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Arms Trade Treaty: quale futuro per il commercio d’armi?

Creato il 06 agosto 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Arms Trade Treaty: quale futuro per il commercio d’armi?
Introduzione

Nel 1996 un gruppo di illustri premi Nobel pose le primissime basi dialogiche per un accordo globale che affrontava il problema dei trasferimenti internazionali e dei dirottamenti di armi; diciassette anni e svariati dibattiti dopo si è raggiunto l’insperato risultato: il 2 aprile 2013 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il Trattato sul Commercio delle Armi con una maggioranza di 154 voti a favore, 3 contrari e 23 astenuti. L’Arms Trade Treaty si configura, in ordine cronologico, come lo step finale di un processo lungo decenni e teso a regolamentare il commercio di armi convenzionali. Il primo tentativo degno di nota in tal senso risale alla metà degli anni novanta attraverso l’Intesa di Wassenaar, importante accordo multilaterale con il fine di contribuire alla stabilità internazionale promuovendo trasparenza e responsabilità nei trasferimenti di armamenti e di beni e tecnologie dual use.

Il passo successivo, nel 1997, fu la Convenzione inter-americana contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco, munizioni, esplosivi ed altri materiali affini stipulata per combattere e sradicare la produzione illegale di armi e materiali annessi, a fronte dell’aumento di tale attività e dello stretto legame di essa con il commercio di droga, la criminalità organizzata transnazionale e altri affari malavitosi.
Importante punto di svolta in materia si ebbe l’anno successivo, con l’adozione del Codice di condotta dell’Unione Europea per le esportazioni di armi: tale codice, normativamente non vincolante, stabiliva meccanismi specifici riguardo alle licenze di esportazione e proponeva procedure di trasparenza regolate mediante relazioni annuali dell’Unione Europea sulle esportazioni del comparto armiero. La revisione del Codice, avvenuta nel 2008, ha portato alla conclusione della Posizione Comune 2008/944/PESC che, definendo le norme comunitarie per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari, ha portato all’attuazione di procedure particolari volte ad accrescere i controlli e ad armonizzare le politiche degli Stati membri1.

Prima di giungere all’elaborazione dell’Arms Trade Treaty, l’apice della presa di coscienza riguardo la necessità di regolamentare normativamente i trasferimenti internazionali d’arma fu rappresentato da due rilevanti strumenti internazionali: il POA – Programma d’Azione sulle Armi Leggere delle Nazioni Unite – e l’ITI – International Tracing Instrument – adottati rispettivamente nel 2001 e nel 2005. Il Programma d’Azione prevedeva il rafforzamento di norme e misure, concordate a livello regionale, nazionale e globale, per coordinare gli sforzi tesi a sradicare il commercio illegale di armi di piccolo calibro e di armi leggere, in un contesto internazionale in cui la gravità dei problemi connessi ai traffici illeciti di armamenti si faceva sentire sempre con maggiore prepotenza. Il POA prevedeva la convocazione di riunioni biennali per esaminare i progressi ottenuti e per incoraggiare la cooperazione internazionale, promuovendo l’azione non solo delle Nazioni Unite e dei governi degli Stati aderenti, ma anche delle organizzazioni internazionali e regionali, delle organizzazioni non governative e della società civile2. E’ proprio nell’ambito del Programma d’Azione che è stato elaborato l’ITI, la cui fondamentale funzione risiedeva nel tracciare, attraverso la marcatura obbligatoria e la stesura di appositi registri, i trasferimenti di armi di piccolo calibro.

Nonostante la strada sembrasse ormai spianata, l’adozione di un trattato sul commercio internazionale d’armi che non si occupasse, a differenza degli strumenti precedenti, di regolare solo i trasferimenti d’armi leggere e che fosse più efficiente dal punto di vista normativo e da quello del coordinamento internazionale, non è stata affatto scontata.

Verso l’ATT: dai negoziati alla ratifica

L’Arms Trade Treaty è stato preceduto da una serie di negoziazioni e tavole rotonde tra gli Stati membri che hanno discusso alacremente sulla portata del testo, gli obiettivi da raggiungere e gli strumenti a disposizione per limitare e arginare il trasferimento illecito d’armi. Anche grazie all’attività di campagne dal forte impatto mediatico come Control Arms, che ha avuto il merito di sensibilizzare la società civile smuovendo, conseguentemente, l’azione dei governi dei Paesi membri delle Nazioni Unite, il 7 dicembre 2006 l’Assemblea Generale ha approvato la stesura del Trattato con 153 voti a favore, 24 astenuti e il voto contrario degli Stati Uniti. Nonostante ciò, i contrasti interni dovuti agli interessi contrapposti e alle pressioni dei principali Stati esportatori di armi, hanno impedito di raggiungere in tempi brevi progressi significativi. Obiettivo primario era quello di fornire uno strumento giuridicamente vincolante che garantisse un commercio legale, responsabile e trasparente e che, a tal scopo, cristallizzasse disposizioni internazionali collettive in tema d’importazione ed esportazione d’armi.

Per tentare di armonizzare le varie anime degli Stati membri, nel 2007 il Segretario Generale dell’ONU ha nominato un Gruppo di esperti governativi (GGE) in cui figuravano appositamente tutti i principali Paesi protagonisti dei trasferimenti dei sistemi d’arma, compresi quelli che avevano espresso perplessità circa l’adozione dell’ATT. Nel testo della relazione finale del GGE3, gli esperti rilevavano come sempre più spesso le condizioni di sicurezza venissero violate, al pari degli embarghi: così le armi prodotte senza licenza e spesso soggette a triangolazioni illegali, rischiavano di essere utilizzate per atti di terrorismo o per altre attività criminali. Il GGE proseguiva ponendo l’accento sulla necessità di elaborare un testo che, prendendo in considerazione una molteplicità di fattori – non ultimo il diritto internazionale umanitario- riuscisse a concordare obiettivi e criteri comuni per regolamentare il commercio internazionale. Stabilendo le basi per una prima bozza di Trattato, il Gruppo terminava le sue considerazioni ribadendo l’esigenza, nell’attesa di una regolamentazione internazionale, di migliorare la situazione allora vigente, invitando a tal scopo gli Stati a responsabilizzarsi e a garantire che i loro controlli interni fossero conformi ai più alti standard possibili.

Per tutto il 2008 e il 2009 il Gruppo di lavoro aperto delle Nazioni Unite, che aveva sostituto il GGE, lavorò per cercare un punto comune che superasse le divergenze relative all’ambito di applicazione e alle categorie d’armi che il Trattato avrebbe dovuto coprire. Al termine dei vari incontri, la Risoluzione dell’Assemblea Generale 64/484 convocava per il 2012 una Conferenza delle Nazioni Unite per un Trattato sul Commercio delle Armi e istituiva quattro commissioni preparatorie che, tra il 2010 e il 2011, avrebbero dovuto lavorare su tutti gli elementi necessari per rendere la Conferenza efficace. Detta risoluzione venne adottata con l’unico voto contrario dello Zimbabwe: per la prima volta gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Obama, si mostravano ben disposti a favorire le negoziazioni. Tra altalenanti momenti di armonia e situazioni di stallo, le quattro commissioni preparatorie cercarono di elaborare un piano comune volto a facilitare l’ormai prossima e agognata adozione dell’Arms Trade Treaty. Nell’ultima conferenza delle commissioni, svoltasi tra il 13 e il 17 febbraio 2012, la contesa principale si snodò attorno alla questione della procedura del consensus: dopo accesi dibattiti, la regola non fu modificata ma, su proposta della Norvegia, del Brasile e dei Paesi del CARICOM, il compromesso raggiunto fu quello di introdurre il raggiungimento del quorum dei 2/3 sulle questioni principali, laddove l’adozione per consensus risultasse impraticabile5.

Dopo anni di impegnative trattative, il 2 aprile 2013 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha finalmente adottato il testo definitivo del Trattato, prodotto ultimo di un tortuoso processo di advocacy e di sapienti azioni diplomatiche. Paradigmatiche risultano le parole del Segretario Ban Ki-moon che così ha descritto il successo ottenuto con l’adozione dell’Arms Trade Treaty6:

“With the ATT, the world has decided to finally put an end to the “free-for-all” nature of international weapons transfers. From now on, weapons and ammunition should only cross borders after the exporter confirms that the transfer complies with internationally agreed standards. The Treaty will provide an effective deterrent against excessive and destabilizing arms flows, particularly in conflict-prone regions. It will make it harder for weapons to be diverted into the illicit market… to reach warlords, pirates, terrorists and criminals … or to be used to commit grave human rights abuses or violations of international humanitarian law. This treaty will also enable the United Nations to better carry out its mandates, particularly in humanitarian assistance, peacekeeping and peacebuilding”.

L’efficacia dell’Arms Trade Treaty: gli interessi in campo

Ampliando la sua sfera d’azione a diverse categorie di armamenti, come veicoli da combattimento corazzati, aerei e navi da combattimento, sistemi di artiglieria di grosso calibro, missili e lanciamissili, l’Arms Trade Treaty si propone di stabilire degli elevati standard internazionali, al fine di regolamentare il commercio d’armi e di sradicare ogni forma di illegalità. Come si può facilmente dedurre, la posta in gioco è alta, soprattutto riguardo alle logiche geopolitiche che sottendono l’applicazione del Trattato.

Arms treaty

Con assenti importanti come il Venezuela, il Trattato è stato adottato con la contrarietà di Iran, Corea del Nord e Siria e con l’astensione di 23 Paesi tra cui Cina, India, Arabia Saudita e Russia. Paragonando questi dati a quelli dei trasferimenti dei principali sistemi d’arma degli ultimi anni, è facile dedurne qualche logica conclusione: nel quinquennio 2007-2011, infatti, la Russia è stata il principale esportatore di armamenti – preceduta solo dagli Stati Uniti – e protagonista di ben il 24% dell’esportazioni totali del comparto armiero. Allo stesso modo, due autorevoli astenuti, India e Cina, risultano essere tra i primi destinatari dei trasferimenti, ricevendo rispettivamente l’80% e il 78% delle loro importazioni proprio dalla Russia. Altro dato da sottolineare riguarda l’assenza del Venezuela che, sempre nel suddetto quinquennio, ha visto un incremento delle sue importazioni del 555% rispetto al quinquennio 2002-20067.

Gli Usa sono invece riusciti a piegare la costante opposizione delle lobbies di armi attive nel Paese, una su tutte la potente National Rifle Association (NRA). Wayne LaPierre, vicepresidente della NRA, minacciando indirettamente di colpire l’amministrazione Obama attraverso la propria influenza in Senato, ha infatti affermato la sua contrarietà all’adozione dell’ATT, accusato di minare le libertà fondamentali, il diritto costituzionale americano e in particolare il diritto alla legittima difesa dei cittadini statunitensi:

“America will always stand as a symbol of freedom and the overwhelming force of a free, armed citizenry to protect and preserve it. On behalf of all NRA members and American gun owners, we are here to announce that we will not tolerate any attack – from any entity or organization whatsoever – on our Constitution or our fundamental, individual Right to Keep and Bear Arms”8.

Come detto, il consenso all’adozione del Trattato è stato bloccato dal voto contrario espresso da tre Stati: Iran, Siria e Corea del Nord. Nello specifico, il rappresentante iraniano alle Nazioni Unite, Gholam-Hossein Dehqani, ha affermato che l’Iran non avrebbe potuto accettare l’Arms Trade Treaty nella sua forma attuale, a causa del numero elevato di difetti che lo caratterizzano. In particolare, è stato criticato dalla delegazione iraniana il fatto che il nuovo Trattato garantisca ogni diritto commerciale ai principali Paesi esportatori ma ignori il diritto di acquistare armi da parte di Stati che hanno bisogno di difendere la propria sovranità territoriale. Per tale motivo si tratta, secondo Dehqani, di un trattato redatto per soddisfare esclusivamente i desideri degli Stati Uniti e del suo alleato israeliano9. Da parte sua, la Siria, ha evidenziato come l’ATT non faccia né riferimento al diritto all’autodeterminazione dei popoli sottoposti a occupazione straniera né al divieto di fornitura d’armi a gruppi armati terroristi. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone la Corea del Nord che, denunciando il Trattato come squilibrato e attento solo a riflettere gli interessi dei Paesi più potenti, ha condannato il fatto che i principali esportatori mantengono il diritto di imporre restrizioni sul commercio di armi, senza tener conto del diritto all’autodifesa degli altri Stati10.

Conclusioni

Nonostante sia risultato impossibile trovare un consenso unanime attorno all’adozione dell’Arms Trade Treaty, il Trattato è stato aperto alla firma il 3 giugno 2013 ed entrerà in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 50 Stati. Stime iniziali lasciano presagire che tali ratifiche potrebbero essere assicurate entro meno di due anni dall’adozione del Trattato. Tuttavia, appare necessario ricordare che ai sensi dell’articolo 18 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei Trattati, uno Stato ha l’obbligo di astenersi da qualunque atto che possa pregiudicare le finalità e lo scopo di un Trattato nel momento in cui lo ha sottoscritto o ha dato espressione del proprio consenso a volersi sentire vincolato ad esso, in attesa dell’entrata in vigore del Trattato.

Attualmente, l’Arms Trade Treaty rappresenta il modello di riferimento per la regolamentazione del commercio internazionale di armi e la sua portata innovativa risiede nel fatto che esso lega il trasferimento di armi convenzionali, munizioni e componenti comprese, alla situazione dei diritti umani presente nel paese che acquista il carico. Sono diverse le disposizioni che si riferiscono alla questioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, non a caso molti analisti lo hanno definito un trattato sui diritti umani e sulla prevenzione delle violazioni dei diritti umani più che un Trattato sul commercio di armi. Si tratta di un testo che intende stabilire degli standard universali che regolano la vendita di armi convenzionali, incluse quelle di piccolo calibro che lo stesso Koofi Annan, quando era Segretario Generale delle Nazioni Unite, definì essere le “vere armi di distruzione di massa”. Alcuni elementi sono ammirevoli: la portata è ampia e questo si capisce già dai primi articoli del Trattato. Un articolo è espressamente dedicato al dirottamento, tema importante in quanto alcuni dei peggiori responsabili di atrocità hanno acquisito armi apparentemente vendute agli acquirenti legittimi attraverso mezzi illeciti. Inoltre è anche affrontato il tema dell’intermediazione di terzi che possono favorire la consegna di armi a milizie o a governi soggetti alle sanzioni previste dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Tra gli strumenti che il Trattato propone di creare per implementare nel migliore dei modi le disposizioni e per consentire agli Stati membri un’effettiva partecipazione all’esecuzione del Trattato, vi è il Segretariato internazionale, che non ha poteri reali ma ha discrete funzioni di raccolta e diffusione delle informazioni tra gli Stati membri, fungendo quindi da strumento di raccordo per tutte quelle notizie relative allo status del commercio internazionale di armi. Per quanto concerne il processo di modifica, utile in previsione di dubbi sull’efficacia di molti aspetti delle disposizioni, va specificato che si tratta di una procedura molto semplice definita dall’Articolo 20: “Qualsiasi proposta di modifica al Trattato deve essere presentata per iscritto al Segretariato che farà circolare la proposta tra tutti gli Stati membri, non meno di 180 giorni prima della successiva riunione della Conferenza nella quale potranno essere considerate altre modifiche ai sensi del paragrafo 1. La modifica sarà considerata nella successiva Conferenza degli Stati membri se, non più tardi di 120 giorni dopo la sua diffusione, la maggioranza degli Stati membri notificherà al Segretariato che sostengono la proposta di modifica”. Ciò permetterà di emendare il Trattato in modo rapido, adeguandolo alla necessità e garantendo una sua più rapida evoluzione.

Tuttavia, nonostante la portata innovatrice dell’Arms Trade Treaty, da più campi si avverte la necessità di smorzare i toni entusiastici e di procedere con cautela. La storia, infatti, c’insegna che esiste sempre un “ma” e il caso dell’ATT non è da meno. Il fatto che molti trasferimenti di armi non sono proibiti ma sono sottoposti alle “valutazioni nazionali di esportazione” rischia di limitare notevolmente la reale effettività del Trattato stesso e ciò rappresenta un problema non indifferente che potrebbe minare il solido consenso tra gli Stati membri11. Allo stesso modo si devono osservare forti mancanze sul concetto di trasparenza: sebbene gli Stati, ai sensi degli articoli 12 e 13 siano tenuti a compilare registri nazionali relativi al rilascio di autorizzazioni e alle effettive esportazioni e importazioni di armi convenzionali, non si fa riferimento ad alcun tipo di regime sanzionatorio che dovrebbe derivare da potenziali inadempienze.

In bilico tra punti di forza e manifeste debolezze, dunque, l’ATT rappresenta non un punto d’arrivo ma un buon inizio e una solida base per la creazione di un’assistenza coordinata capace di regolamentare i trasferimenti d’arma e di sradicare i traffici illeciti, i cui effetti continuano a riflettersi sia sulla sicurezza degli Stati ma anche e soprattutto sul fronte umanitario. Il successo del Trattato dipenderà, in definitiva, dalla capacità dei Governi di mantenersi fedeli alle condizioni imposte dall’Arms Trade Treaty e, in particolare, dall’ottemperanza dell’obbligo di trasparenza, il cui rispetto sarà fondamentale per garantire un’azione efficace nel colmare le lacune e le incongruenze presenti nell’attuale sistema di controllo del commercio d’armi.

* * *

 
Di seguito rendiamo disponibile il testo integrale dell’Arms Trade Treaty tradotto dall’inglese.

Articolo 1 – Oggetto e Scopo

L’oggetto di questo Trattato è:
- stabilire gli standard internazionali comuni più elevati possibili per regolare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionali di armi convenzionali
- prevenire ed eliminare il traffico illegale di armi convenzionali e prevenire il loro dirottamento con lo scopo di:
- contribuire alla pace, alla sicurezza e alla stabilità internazionale e regionale
- ridurre le sofferenze umane
- promuovere la cooperazione, la trasparenza e le azioni responsabili da parte degli stati membri nel commercio internazionali di armi

Articolo 2 – Portata

1. Questo Trattato si applicherà a tutte le armi convenzionali all’interno delle seguenti categorie:
(1) Carri Armati
(2) Veicoli corazzati da combattimento
(3) Sistemi di artiglieria di grosso calibro
(4) Elicotteri
(5) Aerei da combattimento
(6) Navi da combattimento
(7) Missili e lanciamissili
(8) Armi leggere e di piccolo calibro.

2. Attività di commercio internazionale comprendono le esportazioni, le importazioni, il transito e il trasferimento di armi
3. Questo Trattato non si applicherà al movimento internazionale di armi convenzionali da, o per conto di uno Stato parte per il suo uso a condizione che le armi convenzionali rimangano sotto la proprietà di quello Stato.

Articolo 3 – Munizioni

Ogni Stato parte dovrà stabilire e mantenere un sistema di controllo nazionale al fine di regolare l’esportazione di munizioni per armi convenzionali elencate nell’Articolo 2 e dovrà applicare le disposizioni presenti negli Articoli 6 e 7 previa autorizzazione all’esportazione di tali munizioni.

Articolo 4 – Parti e componenti

Ogni Stato parte dovrà stabilire e mantenere un sistema di controllo nazionale al fine di regolare l’esportazione di parti e componenti di armi laddove l’esportazione possa consentire la possibilità di assemblare le armi convenzionali elencate nell’Articolo 2 e dovrà applicare le disposizioni degli Articoli 6 e 7 previa autorizzazione all’esportazione di tali parti e componenti.

Articolo 5 – Attuazione generale

1. Ogni Stato parte dovrà attuare questo Trattato in modo consistente, obiettivo e non discriminatorio, tenendo presente i principi a cui ci si riferisce in questo Trattato.
2. Ogni Stato parte dovrà stabilire e mantenere un sistema di controllo nazionale al fine di attuare le disposizioni di questo Trattato.
3. Ogni Stato parte è incoraggiato ad applicare le disposizioni di questo Trattato alla più ampia gamma di armi convenzionali. Le definizioni nazionali delle categorie elencate nell’Articolo 2 non dovranno essere meno dettagliate rispetto alle descrizioni usate nel Registro delle Armi Convenzionali delle Nazioni Unite al momento dell’entrata in vigore di questo Trattato.
4. Ogni Stato parte, perseguendo le sue leggi nazionali, dovrà fornire la sua lista di controllo al Segretariato, che la renderà disponibile agli altri Stati parti. Gli Stati parti sono incoraggiati a rendere le loro liste di controllo disponibili pubblicamente.
5. Ogni Stato parte dovrà prendere delle misure necessarie per attuare le disposizioni di questo Trattato e dovrà designare delle autorità competenti in modo da avere un effettivo e trasparente sistema di controllo nazionale che regoli il trasferimento di armi convenzionali elencate nell’Articolo 2 e dei vari elementi elencati negli Articoli 3 e 4.
6. Ogni Stato parte dovrà designare uno o più punti di contatto per scambiare informazioni su questioni relative all’attuazione di questo Trattato. Ogni Stato parte dovrà notificare al Segretariato la creazione dei suoi punti di contatto e mantenere le relative informazioni aggiornate.

Articolo 6 – Divieti

1. Uno Stato parte non potrà autorizzare nessun trasferimento di armi convenzionali elencate nell’Articolo 2 o delle parti elencate negli Articoli 3 e 4, se il trasferimento è in contrasto con gli obblighi relativi alle misure adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in relazione al Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, in particolare rispetto all’embargo delle armi.
2. Uno Stato parte non potrà autorizzare nessun trasferimento di armi convenzionali se il trasferimento è in contrasto con gli obblighi che discendono da accordi internazionali di cui è Stato parte, in particolare di quelli relativi al trasferimento o al traffico di armi convenzionali.
3. Uno Stato parte non potrà autorizzare nessun trasferimento di armi convenzionali se è a conoscenza, al momento dell’autorizzazione, che le armi o le loro componenti potrebbero essere usate nella commissione di genocidi, crimini contro l’umanità, gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 1949, attacchi diretti contro obiettivi civili o altri crimini di guerra come definiti dagli accordi internazionali di cui lo Stato è parte.

Articolo 7 – Esportazione e Valutazione delle esportazioni

1. Se l’esportazione non è proibita ai sensi dell’Articolo 6, ogni Stato esportatore, previa autorizzazione all’esportazione di armi convenzionali elencate nell’Articolo 2 o delle componenti elencate nell’Articolo 3 o 4, potrà, in modo obiettivo e non discriminatorio, prendere in considerazione fattori rilevanti incluso le informazioni fornite dagli Stati importatori e valutare che il potenziale delle armi e delle loro componenti:
a) potrebbe essere usato per indebolire la pace e la sicurezza;
b) per commettere o facilitare serie violazioni del diritto internazionale umanitario;
c) commettere o facilitare serie violazioni dei diritti umani;
d) commettere o facilitare un atto che costituisca un reato riguardo alle convenzioni internazionali o ai protocolli relativi al terrorismo di cui lo Stato esportatore è parte;
2. Lo Stato esportatore dovrà considerare se ci sono misure che potrebbero essere prese per mitigare i rischi presenti nel punto a) e b) del paragrafo 1, quali misure di fiducia o programmi sviluppati congiuntamente dai paesi esportatori ed importatori.
3. Se, dopo avere condotto questa valutazione e aver considerato eventuali possibilità di mitigazione, il paese esportatore determina che esiste un rischio relativo a una qualsiasi delle conseguenze negative elencate nel paragrafo 1, allora lo Stato esportatore non potrà autorizzare l’esportazione.
4. Lo Stato esportatore, nel fare questa valutazione, dovrà tenere in considerazione il rischio che le armi convenzionali o le loro componenti vengano usate per commettere o facilitare gravi atti di violenza di genere o reati contro donne e bambini.
5. Ogni Stato esportatore potrà prendere delle misure per assicurare che tutte le autorizzazioni per l’esportazione di armi convenzionali siano dettagliate e rilasciate prima dell’esportazione.
6. Ogni Stato esportatore dovrà rendere disponibile informazioni appropriate circa l’autorizzazione in questione, su richiesta, allo Stato importatore e agli Stati membri che vedono transitare le armi convenzionali sul proprio territorio.
7. Se, dopo aver rilasciato l’autorizzazione, uno Stato esportatore viene a conoscenza di nuove rilevanti informazioni, è incoraggiato a rivalutare l’autorizzazione dopo alcune consultazioni, se appropriate, con lo Stato importatore.

Articolo 8 – Importazioni

1. Ogni Stato importatore potrà prendere delle misure per assicurare che informazioni rilevanti e appropriate vengano fornite, su richiesta, allo Stato esportatore, in modo da assistere lo Stato esportatore nella sua valutazione sull’esportazione. Tali misure possono includere la documentazione relative all’utilizzatore finale.
2. Ogni Stato importatore dovrà prendere delle misure che gli permettano di regolare le importazioni sotto la sua giurisdizione. Queste misure possono includere sistemi di importazioni.
3. Ogni Stato importatore potrà richiedere informazioni allo Stato esportatore riguardanti qualsiasi autorizzazione pendente o reale in cui lo Stato importatore è il paese di destinazione finale.

Articolo 9 – Transito

Ogni Stato parte potrà prendere misure appropriate per regolare, laddove necessario e fattibile, il transito di armi nel suo territorio e sotto la sua giurisdizione in accordo con il diritto internazionale.

Articolo 10 – Intermediazione

Ogni Stato parte potrà prendere delle misure, conformemente alla propria legislazione nazionale, per regolare l’intermediazione che si svolge sotto la sua giurisdizione per le armi convenzionali elencante nell’Articolo 2. Tali misure possono richiedere agli intermediari di registrare o ottenere un’autorizzazione scritta prima di impegnarsi effettivamente in un’intermediazione.

Articolo 11 – Diversione

1. Ogni Stato coinvolto nel trasferimento di armi convenzionali dovrà prendere le misure necessarie per prevenire il loro dirottamento.
2. Lo Stato esportatore dovrà cercare di prevenire il dirottamento del trasferimento di armi attraverso il suo sistema di controllo nazionale stabilito in accordo con l’Articolo 5 valutando il rischio di diversione dell’esportazione e considerando lo stabilimento di misure di mitigazione tra cui i programmi congiunti tra gli Stati esportatori e importatori. Altre misure di prevenzione possono includere: l’esame delle parti coinvolte nell’esportazione, richiesta di documentazione aggiuntiva, certificati, assicurazioni o altre misure appropriate.
3. Gli Stati importatori, esportatori e di transito dovranno cooperare e scambiarsi informazioni, laddove appropriato e fattibile, in modo da mitigare i rischi di dirottamento dei trasferimenti di armi convenzionali.
4. Se lo Stato parte individua un dirottamento di armi convenzionali dovrà prendere le misure necessarie per impedire tale dirottamento. Queste misure possono includere l’allerta di stati potenzialmente coinvolti, esaminare le spedizioni dirottate e prendere misure che prevedano l’investigazione e l’applicazione di norme.
5. In modo da comprendere e prevenire meglio il dirottamento di armi convenzionali, gli Stati parte sono incoraggiati a condividere informazioni rilevanti con gli altri Stati riguardo misure concrete per impedire tale dirottamento. Tali informazioni possono includere notizie relative ad attività illecite inclusa la corruzione, il traffico internazionale, fonti di approvvigionamento illecito, metodi di occultamento, destinazioni utilizzate da gruppi organizzati nel dirottamento.
6. Gli Stati membri sono incoraggiati a riferire ad altri Stati, attraverso il Segretariato, le misure prese nel tentativo di prevenire il dirottamento di armi convenzionali.

Articolo 12 – Tenuta dei registri

1. Ogni Stato potrà mantenere registri nazionali, conformemente alla propria legislazione nazionale, relativa al suo rilascio di autorizzazioni o delle effettive esportazioni di armi convenzionali ai sensi dell’Articolo 2.
2. Ogni Stato è incoraggiato a mantenere dei registri sulle armi convenzionali che sono stati trasferiti nel suo territorio in quanto destinazione finale o che sono stati autorizzati a transitare sul suo territorio.
3. Ogni Stato è incoraggiato ad includere in questi registri: la quantità, il valore, il modello, i trasferimenti internazionali di armi convenzionali, le armi già trasferite, i dettagli relativi ai paesi esportatori e dei paesi importatori e degli utilizzatori finali.
4. I registri devono essere conservati per un periodo minimo di dieci anni.

Articolo 13 – Relazione

1. Ogni Stato dovrà, nel primo anno dall’entrata in vigore di questo Trattato per quel dato Stato, fornire al Segretariato un rapporto iniziale delle misure prese al fine di attuare tale Trattato, incluse le leggi nazionali, le liste di controllo e altri regolamenti e misure amministrative. Ogni Stato dovrà riportare al Segretariato ogni nuova misura intrapresa al fine di attuare questo Trattato. I rapporti devono essere disponibili e distribuiti agli Stati membri dal Segretariato.
2. Gli Stati membri sono incoraggiati a riferire agli altri Stati, attraverso il Segretariato, informazioni su misure prese che si sono rivelate efficaci nel ridimensionare il dirottamento di armi.
3. Ogni Stato membro dovrà sottoporre annualmente al Segretariato entro il 31 maggio un rapporto relativo al precedente anno solare riguardo le esportazioni e le importazioni autorizzate. I rapporti dovranno essere resi disponibili e distribuiti agli Stati membri dal Segretariato. Il rapporto sottoposto al Segretariato potrà contenere le stesse informazioni che lo stato avrà fornito alle strutture competenti delle Nazioni Unite, tra cui il registro delle armi convenzionali dell’ONU. I rapporti potranno escludere informazioni legate alla sicurezza nazionale dello Stato.

Articolo 14 – Attuazione

Ogni Stato parte adotta le misure necessarie per far rispettare le leggi nazionali e i regolamenti che implementano le disposizioni del presente Trattato.

Articolo 15 – Cooperazione Internazionale

1. Gli Stati parte dovranno cooperare gli uni con gli altri nell’implementare concretamente questo Trattato.
2. Gli Stati parte sono incoraggiati a facilitare la cooperazione internazionale, incluso lo scambio di informazioni su questioni di mutuo interesse riguardo l’attuazione e l’applicazione del Trattato secondo le rispettive leggi nazionali.
3. Gli Stati parte sono incoraggiati a consultarsi su questioni di mutuo interesse e a condividere informazioni per sostenere l’attuazione di questo Trattato.
4. Gli Stati parte sono incoraggiati a cooperare al fine di assistere l’attuazione delle disposizioni di questo Trattato all’interno del proprio ordinamento nazionale anche attraverso la condivisione di informazioni riguardo attività illecite in modo da prevenire e sradicare il dirottamento di armi convenzionali.
5. Gli Stati parte dovranno consentirsi l’un l’altro la misura più ampia di assistenza nelle investigazioni, nelle indagini e nei procedimenti giudiziari in relazione a violazioni di disposizioni nazionali previste da questo Trattato.
6. Gli Stati parte sono incoraggiati a prendere misure nazionali e a cooperare con gli altri per prevenire il trasferimento di armi convenzionali divenute oggetto di pratiche di corruzione.
7. Gli Stati parte sono incoraggiati a scambiarsi informazioni ed esperienze su lezioni apprese in riferimento ad ogni aspetto di questo Trattato.

Articolo 16 – Assistenza internazionale

1. Nell’attuare questo Trattato, ogni Stato parte può cercare assistenza legislativa, legale, materiale, finanziaria e istituzionale. Tale assistenza può includere la gestione di scorte, il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento dei programmi e pratiche efficaci per l’attuazione del Trattato. Ogni Stato parte nella posizione di poterlo fare deve garantire tale assistenza su richiesta.
2. Ogni Stato parte può richiedere, offrire o ricevere assistenza attraverso le Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali, regionali o nazionali, le ONG o su base bilaterale.
3. Un fondo fiduciario volontario sarà stabilito dagli Stati parte per assistere le richieste degli Stati membri che richiedono assistenza internazionale per attuare il Trattato. Ogni Stato è incoraggiato a fornire risorse al fondo.

Articolo 17 – Conferenza degli Stati membri

1. Una Conferenza degli Stati membri è convocata dal Segretariato entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato e successivamente sarà convocata altre volte su decisione della Conferenza degli Stati membri.
2. La Conferenza degli Stati membri dovrà adottare per consensus le sue regole procedurali durante la prima sessione.
3. La Conferenza degli Stati membri dovrà adottare le sue regole finanziarie autonomamente così come dovrà disciplinare il finanziamento degli organismi ausiliari e delle disposizioni finanziarie che regolano il funzionamento del Segretariato. Ad ogni sessione ordinaria dovrà adottare un bilancio per il periodo finanziario valido fino alla prossima sessione ordinaria.
4. La Conferenza degli Stati membri dovrà:
a) Revisionare l’attuazione del presente Trattato, incluso gli sviluppi nel settore delle armi convenzionali;
b) Considerare e adottare raccomandazioni riguardo l’attuazione del presente Trattato, in particolare la promozione della sua universalità;
c) Considerare gli emendamenti del presente Trattato ai sensi dell’Articolo 20;
d) Considerare le questioni derivanti dall’interpretazione di questo Trattato;
e) Esaminare e approvare i compiti e il bilancio del Segretariato;
f) Esaminare l’istituzione di qualsiasi organo sussidiario che potrebbe essere necessario a migliorare il funzionamento del presente Trattato e
g) Eseguire qualsiasi altra funzione compatibile con il presente Trattato.
5. Incontri straordinari della Conferenza degli Stati membri si terranno ogniqualvolta sia ritenuto necessario dalla Conferenza o su richiesta scritta di qualsiasi Stato parte, purché tale richiesta sia appoggiata da almeno due terzi degli Stati membri.

Articolo 18 – Segretariato

1. Il presente Trattato istituisce un Segretariato che assista gli Stati membri nell’effettiva attuazione di questo Trattato. In attesa della prima riunione della Conferenza degli Stati membri, un Segretariato provvisorio sarà ritenuto responsabile per le funzioni amministrative presenti nel Trattato.
2. Il Segretariato dovrà avere un organico adeguato. L’organico dovrà avere la necessaria preparazione per assicurare che il Segretariato possa effettivamente farsi carico delle responsabilità descritte nel paragrafo 3.
3. Il Segretariato sarà responsabile per gli Stati membri. All’interno di una struttura minima, il Segretariato dovrà assumersi le seguenti responsabilità:
a) Ricevere, rendere disponibili e distribuire i resoconti come dichiarato dal Trattato;
b) Mantenere e rendere disponibili agli Stati membri la lista dei punti di contatto nazionali;
c) Facilitare l’incontro tra le offerte e le richieste di assistenza per l’attuazione del Trattato e promuovere la cooperazione internazionale come richiesto;
d) Facilitare il lavoro della Conferenza degli Stati membri, incluso stipulare accordi e fornire servire necessari per gli incontri;
e) Svolgere le altre mansioni come previsto dalla Conferenza degli Stati membri.

Articolo 19 – Risoluzione delle controversie

1. Gli Stati membri dovranno consultarsi e cooperare per risolvere qualsiasi disputa che può sorgere tra di loro con riferimento all’interpretazione o all’applicazione del presente Trattato attraverso negoziazioni, mediazioni, conciliazioni, risoluzioni giudiziarie o altri strumenti pacifici.
2. Gli Stati membri potranno usare l’arbitrato per risolvere ogni disputa tra di loro riguardo questioni concernenti l’interpretazione o l’applicazione di questo Trattato.

Articolo 20 – Emendamenti

1. Dopo sei anno dall’entrata in vigore del presente Trattato, ogni Stato membro potrà proporre un emendamento al Trattato. In seguito, gli emendamenti proposti saranno considerati dalla Conferenza degli Stati membri ogni tre anni.
2. Qualsiasi proposta di modifica al Trattato deve essere presentata per iscritto al Segretariato che farà circolare la proposta tra tutti gli Stati membri, non meno di 180 giorni prima della successiva riunione della Conferenza nella quale potranno essere considerate altre modifiche ai sensi del paragrafo 1. La modifica sarà considerata nella successiva Conferenza degli Stati membri se, non più tardi di 120 giorni dopo la sua diffusione, la maggioranza degli Stati membri notificherà al Segretariato che sostengono la proposta di modifica.
3. Gli Stati membri dovranno fare ogni sforzo per raggiungere il consensus su ogni emendamento. Se tutti gli sforzi per ottenere il consensus sono stati esperiti e nessun accordo è stato raggiunto, l’emendamento dovrà, in ultima istanza, essere adottato dalla maggioranza dei tre quarti degli Stati presenti e votanti all’interno della Conferenza degli Stati membri. Gli Stati membri presenti e votanti sono quegli Stati presenti e che votano positivamente o negativamente. Il depositario dovrà comunicare qualsiasi emendamento adottato a tutti gli Stati membri.
4. Un emendamento adottato in conformità con il paragrafo 3 entrerà in vigore per ogni Stato membro che ha depositato i suoi strumenti di accettazione per quel dato emendamento, novanta giorni dopo la data di deposito presso il depositario degli strumenti di accettazione da parte della maggioranza degli Stati membri presenti al momento dell’adozione dell’emendamento. In seguito, esso entrerà in vigore per qualsiasi Stato membro novanta giorni dopo la data di deposito dei suoi strumenti di accettazione per quel dato emendamento.

Articolo 21 – Firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione

1. Questo Trattato sarà sottoposto alle firme degli Stati membri presso il Quartier Generale delle Nazioni Unite di New York dal 3 giugno 2013 fino alla sua entrata in vigore.
2. Il presente Trattato è soggetto alla ratifica, all’accettazione o all’approvazione da parte di ogni Stato firmatario.
3. Successivamente alla sua entrata in vigore, questo Trattato sarà aperto all’adesione di ogni altro Stato che non ha firmato il Trattato.
4. Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione dovrà essere depositata dal Depositario.

Articolo 22 – Entrata in vigore

1. Questo Trattato entrerà in vigore novanta giorni dopo la data del deposito dei cinquanta strumenti di ratifica, accettazione o approvazione presso il depositario.
2. Per ogni Stato che deposita i suoi strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione successivamente all’entrata in vigore del presente Trattato, quest’ultimo entrerà in vigore per quel dato Stato novanta giorni dopo la data di deposito dei suoi strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.

Articolo 23 – Domanda Provvisoria

Qualsiasi Stato può al momento della firma o del deposito dei suoi strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, dichiarare che farà domanda provvisoriamente. Gli Articoli 6 e 7 saranno pendenti in attesa dell’entrata in vigore di tale Stato.

Articolo 24 – Durata e ritiro

1. Il presente Trattato ha una durata illimitata.
2. Ogni Stato membro ha, nell’esercitare la sua sovranità nazionale, il diritto a ritirarsi dal presente Trattato. Dovrà dare notifica di tale ritiro al Depositario che lo dovrà notificare agli altri Stati membri. La notifica del ritiro può includere una spiegazione delle ragioni di tale ritiro. Il ritiro avrà effetto novanta giorni dopo la ricezione della notifica del ritiro al depositario a meno che tale notifica non specifichi una data posteriore.
3. Uno Stato non può ritenersi libero, in ragione del suo ritiro, dagli obblighi discendenti da questo Trattato, compresi gli obblighi finanziari che sono stati maturati.

Articolo 25 – Riserve

1. Al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione, ogni Stato potrà formulare delle riserve a meno che queste non siano incompatibili con l’oggetto e lo scopo del presente Trattato.
2. Uno Stato membro potrà ritirare le sue riserve in qualsiasi momento mediante la notifica con questo effetto indirizzata al Depositario.

Articolo 26 – Rapporti con altri accordi internazionali

1. L’attuazione di questo Trattato non deve pregiudicare gli obblighi assunti dagli Stati contraenti in materia di accordi internazionali esistenti o futuri al quale sono parti nella misura in cui questi siano compatibili con questo Trattato.
2. Questo Trattato non deve essere citato come motivo che invalidi gli accordi conclusi tra gli Stati membri di questo Trattato in materia di cooperazione difensiva.

Articolo 27 – Depositario

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite dovrà essere il Depositario di questo Trattato.

Articolo 28 – Testi autentici

Il testo originale del presente Trattato, di cui le versioni in Arabo, Cinese, Inglese, Francese, Russo e Spagnolo sono ugualmente autentiche, dovrà essere depositato al Segretario generale delle Nazioni Unite.


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