Arrestato attore di Gomorra. Il preside della scuola si scaglia contro la produzione

Creato il 11 giugno 2014 da Vesuviolive

La serie televisiva “Gomorra”, in onda su Sky Atlantic Hd, continua a sollevare polemiche. Dopo le innumerevoli perplessità suscitate a causa del presunto danno di immagine riportato da Napoli dovuto all’esposizione di una realtà veritiera seppur parziale della città, si torna a parlare della fiction e delle storie che, in un modo o nell’altro, gli hanno gravitano intorno.

Storie di disagio, di sofferenza ed emarginazione sociale, sulle quali troppo spesso è facile lucrare. Come la storia di Vincenzo (attore della serie televisiva Gomorra nel ruolo di “Danielino”) 16 anni ed entrambi i genitori in carcere. Una realtà non molto diversa da quella raccontata dalla fiction, fatta di criminalità e camorra, quella che non è difficile vedere in zone come Scampia.

Voleva provare a dare una svolta alla sua vita, Vincenzo, ed invece adesso si trova in carcere per aver accoltellato un ragazzo di 21 anni insieme ad altri amici. Altro che svolta, il ragazzino adesso è in una comunità di rieducazione, solo e senza nessuno che lo segua, scuola compresa, perché Vincenzo dopo aver fatto l’attore la scuola l’ha lasciata.

Ed è proprio dal preside dell’istituto, Paolo Battimiello, che giungono parole durissime verso la produzione di Gomorra: “Sono andato a trovarlo ed è sereno – ha detto – Spero possa riprendere il percorso cominciato con noi. Io vorrei che da questa storia fosse chiara una cosa e cioè che in questa realtà la scuola è l’unico argine, l’unica possibilità che si ha per fare terra bruciata intorno alla malavita, per distruggere la cultura camorristica. Quando l’hanno preso, aggiunge, mi sarei aspettato che venissero a parlare con me, avremmo sicuramente trovato un percorso comune per tutelare al massimo Vincenzo (minorenne) e invece nulla e lui non è più andato a scuola. Ha creduto di essere diventato un attore affermato, ha toccato con mano una vita diversa. Forse immaginava che lo avrebbero portato con loro, invece è rimasto qui, solo, senza scuola, sbandato. Come si fa a far diventare il dolore spettacolo e chiamare ad interpretarlo le persone che lo vivono?”


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