Arrestato e poi prosciolto? La Cassazione stabilisce il “diritto all’oblio” digitale

Da Kobayashi @K0bayashi

Importante e controversa novità per le testate giornalistiche, in particolare quelle online, sulle vicende di cronaca giudiziaria. La terza sezione civile della Cassazione, infatti, accogliendo il ricorso di un ex esponente del Psi arrestato nel ‘93 per corruzione nell’ambito di Tangentopoli (un assessore locale coinvolto in un filone minore di Mani Pulite) ma poi prosciolto nel corso nel procedimento, ha stabilito il diritto del ricorrente a vedere aggiornata sul web la sua posizione penale o, in alternativa, a vedersi riconosciuto una sorta di “diritto all’oblio” digitale.

Nel caso specifico l’uomo ha rilevato – e la Cassazione gli ha dato sostanzialmente ragione – che nell’archivio storico online del Corriere della Sera si potevano ancora trovare tracce degli articoli relativi al suo arresto, mentre da nessuna parte il suo nome e cognome erano associati al successivo esito favorevole della vicenda giudiziaria. Lo squilibrio della copertura giornalistica, per il ricorrente, avrebbe determinato di fatto una sorta di “gogna mediatica” inducendo l’eventuale lettore a pensare a una sua colpevolezza.

Per questo motivo la Suprema Corte, con la sentenza 5525/12 pubblicata il 5 aprile, ha annullato un’altra sentenza, quella con cui il tribunale di Milano, nell’aprile del 2010, aveva respinto l’opposizione dell’uomo nei confronti del provvedimento del Garante della privacy che, a suo tempo, aveva rigettato l’istanza del politico ex Psi che chiedeva di bloccare i dati personali che lo riguardavano contenuti nell’articolo in questione.

Le motivazioni sono contenute nel dispositivo della sentenza: “Nell’ipotesi di trasferimento di notizia già di cronaca nel proprio archivio storico il titolare dell’organo di informazione che, avvalendosi di un motore di ricerca, memorizza la medesima anche nella rete Internet, è tenuto a osservare i criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza e non eccedenza dell’informazione, avuto riguardo alla finalità che ne consente il lecito trattamento, nonché a garantire la contestualizzazione e l’aggiornamento della notizia [...] a tutela del diritto del soggetto cui i dati pertengono alla propria identità personale o morale nella sua proiezione sociale, nonché a salvaguardia del diritto del cittadino utente di ricevere un completa e corretta informazione”.

Insomma: le notizie conservate negli archivi web di testate giornalistiche dovranno essere sempre aggiornate nel rispetto del trattamento dei dati personali del soggetto a cui la notizia stessa fa riferimento “a quest’ultimo spettando il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione a tutela della proiezione dinamica dei propri dati personali e del rispetto della propria attuale identità personale o morale”.

Secondo i giudici, dunque, non è sufficiente “la mera generica possibilità di rinvenire all’interno del ‘mare di Internet’ ulteriori notizie concernenti il caso” ma si richiede esplicitamente “la predisposizione di un sistema idoneo a segnalare la sussistenza di un seguito e di uno sviluppo della notizia, e quale esso sia stato”; anzi, “deve riconoscersi al soggetto cui pertengono i dati personali oggetto di trattamento ivi contenuti il diritto all’oblio, e cioè al relativo controllo a tutela della propria immagine sociale, che anche quando trattasi di notizia vera, e fortiori se di cronaca, può tradursi nella pretesa alla contestualizzazione e aggiornamento dei medesimi e se del caso, avuto riguardo alla finalità della conservazione nell’archivio e all’interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione”.

Riassumendo: chi ritiene di subire un danno alla propria immagine sociale per la presenza in rete di una notizia che lo descrive in una “circostanza pregiudizievole”, come può essere appunto una situazione di arresto effettuato da parte delle forze dell’ordine, ha diritto a chiedere l’aggiornamento del proprio iter giuridico alla testata che dovrà dunque dare eventualmente anche conto dell’intervenuto proscioglimento dell’indagato oggetto di notizia.

Non importa se effettuando una semplice ricerca in rete (con Google, ad esempio) si riesca comunque a ricostruire l’esito della vicenda giudiziaria favorevole al soggetto richiedente. La pretesa del cittadino potrà anzi arrivare, a seconda dei casi, fino alla richiesta di cancellazione dell’intera notizia dall’archivio online, se non aggiornata con l’eventuale proscioglimento, per evitare che il nome del soggetto possa essere associato tramite i motori di ricerca a una vicenda ormai conclusa ma ancora fonte di discredito sociale.

pubblicata il 5 aprile


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