Arte Milano: Claudio Lucatelli presenta a Spazio Tadini dal 4 al 26 febbraio 2014 Il vento nel mio giardino

Creato il 27 gennaio 2014 da Spaziotadini
Pubblicato il 27 gennaio 2014di melinascalise | 1 commento

Inaugurazione 4 febbraio  2014 dalle ore 18.30 alle 21

Spazio Tadini via Niccolò Jommelli, 24 Milano (mappa)

Apertura da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19

Un artista materico che raccoglie sulla tela stralci di giornali, fotografie, pagine di libri, cellophane e parole, modificando i riferimenti visivi e giocando con la semantica, le forme e i colori. Un modo di fare pittura che focalizza l’attenzione sulla complessità, la confusione e la precarietà di cui soffre l’uomo contemporaneo. Il titolo della mostra prende spunto dal titolo di un suo lavoro: “Il vento nel mio giardino”. Un elemento naturale che più di chiunque altro esemplifica la possibilità di cambiamento casuale delle cose e dell’eventualità di distruggerle.

“E venne il giorno in cui le parole non furono abbastanza e neppure le forme riuscirono a essere e solo i colori sopravvissero, senza coprire le tracce di ciò che accade e fu raccontato”. Se visitare una mostra è come entrare in un racconto questa sarebbe la giusta premessa alla visita nel mondo pittorico di Claudio Lucatelli.

L’uomo entra nelle tele di Lucatelli prevalentemente con la parola o solo in frammenti di immagine, quasi mai dipinti ma ripresi da fotografie o ritagli. In molti degli ultimi lavori l’ambientazione è prevalentemente esterna e in questo spazio, che allude al contesto naturale, le immagini, le forme, le parole e i segni si relazionano. Casualità o destino, muovono, agitano, modificano, alterano, scompongono e ricompongono, calmano. Le forze non agiscono mai sull’oggetto, sull’uomo o sul suo prodotto, ma sul costrutto mentale delle cose, sul concetto, sulla categorizzazione delle idee.

La ricerca espressiva dell’artista è in pieno fermento, ma gli elementi compositivi del suo linguaggio pittorico sono ben chiari: si stanno evolvendo verso una pittura sempre più informale in cui è ormai consolidata la scelta del collage e del dialogo tra semantica, semiotica e pittura.

Biografia di Claudio Lucatelli
Nato a Specchia (LE), architetto laureato in indirizzo Tutela e Recupero dei Beni Storici e Architettonici è cresciuto artisticamente nella Libera Accademia di Pittura di Vittorio Viviani (esponente del chiarismo lombardo) di Nova Milanese agli inizi degli anni 80. Coltivando da sempre la passione per la pittura espone la prima volta (una collettiva) nel 1999 nell’ambito della rassegna “Arte e Movimento” curata dall’artista Pasqualino Colacitti. Sono seguite altre collettive invitato dalla Famiglia Artistica Desiana. Alla Galleria SARGADELOS di Milano nel 2000, al Circolo Culturale “il Pettirosso” sempre a Milano nel 2001, allo spazio espositivo Cento Firme di Lissone nello stesso anno. Alla Galleria E. Mariani di Seregno nell’ambito della rassegna “il linguaggio figurativo nelle scuole medie” nel 2002 e ancora nello Spazio Cento Firme a Lissone. I lavori più recenti risentono dell’influsso dell’amico ed artista Giovan Battista Pastorelli esponente del Decostruzionismo Italiano. Nel 2003 realizza una personale nel Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno in occasione della rassegna” Echi del Salento” e nello stesso anno una personale a Como in S. Pietro in Atrio. Nel 2012 personale a Specchia (Le) nel Castello Risolo in occasione della manifestazione “Coincidentia Oppositorum”. A Marzo 2013 ospite nel Bianco Art Cafè di Seregno con la rassegna Grida Quieti. A Dicembre 2013 partecipa alla Collettiva Pro Lampedusa SAVE MY DREAM allo Spazio Tadini di Milano Alcune testate giornalistiche hanno pubblicato e descritto il suo lavoro, tra queste Il Cittadino, L’Esagono, Nuova Rassegna di Studi Meridionali, il Corriere di Como, la Gazzetta del Mezzogiorno, Qui Salento, Il Quotidiano di Lecce e il Giornale di Seregno.

Il vento nel mio giardino

“E venne il giorno in cui le parole non furono abbastanza e neppure le forme riuscirono a essere e solo i colori sopravvissero, senza coprire le tracce di ciò che accade e fu raccontato”. Se visitare una mostra è come entrare in un racconto questa sarebbe la giusta premessa alla visita nel mondo pittorico di Claudio Lucatelli. L’artista ci offre una pittura materica dove sulla tela troviamo fogli di carta, libri, cellophane, frammenti di quotidiani, pagine di libri, parole evidenziate o testi o segni scritti sulla tela. Una serie di frammenti e tracce che appartengono come ad un racconto interrotto. A irrompere c’è la gestualità del colore che copre, che schiaccia, che scarabocchia e segna l’inizio di un nuovo percorso semantico e segnico. Il giallo, il rosso, il blu, il verde, il nero e il viola sono tra i colori ricorrenti. Insieme segnano il cambiamento emotivo, concorrono alla demolizione e alla costruzione dell’immagine non mantenendo alcuna appartenenza alle cose. Nelle tele di Lucatelli possiamo trovare un cielo verde, una nuvola rossa tanto quanto un cielo nero come la pece. Se nei primi lavori la tecnica del collage portava l’artista ad una raffigurazione senza chiari riferimenti contestuali, nell’ultimo ciclo prevale l’ambientazione esterna. Titoli come “ il vento nel mio giardino”, “nuvola nera”, “quel che rimane della casa”, portano la modalità espressiva pittorica di Lucatelli fuori dalle “mura mentali” o domestiche (si è dedicato anche alla raffigurazione di diverse nature morte con piatti di frutta). L’ambientazione è spesso chiaramente esterna e la pittura si confronta con la forza espressiva degli elementi naturali volutamente trasfigurati. L’uomo entra in questo spazio con il verbo, la parola, i frammenti di immagine e, in questa collocazione, si confronta con gli elementi naturali dove avversità temporali, casualità o destino, muovono, agitano, modificano, alterano, scompongono e ricompongono, calmano. Le loro forze non agiscono mai sull’oggetto, sull’uomo o sul suo prodotto, ma sul costrutto mentale delle cose, sul concetto, sulla categorizzazione delle idee. Per esempio nell’opera “quel che rimane della casa”  non vediamo una casa, ma il segno che la rappresenta. Potrebbe essere la casa di chiunque, potrebbe avere qualsiasi forma o rilevanza architettonica, ma poco importa. Per Lucatelli è “la casa” ad entrare nel paesaggio, le cui fondamenta sembrano appena trattenute da un segno orizzontale a matita. Il prato è altrove, è sopra le teste: nel cielo. E’ lì che esiste il vero oggetto, la “vera casa” che è data da un groviglio spesso informe, più o meno materico in cui nulla vi si riconosce se non il senso della complessità, del groviglio, della massa filamentosa e geneticamente preordinata della nostra essenza. Forse l’Io. Queste forme aggrovigliate di segni sono ricorrenti negli ultimi lavori di Claudio Lucatelli. Sono tratti a matita che intervengono come uno scarabocchio al centro della composizione e si insinuano, con le loro forme spesso allungate, altre volte simil sferiche nella storia. Quando sono scomposte o allungate sembrano sprigionare un’energia edificante tale da alimentare costruzioni di forme e immagini volte verso l’alto come vediamo in “fiori di Roma” o sempre nella serie “Il vento nel mio giardino”. Quando l’ammasso segnico si raggomitola in se stesso i suoi lavori entrano in una sorta di calma energetica con una dominanza di linee orizzontali come nel caso dell’opera “quel che rimane della casa”. La ricerca espressiva dell’artista è in pieno fermento, ma gli elementi compositivi del  suo linguaggio pittorico sono ben chiari: si stanno evolvendo verso una pittura più informale in cui è ormai consolidata la scelta del collage e del dialogo tra semantica, semiotica e pittura. Le tele di Lucatelli rappresentano bene l’insieme delle fonti d’informazione e stimolo a cui l’uomo contemporaneo è soggetto, tanto quanto l’insieme delle forze generate dal contesto ambientale in cui vive e il senso di confusione e precarietà di cui soffre.

Melina Scalise


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