di: Fulvio Grimaldi - fulviogrimaldi.blogspot.it -
L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, ai presenti come vuole. Ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello Stato, pure loro, pensano solo per sé. (Johann Wolfgang von Goethe)
Dissidente delinquente? Santo subito! Conclusione. Nell’Oceania, nome che il veggente Orwell diede alla regione sotto dittatura del Grande Fratello d’Occidente, governata da quel Partito Unico che poi si è incarnato sotto l’egida della Cupola, da noi come in gran parte dell’Asse del Male che noi chiamiamo “comunità internazionale”, si può delinquere oltre ogni misura, ma, per essere protetto, immunizzato e glorificato, basta porsi come “dissidente” nel nome dei diritti umani. Come per quei vendipatria al soldo della Cia, che a Cuba diventano “intellettuali dissidenti” perseguitati dal regime (e magari liberati da Raul per disposizione del vescovo dell’Avana). Di Nazarbaev so poco, “dittatore sanguinario”, come si dice da queste parti, ripetendo il modulo Gheddafi, Assad, Putin, Chavez, o Ahmadinejad, o presidente tanto appoggiato dal popolo da venire eletto e rieletto a stragrande maggioranza, pure sotto l’occhio di centinaia di osservatori. So però per sicuro che i ritratti disegnati in Occidente di personaggi non convenzionati valgono quanto il Premio Nobel di Obama. E so altrettanto bene che nessun governante dei regimi Nato e, tanto meno, un loro qualsiasi sciuscià mediatico, ha titoli per condannare e demonizzare chicchessia si trovi fuori da questo nostro parnaso delle democrazia. So anche che sotto il persecutore di Ablyazov, della sua famiglia e dei suoi famigli, il Kazakistan, paese tracimante di idrocarburi, massimo produttore di quell’uranio che gli Usa destinano alla fine del mondo, confinante con Russia e Cina,ha compiuto una giravolta dalla benevolenza verso gli USA, con tanto di basi, a rinnovato amico di Mosca, con tanto di basi e di sintonia geopolitica. Peggio, ha favorito la costruzione di pipelines che convogliassero petrolio e gas kazaki fuori dai tragitti voluti dagli Usa e dalle sue multinazionali. C’era di mezzo anche la solita ENI, partner di “dittatori”, con i quali traffica (e non v’è dubbio che lo faccia alla maniera sporca di tutte le multinazionali, ma questo qui non c’entra) e persegue rotte sconvenienti. Non per nulla è caduta sotto la mannaia di Milena Gabanelli, come tanti altri disturbatori della quiete atlantico-napolitanesca, da Di Pietro a Grillo e ai disobbedienti che prediligono il contante alle carte di credito dei benefattori bancari.Tutti crimini, quelli del dittatore kazako, che ampiamente giustificano il risentimento, lo sdegno e gli ululati di protesta della solita unanimistica camarilla che confonde in unico empito democratico i comunisti del “manifesto”, i liberal del “Fatto Quotidiano”, i mainstream media apologeti di Napolitano. In attesa dell’immancabile “monito” di quest’ultimo, dell’immancabile accorato pippone di Saviano, della furia dirittoumanista di Amnesty e HRW (chiaviche Cia-Mossad, sempre sugli altari del “manifesto”) e della gigantografia delle due vittime, Alma e figlia, appesa dal sindaco Marino al Campidoglio, non possiamo che riconstatare: tout se tien.
Pussy Rioti kazake: il gioco geopolitico e gli squittii dei roditori dirittoumanisti nei bassifondi dell’Impero Emma Bonino, la moneta più falsa dai tempi delle colonie ioniche, la brava ecopacifista che si affanna a scrivere “diritto umano” su ogni missile e ogni autobomba della”comunità internazionale”, a proposito delle Pussy Riot kazake balbetta grullaggini, paralizzata dalla contraddizione tra l’ennesima replica della farsa dei diritti umani e l’obbedienza alle malefatte di Cia e Mossad. Il manichino vice-premier e ministro di polizia, Alfano, si contorce nel suo inane burocratese di questurino colto in fallo. La stampa, con orgasmo buonista bipartisan, si straccia le vesti sulle capocce coperte di cenere dei governanti felloni. Nessuno di questi riesce a far la pace con il proprio cervello. Nella commedia dell’arte recitata dalle marionette di Washington, il costume più pulito è tessuto di coliformi fecali. Insomma, sotto il tavolo del padrone, ai roditori è stato servito un bel piattino di formaggio andato a male. Qual è il retroterra geopolitico dell’affaire che ha gettato nel marasma il nostro Partito Unico e i suoi sicofanti di media e regime, da Letta ad Alfano, dal “manifesto” a “Il Fatto” al Corriere? Il Kazakistan è il più grosso, potente e ricco paese tra Russia e Cina, incombe sul Caspio delle più vaste ricchezze minerarie dell’Asia, è governato da un ex-comunista sovietico, registra un PIL positivo del 5%, è entrato nell’ odiosa Unione Economica Euroasiatica con Russia e Bielorussia, noti Stati Canaglia, ha iniziato a dare segni di autonomia nel quadro di rapporti più sbilanciati verso Cina e Russia che verso gli Usa. L’Italia è il suo secondo partner commerciale. Vi fanno grossi affari, a dispetto del pretesto monopolio multinazionale Usa, ENI, Salini-Todini, Impregilo, Italcementi, Renco, Unicredit, il Gruppo Cremonini che si è accaparrato la fornitura a tutti i McDonald’s della regione. Tutto sommato, quel poco che resta dell’apparato produttivo italiano dopo l’assalto e il saccheggio delle corporation straniere. Troppo. Ulteriore elemento di disturbo, l’immagine che l’invadente “tiranno” kazako s’è dato nel nostro paese. Vista l’efficienza dei ricostruttori nazionali dell’Aquila, il presidente Nazarbaiev s’è pure fatto mecenate della città mandata in malora dal suo governo, restaurando vari edifici, compreso l’Oratorio di S. Giuseppe, e alla spedizione archeologica del Centro Ligabue di Venezia ha assicurato i diritti esclusivi per gli scavi delle necropoli scite, massimo patrimonio storico del Kazakistan. Ce n’è quanto basta per irritare quella che si pone come Unica Potenza Mondiale e, a questo fine, dopo aver manipolato il commercio mondiale con il suo spionaggio su Stati e imprenditori concorrenti, si prepara, con il Trattato di Libero Commercio UE-Usa ai nastri di partenza, a eliminare dallo scenario dei padroni del mondo il concorrente europeo. Quando qualcosa sfugge al controllo sulle tentazioni europee di svolgere un ruolo da protagonista allacciandosi alle economie asiatiche, ben più prospere e promettenti di quella Usa, ecco che sui potenziali partner dell’accolita di Bruxelles piovono apocalissi bombarole, invasioni di mercenari subumani, sanzioni da genocidio, campagne terroristiche. E, nel caso di alleati Nato, il dissanguamento mediante acquisti di F-35, la contaminazione con MUOS, l’intronamento di fantocci freschi e più disposti alla rinuncia alla sovranità e alla decimazione del proprio popolo, come Monti, Letta e, su tutti, Matteo Renzi l’uomo delle Cayman, di Briatore, di Arcore, della privatizzazione di Ponte Vecchio. Ma è con operazioni come quella delle Pussy Riot kazake che i ragazzi di bottega della macelleria imperiale vengono distolti dalla pretesa di farsi un po’ di affari loro. Si acchiappa un furfante matricolato, ampiamente ricattabile, lo si incorona “dissidente” e, sotto tutela del Mossad, primatista di ogni operazione sporca, se ne spedisce la famiglia, possibilmente povere donne e bambine meritevoli di appassionata solidarietà dirittoumanista, nel paese che ancora si permette giretti di valzer con partner proibiti e che il più disponibile a fare figure di merda. Il “dissidente” stesso, inseguito dalle polizie di mezzo mondo (anche da quella di Londra, che però si è subito rimessa in riga coprendo, con la concessione del diritto d’asilo, la condanna inflitta a Ablyazov da incauti giudici per truffa e appropriazione indebita), viene messo al sicuro perché possa collaborare alla demonizzazione del “dittatore” Nursultan Nazarbayev. La marcia sull’Eurasia, “Cuore del mondo” e, quindi, condicio sine qua non per il dominio mondiale, pianificata sotto Carter da Zbigniew Brzezinski negli anni’80, ha compiuto un altro passo. Russi, cinesi, kazaki nuovo Asse del male, insieme all’Iran che ne costituisce la porta d’ingresso. Con l’operazione Pussy Riot kazake l’antropofagia planetaria governata da Bilderberg e attivata da Obama come mai nessuno prima di lui, ha preso due piccioni con una fava. Uno, ha messo alla gogna dell’Occidente cristiano e democratico, custode di tutti i valori democratici, un governante che, insieme a Putin, Xi Jinping e gli ayatollah di Tehran, a quella marcia si oppone con dovizia di mezzi economici e militari. Due, ha dato una bella lezione ai muselidi che, insoddisfatti delle briciole sotto il tavolo, occhieggiavano verso la cucina. Che sia di esempio ad altri topastri che volessero strattonare il guinzaglio. Il resto verrà con il Trattato di Libero Scambio UE-USA.
Sapete chi è stato l’unico, per quanto ne so, ad aver detto cose simili? Nientemeno che Maurizio Belpietro, quello di “Libero”. Quello che la pace la fa, non con il suo di cervelli, ma con quello di Berlusconi. Che magari ha qualche affaruccio in ballo anche in Kazakistan. Ma guarda un po’ con quali compagni di strada tocca scarpinare.