ARTE, TRADIZIONE E RIVOLUZIONE #storiadellarte #innovazione #maniera

Creato il 30 giugno 2014 da Albertomax @albertomassazza

Nel suo sviluppo storico, l’arte ha sempre proceduto contemporaneamente in due direzioni: il riferimento ai maestri del passato e il costante tentativo di superarli. Il superamento può avvenire in senso individuale e formale, come dimostrazione della propria superiore abilità tecnica, oppure in senso concettuale, rivoluzionando i tradizionali canoni artistici. Nel ciclo affrescato da Masaccio e Masolino nella Cappella Brancacci di Firenze sono rappresentati in modo esemplare questi due diversi approcci al superamento. L’innovazione di Masolino rimane nel recinto della maniera gotica internazionale; Masaccio, riportando in pittura la concezione brunelleschiana, apre nuovi spazi, nuove dimensioni. Un’esigenza, questa dello spazio, avvertita già da Giotto; il genio di Masaccio ha colto questa esigenza e ha prodotto uno stacco rispetto alla tradizione. Stesso discorso vale per l’umanizzazione dei personaggi che Masaccio porta fino alle conseguenze proto-espressioniste della Cacciata di Adamo ed Eva.

L’arte non è mai né esclusivamente rivoluzionaria, né esclusivamente tradizionalista. Il carattere dell’artista si forma proprio sull’equilibrio tra queste due prerogative. Anche in presenza di artisti che paiono staccarsi completamente dalla tradizione, ad esempio Picasso e Kandinsky, è possibile ricostruire una linea genealogica a ritroso nei secoli. La distanza tra Rinascimento e avanguardie appare siderale, ma se si prendono in considerazione artisti come El Greco, Friedrich, Goya, Corot, Cezanne e Van Gogh, si capisce come Picasso e Kandinsky non si siano svegliati una mattina con l’idea di stravolgere tutto, ma abbiano portato alle estreme conseguenze esigenze consolidate nella tradizione. La dissoluzione della forma e la crudeltà della rappresentazione, capisaldi dell’arte del novecento, hanno radici lontane; rispondono a delle esigenze che sono lentamente emerse, fino alla conquista dell’egemonia estetica.

L’arte contemporanea, d’altronde, oltre a proporre nuove forme espressive che hanno rivoluzionato la figuratività tradizionale, si è espressamente rivolta alla tradizione figurativa per superare le stesse avanguardie: è il caso della Metafisica, del Ritorno all’ordine e della Nuova Oggettività. Ancora prima, i Nazareni tedeschi e i Preraffaelliti inglesi recuperarono la tradizione antecedente l’urbinate, colpevole, ai loro occhi, di aver fossilizzato la forma nella perfezione ideale, sacrificando il vero al bello e imprigionando l’arte nell’accademismo. Gauguin, per oltrepassare la tradizione occidentale, si rivolse all’altrove culturale, inaugurando il primitivismo, altro caposaldo del novecento. Tiziano si formò sulla tradizione veneta dei Bellini e la oltrepassò nella ricerca formale; poi, di fronte all’affermazione del manierismo veneto, formatosi a sua volta sulla lezione dei maestri del Rinascimento, si rivolse alla matericità del colore e alla dissoluzione della forma.

Si può dire che ogni artista che si rispetti deve trovare la giusta mediazione tra tradizione e rivoluzione. La tradizione, nel suo percorso storico, porta all’emersione di esigenze rivoluzionarie; la rivoluzione, viceversa, porta alla formazione di una nuova tradizione. Entrambe sono frutto di un sentire comune di cui il genio artistico si fa interprete e, osando ciò che per gli altri è inosabile, lo porta alle estreme conseguenze, come lo spazialismo masaccesco rispetto al tardo gotico o l’astrattismo rispetto alla figuratività.



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