Lo spettatore a quel punto, si avvicina, curioso, un po’ voyeur, attirato dalla sensualità di quei corpi avvinti, desideroso di cogliere le bocche unite dei due amanti…gira intorno alla statua…un angolo, un profilo, labbra….il contatto in realtà scopre che non c’è. L’uomo e la donna si abbracciano ma non si baciano. Anche se la sala è piena di gente e un po’ forse, si vergogna, a quel punto, ormai stregato, si accosta ancora perché l’erotismo è lì, vivo ed intenso, generato dall’attesa, dall’anticipazione di un bacio ancora non dato o forse dal sapore di uno appena concluso, dalla sinergia di due corpi che si cercano per toccarsi e fondersi. Quel bacio sospeso è un attimo di tempo catturato, il vuoto riempito dalla rappresentazione della calda sensualità di due persone che si amano ma soprattutto colmato dalle sensazioni di chi è lì, in carne e ossa. Lo spettatore. Noi. Noi che guardiamo la statua, sentiamo, immaginiamo e ricordiamo il gusto delle passioni della nostra vita.
Il Bacio parla e vibra nello sguardo di chi lo osserva perché pochi artisti al mondo hanno avuto la capacità di tradurre la materia inerte in carnalità, la scultura in erotismo, come Auguste Rodin
Sono infatti i corpi femminili (delle molte modelle con cui si dette molto da fare in vita, per usare un eufemismo), a suscitare l’eterno incanto di questo scultore dall’esistenza ricca di brucianti passioni. Troveremo forse alcune sue sculture troppo esplicite nel loro riferimenti sessuali, altre più tenere ed evocative…in tutte però è evidente il suo amore per la vita, la vita che è sotto la nostra pelle, nei nostri muscoli, nelle nostre ossa, dove, di fatto, risiede l’essenza di ognuno di noi, vera e unica protagonista della sua arte.
Fu proprio la passione e l’erotismo intrinseco nel Bacio, a spingere Rodin a modificare l’originaria collocazione di questa scultura. La statua era nata infatti come bozzetto in creta per essere inserita in una monumentale porta bronzea che doveva raffigurare scene dell’Inferno dantesco di cui Rodin era un grande fan. I due giovani raffigurati quindi non sono altro che i famosi Paolo e Francesca e lo scultore, sia per motivi logistici, sia perché forse venne attratto dalla sensualità del soggetto, decise di farne un’opera indipendente. Come poteva la storia dei due sfortunati amanti non catturare il passionale Rodin? Paolo Malatesta detto “il Bello” e Francesca da Polenta (a causa del nome poco romantico è più conosciuta come “da Rimini”) poi sono esistiti veramente. Dante conobbe la loro storia quando sperimentava quanto è duro calle scendere e salir per le altrui scale dei palazzi signorili italiani durante il suo esilio politico. Fu forse lo stesso Guido da Polenta, Signore dell’omonima cittadina nella zona di Forlì, a raccontagli la tragica vicenda dei due ragazzi mentre Dante era suo ospite. Francesca aveva solo sedici anni quando venne data in sposa, per ragioni di Stato, a Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo, un po’ più vecchio di lui, assai più brutto e perfino zoppo (non c’è da stupirsi che avesse un così brutto carattere!).
Se capitate a Parigi vi consiglio una sosta alla splendida casa-museo di Rodin. Una villa, nel cuore della città ospita una nutrita collezione delle sue opere più famose oltre che darvi la possibilità di ammirare dall’interno la ricca dimora del XIX secolo dove visse lo scultore.
http://www.musee-rodin.fr/
Se invece siete desiderate qualcosa di più vicino, consiglio vivamente la magica rocca di Gradara dove, così dice la leggenda, si consumò il tragico amore di Paolo e Francesca.
http://www.gradara.org/
Vale77