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Armi chimiche: gli Usa bonificheranno a Panama il deposito della Guerra fredda

Creato il 23 settembre 2013 da Eldorado

C’è un’isola, al largo di Panama, che è un piccolo paradiso tropicale. Situata nell’arcipelago di las Perlas, nell’Oceano Pacifico, a venti minuti d’aereo dalla terraferma, l’isola San José è un gioiello naturale di 44 chilometri quadrati incastonati tra il cielo terso ed il mare turchese. Per chi se lo può permettere, l’isola è oggi ufficialmente in vendita. Costa 310 milioni di dollari ed ospita già un resort da cinque stelle, una piccola pista per aerei e un approdo ideale per i mega yacht. San José, che in passato è stata proprietà di Earl Tupper, l’inventore dei recipienti plastici Tupperware, ha però un segreto. Per anni è servita infatti come laboratorio militare Usa, paese che l’ha usata per provare prima gli effetti dei gas a scopo bellico e quindi per lo stoccaggio degli stessi.

Nel gennaio 1944 il Chemical Warfare Service degli Stati Uniti diede inizio al San José Project, che prevedeva i test nell’isola di una larga serie di sostanze tossiche e gas letali, tra cui l’iprite e l’altrettanto mortale agente nervino VX. L’intenzione del progetto era quella di riprodurre l’ambiente tropicale nel quale si stava svolgendo, migliaia di chilometri più a ovest, la guerra del Pacifico contro i giapponesi. In quattro anni e mezzo i test furono 130, svolti nell’interno della foresta dell’isola e anche sulle acque dell’oceano per determinare l’azione distruttiva dei gas su possibili navi nemiche. Conigli e capre vennero usate come cavie -¨restavano arrostite¨ ricorda un testimone-, ma anche i soldati erano sottoposti all’esposizione dei gas. Uno degli esperimenti voleva determinare se ci fosse alcuna differenza nel comportamento e nella salute dei soldati di ceppo anglosassone in confronto ai loro commilitoni portoricani. Una sorta di competizione a chi resisteva di più.

Terminata la Seconda guerra mondiale, l’isola San José continuò ad essere usata come deposito di fusti di fosgene, iprite ed agenti nervini che periodicamente venivano usati per test chimici in altre regioni di Panama, come il Cerro Tigre, Curundú, la Zona del Canale ed il Darién. Qui, in particolare, sono stati depositati per anni i gas che sarebbero stati usati per difendere il Canale nel caso di un’invasione o dell’attacco di una potenza straniera alle installazioni civili e militari dell’importante via di comunicazione. Un magazzino in piena funzionalità per qualsiasi sorpresa che avesse potuto riservare la Guerra fredda. Il progetto venne congelato alcuni anni più tardi ed abbandonato nel 1968 e da allora l’isola ha ripreso vita diventando l’esclusiva meta turistica affermata oggi.

È rimasto però il problema dei depositi di gas. Dal 1999, anno dei preparativi della consegna della zona del Canale a Panama, il governo di questo paese chiede che gli Usa facciano pulizia. Gli Stati Uniti si sono rifiutati per anni di operare direttamente la bonifica, offrendo invece consulenti che aiutassero le autorità locali nell’opera di smantellamento a cambio di non essere coinvolti in futuro al pagamento di indennizzi.

Dopo quattordici anni di negoziati senza esito, gli Stati Uniti hanno annunciato che la bonifica comincerà prima che termini questo 2013. Probabilmente, a favore di Panama ha giocato la tragedia siriana: qualcuno a Washington deve aver trovato conveniente pulire i panni sporchi in casa, in un momento in cui il tema delle armi chimiche è tornato ad occupare l’interesse e la sensibilità della comunità internazionale. Gli esperti che saranno mandati a San José si troveranno però a lavorare in condizioni critiche. Nessuno sa quanti siano i fusti stoccati, lo stato di conservazione degli stessi, la pericolosità dei gas. Sarà come andare alla cieca, con buona pace dei turisti del resort a cinque stelle e dei possibili acquirenti.

Il governo panamense, intanto, ha accolto con favore la notizia. Il risanamento permetterà a Panama di essere cancellato dalla lista nera dell’OPCW (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons).


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