Scritto da Mattea Micello
La manifestazione ha nuovamente dimostrato di essere fortemente attenta alle dinamiche e alle tematiche della nostra Arte Contemporanea. All’interno degli stand della fiera di Padova si sono sviluppati molteplici incontri in work, si è parlato del rapporto tra Arte e Fotografia, Arte e Tecnologia e Arte Moda, ma sopratutto come, grazie a questo connubio,l’Arte è andata ad acquisire nel corso del tempo nuove e travolgenti funzioni, estendendo i propri confini, unificandosi, così, con il linguaggio di massa.
ArtePadova, per quattro giorni (dal 9 al 12 Novembre), ha trasportato i visitatori all’interno di un paesaggio ricco di molteplici opere artistiche, meravigliosamente differenziate dai diversi linguaggi artistici.
Tra gli stand della Mostra - mercato a dominare fascinosamente, attraverso le diverse “strategie espressive” è stato il concetto dell’uomo, collocato come individuo all’interno di una società caotica. Un concetto tradotto all’interno delle varie Opere che, seppure fortemente diversi nella struttura linguistica artistica, restano comunque accomunate da uno stesso filo conduttore:il profondo attaccamento per l’uomo e l’ ambiente, luogo naturale in cui vivere.
Un sentimento forte in cui vige la pulsante essenza della figura umana, tradotta mediante l’utilizzo di tratti costruttivi enigmatici e indefiniti.
Sono caratteristiche che ritroviamo espresse in maniera coinvolgente nell’Arte scultorea di Rabarama e di Nereo Petenello, ma anche nel linguaggio pittorico di Lucien Bello e in quello fotografico di Nobuyoshi Araki, artisti contemporanei di forte rilevanza nazionale e internazionale.
Rabarama, (nasce a Roma nel 1969), nelle sue sculture pone al centro l’uomo attraverso un’originale vivacità espressiva che s’identifica mediante la realizzazione di statue in varie dimensioni. Le statue di Rabarama, si sviluppano attraverso un modellato fortemente dinamico in cui la figura umana spesso si caratterizza attraverso posizioni di forte eloquenza.
Corpi palpabili che pulsano nello spazio tridimensionale,i quali nella forma mantengono vivo il rapporto con il corpo umano, ma allo stesso tempo appaiono suggestionate da un'ideale che pare essere irreale.
L'artista mantiene integra la figura umana nella forma, ma ne riveste l' entità fisica attraverso fantasiosi tratti cromatici lineari o curvilinei che vanno a degradare, a corrompere la materia naturale della figura umana. Incavature intense segnate da cromatismi densi che, seppure suggeriscono un'allontanamento dalla reale mimesi della figura umana,in realtà divengono lo strumento per vivificare l'Opera e renderla ancora più reale.
Elementi linguistici astratti che vogliono raccontare uno stato intimo, risoluti a materializzare un'inquietudine interiore, un disagio profondo che da l' idea di materializzarsi e fuoriuscire dagli strati della pelle, cosicché da trasformarne la figurazione.
Segni enigmatici che immergono la figura in una totale solitudine. Rabarama con la sua Arte è riuscita con originalità ad evidenziare lo stato d'animo dell'uomo contemporaneo, il quale vive all'interno di una folla nella città indistinta. Una folla che si disperde sempre più nel caos quotidiano, modificando l'ambiente in cui viviamo , facendolo divenire indistinto, così tanto, da fargli smarrire la sua capacità d'inclusione, è per questo divenuto "spazio solitario" in cui l'individuo vive con le sue fragilità, incise nei segni interni dell'anima e corroborate di riflesso nei tratti esterni della fisionomia e del corpo.
La figura umana è presente anche in alcune opere in resina dello scultore Nereo Petenello, (nasce a Monselice nel1952). I corpi si sviluppano attraverso una forma fortemente astratta , stilizzata, quasi irriconoscibili, ma di forte capacità evocativa.
Nell'Opera di Petenello vediamo l' immagine umana svilupparsi attraverso "il levare".
L'artista crea dei vuoti all'interno dei plastici tridimensionali in resina che, però, non sono estranei alla forma, anzi, agiscono come compenetratori, diventando parti indiscindibili dell'Opera. Un linguaggio artistico volto a rappresentare il soffio irrompente della natura, che pare abbia il compito di aggredire la forma nell'intimo per spezzarla, dividerla in due. La figura astratta, composta da una linea ondulata e morbida, diviene effige dell'uomo che continuamente vuole dominare la natura ma che poi, però, finisce sempre per essere annientato da essa, distrutto, diviso in due.
L'uomo diventa una tematica fortemente centrale nell' Arte di Lucien Bello, (nasce a Mortara nel 1969), il quale s'impadronisce del linguaggio artistico Metafisico dell'artista novecentesco De Chirico. Bello, acquisisce e assimila le nobili capacità cromatiche e luministiche dechirichiane, le fa proprie, ma ne trasforma i significati realizzando un'Opera del tutto nuova nei contenuti.
A governare tra luci surreali ed atmosfere allucinate non saranno più i manichini e i calchi dell'antico all'interno di luoghi e citazioni classiche, tanto cari all'artista De chirico, vengono spazzati via e al centro viene posto l'uomo all'interno di luoghi e spazi dal sapore futuristico. Un'Opera che utilizza il linguaggio metafisico per volgere uno sguardo più al futuro che al passato, attraverso ritagli di luoghi fantastici. Se nell'Arte di De Chirico regnava il desiderio di fuggire dalla realtà, attraverso il ricordo onirico del passato classico, nelle rapparesentazioni artistiche di Lucien Bello vi ritroviamo, invece, un uomo che sente il desiderio di modificare la propria realtà, di plasmarla e non per fuggirne, ma per dominarla.
Esemplari sono le fotografie del fotografo Nobuyoshi Araki, (nasce nel 1940 a Tokyo). Nelle sue fotografie l'uomo viene inserito, attraverso fogge e atteggiamenti inusuali privi di pudore, all'interno di una sequenza di immagini dal contesto fortemente tipico del bondage.
Tuttavia, nelle fotografie non traspare il piacere tipico di un gioco sessuale, il bondage si allontana dall'erotico per evidenziare invece, volti seri, dallo sguardo duro fortemente espressivo.
Donne e uomini vengono fotografati, nella loro nudità ,legati, imbavagliati o incatenati. Espedienti linguisici visivi volti in realtà a vestire la fotografia di forti significati. La figura umana è posta in gabbia attraverso catene, manette o corde, le quali vengono adottate per evidenziare un'idea di recensione, di prigionia che l'uomo vive nel difendere dei confini, e spesso per farlo si accanisce. L'obbiettivo fotografico di Araki sembra che abbia voluto mettere "a fuoco" che tutti i confini sono delle barrire nutrite da una forma di stupidità, come ad esempio il confine religioso:io credo in un dio diverso dal tuo dio o quello razzistico, ho un colore tu ne hai altro. Confini sciocchi che portano a costruirci delle barrire. Attraverso la crudezza delle immagini, gremite dalla nudità dei corpi in atteggiamnti bondage, Araki vuole cancellare la menzogna della diversità che ergiamo come un muro per velare una grande paura, quella di essere noi stessi , un' insicurezza che si evince attraverso il nascondersi nella denigrazione dell'altro.
ArtePadova ci ha regalato una produzione visiva artistica, incisa dal nostro tempo, in cui l'uomo vive continuamente radicali trasformazioni e rivoluzioni sociali, nella ricerca continua e incontrastata di dominare continuamente non solo la natura e le sue leggi, ma anche i propri simili. Una corsa repentina di dominio che finisce per far perdere all'uomo le sue radici e sprofondare, così, nell'inquietudine esistenziale.
Nota Critica:Mattea Micello