ARTHUR RIMBAUD
POESIE
Traduzione dall’originale in francese Poésies
di Marco Vignolo Gargini
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SENSAZIONE
(Sensation)
Nelle estive sere blu, io andrò tra i sentieri,
pizzicato dal grano, a pestar l’erba minuta:
sognatore, sentirò il suo fresco ai miei piedi,
e lascerò che il vento bagni la mia testa nuda.
Io non parlerò, io non penserò a niente:
ma dentro me crescerà l’infinito amore,
e andrò lontano, molto lontano, vagabondo,
nella Natura, – fiorente come con una donna.
Marzo 1870
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SOLE E CARNE
(Soleil et chair)
Il Sole, focolare di tenerezza e vita,
versa l’amore ardente sulla terra rapita,
e, quando mi sdraio sulla valle, sentiamo
che la terra è nubile e straripa di sangue;
che il suo immenso seno, sollevato da un’anima,
è dell’amore come Dio, della carne come la donna,
e che rinserra, gravido di linfa e di raggi,
il grande formicolio di tutti gli embrioni!
E tutto cresce, e tutto sale!
- O Venere, o Dea!
Io rimpiango il tempo dell’antica giovinezza,
dei satiri lascivi, dei fauni animali,
dèi che mordevano d’amore la scorza dei rami
e tra le ninfee baciavano la Ninfa bionda!
Io rimpiango il tempo in cui la linfa del mondo,
l’acqua del fiume, il sangue rosa degli alberi verdi
nelle vene di Pan mettevano un universo!
Dove il suolo palpitava, verde, sotto i suoi piedi caprini;
dove, baciando mollemente la chiara siringa, le sue labbra
modulavano sotto il cielo il grande inno dell’amore;
dove, ritto sulla pianura, sentiva intorno
rispondere al suo appello la Natura vivente;
dove gli alberi muti, cullando l’uccello canoro,
la terra cullando l’uomo, e tutto l’Oceano blu
e tutti gli animali amavano, amavano in Dio!
Io rimpiango il tempo della grande Cibele
che dicevano percorresse, gigantescamente bella,
su di un gran cocchio bronzeo, le splendide città;
i suoi seni versavano nelle immensità
il puro grondare della vita infinita.
L’Uomo succhiava, felice, la sua mammella benedetta,
come un bambino piccolo, giocando sulle sue ginocchia.
- Perché egli era forte, l’Uomo era casto e dolce.
Miseria! Ora lui dice: io so le cose,
e va, gli occhi sbarrati e le orecchie tappate.
- E allora, niente più dèi! niente più dèi! L’Uomo è Re,
l’Uomo è Dio! Ma l’Amore, ecco la gran Fede!
Oh! se l’uomo s’allattasse ancora alla tua mammella,
gran madre degli dèi e degli uomini, Cibele;
se non avesse lasciato l’immortale Astarte
che un tempo, emergendo nell’immenso chiarore
dei flutti blu, fiore di carne che l’onda profuma,
mostrò il suo ombelico rosa dove vide nevicare la schiuma,
e fece cantare, Dea dai grandi occhi neri trionfanti,
l’usignolo nei boschi e l’amore nei cuori!
II
Io credo in te! Io credo in te! Divina madre,
Afrodite marina! – Oh! la strada è funesta
Dopo che l’altro Dio ci attacca alla sua croce;
Carne, Marmo, Fiore, Venere, è in te che io credo!
- Sì, l’Uomo è triste e laido, triste sotto il cielo vasto,
porta i vestiti, perché non è più casto,
perché ha bruttato il suo busto fiero di dio,
e ha intristito, come un idolo nel fuoco,
il suo corpo olimpico in sporche servitù!
Sì, anche dopo la morte, nei pallidi scheletri
Lui vuol vivere, insultando la bellezza di prima!
E l’Idolo in cui mettesti tanta verginità,
dove divinizzasti la nostra argilla, la Donna,
perché l’Uomo potesse illuminare la sua povera anima
e salire lentamente, in un immenso amore,
dalla prigione terrestre alla bellezza del giorno,
la Donna non sa più essere nemmeno Cortigiana!
- È una bella farsa! E il mondo sghignazza
al nome dolce e sacro della grande Venere!
III
Se tornassero i tempi, i tempi del passato!
Poiché l’Uomo ha finito! L’Uomo ha svolto tutti i suoi ruoli!
In un gran giorno, stanco d’infrangere idoli
lui risusciterà, affrancato da tutti i suoi Dèi,
e, come lui appartiene al cielo, scruterà i cieli!
L’Ideale, il pensiero invincibile, eterno,
tutto; il dio che vive, sotto la sua argilla carnale,
salirà, salirà, brucerà sotto la sua fronte!
E quando lo vedrai sondare tutto l’orizzonte,
spregiatore di vecchi giochi, libero da ogni terrore,
tu verrai a donargli la santa Redenzione!
- Splendida, radiosa, nel grembo dei grandi mari
tu sorgerai, spargendo sul vasto Universo
l’Amore infinito in un infinito sorriso!
Il Mondo vibrerà come un’immensa lira
nel brivido d’un immenso bacio!
Il Mondo ha sete d’amore: tu verrai a placarlo.
. . .
Oh! l’Uomo ha rialzato la sua testa libera e fiera!
E il raggio improvviso della prima bellezza
fa palpitare il dio nell’altare della carne!
Felice del bene presente, smunto del male sofferto,
l’Uomo vuole tutto sondare, – e sapere! Il Pensiero,
la giumenta a lungo, a lungo oppressa
si slancia dalla sua fronte! E saprà il Perché!…
Che balzi libera, e l’Uomo avrà la Fede!
- Perché l’azzurro muto e lo spazio insondabile?
Perché gli astri d’oro in brulichio come una sabbia?
Se si salisse sempre, che si vedrebbe lassù?
Un Pastore capeggia questo immenso gregge
di mondi in cammino nell’orrore dello spazio?
E tutti quei mondi, che l’etere vasto abbraccia,
vibrano agli accenti d’una voce eterna?
- E l’Uomo, può vedere? può dire: Io credo?
La voce del pensiero e più che un sogno?
Se l’uomo nasce così presto, se la vita è così breve,
da dove proviene? Affonda nell’Oceano profondo
dei Germi, dei Feti, degli Embrioni, in fondo
all’immenso Crogiuolo da cui la Madre Natura
lo risusciterà, vivente creatura,
per amare nella rosa e crescere nel grano?…
Noi non possiamo sapere! Noi siamo vinti
da un manto d’ignoranza e di grette chimere!
Scimmie d’uomini cadute dalla vulva materna,
la nostra pallida ragione ci occulta l’infinito!
Noi vogliamo guardare: – il Dubbio ci punisce!
Il dubbio, mesto uccello, ci colpisce con l’ala…
- E l’orizzonte fugge in una fuga eterna!…
. . .
Il gran cielo è aperto! i misteri sono morti
di fronte all’Uomo, in piedi, che incrocia le sue braccia forti
nell’immenso splendore della ricca natura!
Canta… e il bosco canta, e il fiume mormora
Un canto pieno di felicità che sale verso il giorno!…
- È la Redenzione! è l’amore! è l’amore!…]
. . .
IV
O splendore della carne! o splendore ideale!
o amore rinnovato, aurora trionfale
dove, piegando ai loro piedi gli Dèi e gli Eroi,
Callipigia la bianca e il piccolo Eros
sfioreranno, ricoperti di neve di rose,
le donne e i fiori in sboccio sotto i loro bei piedi!
- O grande Arianna, che versi le tue lacrime
sulla riva, vedendo fuggire laggiù sulle onde,
bianca nel sole, la vela di Teseo,
o dolce vergine bambina che una notte hai rotto,
taci tu! Sul suo carro d’oro adornato di neri grappoli,
Lisio, portato nei campi Frigi
Dalle tigri lascive e dalle fulve pantere,
lungo i fiumi azzurri arrossa il cupo muschio.
- Zeus, Toro, culla sul suo collo come un fanciullo
il corpo nudo d’Europa, che getta il suo bianco braccio
al collo nervoso del Dio che rabbrividisce nell’onda.
Lui volge lentamente verso lei il suo occhio vago;
lei, lascia la sua pallida guancia in fiore
sulla fronte di Zeus; i suoi occhi sono chiusi; lei muore
in un bacio divino, e il flutto che mormora
dalla sua schiuma d’oro fa fiorire la sua chioma.
- Tra l’oleandro e il loto ciarliero
scivola amorosamente il gran Cigno sognante
abbracciando Leda nel candore della sua ala;
- e mentre Cipride passa, stranamente bella,
e inarcando le splendide rotondità delle sue reni,
sfoggia fieramente l’oro dei suoi larghi seni
e il suo ventre nevoso sfrangiato di muschio nero,
- Eracle, il Domatore, che, come d’una gloria
forte, cinge il suo gran corpo di pelle di leone,
avanza, fronte terribile e dolce, all’orizzonte!
Con la luna d’estate vagamente illuminata,
in piedi, nuda, e trasognata nel suo dorato pallore
che chiazza il peso fiotto dei suoi lunghi capelli blu,
nella radura oscura dove il muschio si rischiara,
la Driade mira il cielo silenzioso…
- La bianca Selene lascia penzolare il suo velo,
timorosa, sui piedi del bell’Endimione ,
e gli lancia un bacio in un pallido raggio…
- Lontano geme la Sorgente in un’estasi lunga…
È la Ninfa che sogna, un gomito sul suo vaso,
al bel giovane bianco che la sua onda ha stretto.
- Una brezza d’amore nella notte è passata,
e, nei boschi sacri, nell’orrore dei grandi alberi,
maestosamente eretti, i Marmi scuri,
gli Dèi, sulla cui fronte il Ciuffolotto fa il suo nido,
Gli Dèi ascoltano l’Uomo e il Mondo infinito!
29 aprile 1870