L'arte ha sempre avuto un costo che fin dai tempi di Giotto è stato essenzialmente legato all'abilità e alla fama dell'artista. Nessuno dei grandi geni del passato ha mai lavorato solo ed esclusivamente per la gloria. Come
Arte e denaro hanno quindi camminato sempre di pari passo e continueranno a farlo ancora per parecchio tempo.
Ma se il prezzo di un'opera è legato alla fama del suo autore, chi o cosa influenza e decide la fama di un artista? Ovviamente il potente e ricco mecenate che quell'opera l'ha commissionata. Michelangelo è diventato Michelangelo grazie a Lorenzo il Magnifico e ancor di più grazie a Giulio II. Il Buonarroti, infatti, non ci pensò due volte a lasciare appena abbozzati i lavori della Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio per rispondere alla chiamata del sommo pontefice: gloria e lauti guadagni lo attendevano a Roma.
Oggi i committenti non sono più Papi, Re o imperatori ma il mercato, un'entità relativamente nuova, formata perlopiù da capitani d'industria, banchieri e imprenditori, insomma gente facoltosa che ha in mano le redini della finanza. Mentre Carlo V chiedeva a Tiziano di dipingere un quadro che ne celebrasse la potenza e la gloria, il mercato chiede agli artisti di oggi di produrre opere che assecondino i bisogni della finanza, vale a dire soldi e investimento. Ne consegue che mentre in passato l'importanza di un artista era legata al valore estetico, intellettuale e artistico della sua opera e solo in secondo momento era considerato il prezzo, oggi essa è indissolubilmente legata al suo valore di mercato e al costo che i suoi lavori raggiungono. Finché un artista non ottiene determinate quotazioni non è considerato da nessuno se non da un circolo ristretto di amanti e addetti ai lavori. Non appena però le sue opere vengono battute a cifre record, allora si scatena la corsa di massa e tutti vogliono accaparrarsele.
Arte e investimento, ieri e oggi cosa è cambiato
Come si è arrivati a questo? Già nel 1200 il critico Ts'ai Tao scriveva: " L'amore e la gioia per l'arte sono diventati una moda e le opere d'arte sono ovunque considerate alla stregua di merci e investimenti. Questo il diavolo della nostra epoca".
"Il diavolo della nostra epoca": anche allora considerare l'arte alla stregua di semplice merce era qualcosa che indignava gli appassionati.
Eppure il peggio doveva ancora arrivare. È solo dopo la Rivoluzione Francese e ancor di più con le grandi esposizioni dell'800, infatti, che l'arte si sarebbe pienamente affermata come merce, tanto che già il grande mercante di quadri parigino Ambroise Vollard poteva parlare nelle sue memorie di investimenti riferendosi alle opere dei giovani pittori impressionisti.
Da quel momento in poi è tutta un'escalation e il mercato diventerà poco alla volta un'entità sempre più forte. Nel 1928 in una lettera ad Alfred Stieglitz, Marcel Duchamp scrive: " ...Picabia è uno dei pochi oggi a non essere un "investimento sicuro"? La situazione del "mercato" qui è talmente deplorevole... [...] Pittori e pittrici salgono e scendono come azioni di Wall Street ".
Intorno agli a
Oggi l'economia, dopo aver conquistato gran parte degli ambiti della nostra vita, ha definitivamente vinto anche sull'arte. È un male questo? Da un certo punto di vista per niente. Ben vengano i soldi nel mondo dell'arte: gli artisti hanno bisogno di essere pagati per produrre le loro opere, liberi da ogni altra preoccupazione e poi ricordiamoci che è solo grazie a questi enormi capitali che l'arte è ancora viva. Pensiamo alla poesia, alla musica, alla danza e al teatro contemporanei, chi ne parla più? La notizia di una nuova aggiudicazione record almeno riesce ancora ad attirare i grandi riflettori mediatici sul palcoscenico artistico e a veicolare l'attenzione della moltitudine. È vero, in queste rare occasioni purtroppo, non si discute mai del valore dell'opera appena battuta in asta quanto piuttosto si disquisisce solo ed esclusivamente sulla straordinarietà della cifra raggiunta, ma è già qualcosa. D'altronde in un mondo in cui non si fa altro che parlare di spread, banche, debiti, bilanci, milioni che crescono e milioni che svaniscono, in quanti possono essere interessati più al valore di un'opera piuttosto che al suo prezzo?
Arte ed economia: qual è il vero valore di un'opera?
Oggi quindi l'arte riesce a essere ancora vera protagonista solo se legata all'aspetto economico, di investimento. Senza
Per tanti l'arte è e rimane soprattutto investimento e le crescite commerciali di molti artisti sono operazioni studiate a tavolino da galleristi, mercanti e speculatori. È chiaro che per riuscire ad alzare le quotazioni devono esistere requisiti storico-artistici e ragioni oggettive valide, fatto sta che non sempre al valore di un artista corrisponde un'adeguata valutazione commerciale della sua opera e viceversa. Se così fosse, un artista come Giorgio De Chirico (tanto per fare un esempio) dovrebbe costare molto più di tanti altri artisti con un curriculum e un'importanza storica decisamente inferiore alla sua.
Arte e mercato sono quindi due entità differenti che pur avendo uno stretto legame camminano su due binari diversi. Se si vuole apprezzare davvero il lavoro di un artista, bisogna cercare in tutti i modi di dimenticare il prezzo delle sue opere. In un mondo in cui si conosce e si quantifica il costo di ogni cosa, è difficile ma è l'unico modo per tornare a dare peso e importanza al valore. Non è detto che un artista che costa poco valga poco, come non tutte le opere di quegli artisti che raggiungono quotazioni esorbitanti sono solo ed esclusivamente speculazioni finanziare: anche là dove ci sono evidenti prezzi gonfiati può nascondersi vero valore.
Se questo tipo di arte ci fa innervosire e ci infastidisce ma ci fa anche solo per un attimo pensare e riflettere sul modo e sul mondo in cui stiamo vivendo, allora è un'arte che, bella o brutta, ha comunque fatto il suo dovere.
Qual è secondo te il ruolo del mercato oggi? È ancora riconosciuto il valore di un'opera? Lascia la tua opinione nei commenti.