolo, scritto a computer; in fondo la sua firma: un gomitolo d’inchiostro che si srotolava.

III

“Il mio bambino è una goccia di sole. Riempie di coccole solo a guardarlo”.

Spingeva la carrozzina, calma, serena, la stanchezza negli occhi.

Il sonaglio tintinnava tra il rumore dei passi svelti nel marciapiede, delle chiacchiere davanti alle vetrine e dei pneumatici che pasticciavano nell’acqua rimasta sull’asfalto.

Niente riusciva a distrarla da quegli attimi d’innamoramento che la tenevano sospesa.

Lui dormiva, meraviglioso, piccolo, inconsapevole del mondo.

Il tiepido sole invernale filtrava tra le nuvole, rifletteva sui vetri dell’ hotel all’altro lato della strada, e Sara, finalmente, respirava aria nuova, pungente, ma piacevole. Si sfilò la sciarpa, espose il viso al cielo per farsi accarezzare.

IV

Il mondo sotto si muove, il puntino sta fermo, lo guarda dal quinto piano.

Preme forte le mani alle orecchie, chiude gli occhi.

Rimbombano gli insulti, le minacce, le parole pesanti.

È piccola Martina lì sopra, divorata dalle emozioni, non le sa controllare.

Ha deciso.

Il puntino cade.

Un tonfo.

Un grido.

L’aria.

Featured image, Vincent Van Gogh’s Starry Night, 1889