L’ultima utopia: il reale
foto di Gennaro Apuzzo
La fotografia inaugura i mass media visuali quando al ritratto individuale si sostituisce il ritratto collettivo
(Gisèle Freund)
La verità della fotografia è qui: nella capacità di essere insieme documento e interpretazione, testimonianza oggettiva e autenticità soggettiva, ritratto individuale e sociale.
Se la fotografia non ingloba questa doppia dimensione resta muta.
Altra dualità è contenuta nella fotografia, specificatamente nel medium: quella di una pratica che si muove tra certificazione del presente e proiezione verso un’assenza. Significativo è allora il fatto che l’obiettivo abbia così spesso inquadrato, nella sua storia, l’immagine complessiva di uomini e donne al lavoro; nel tentativo di cogliere l’identità individuale, il ritratto sociale, ma anche di documentarne la realtà in un presente divenuto sempre più labile.
Per tutto il Novecento la vita nelle campagne è esistita solo oltre lo spazio e il tempo dell’industria. Uno spazio e un tempo quindi sempre più residuale, marginale; inesorabilmente in declino. Il corpo fisico e lo spazio che questo abita sparisce dalla figurazione dello stile narrativo-poetico e dalla narrazione visiva come documento.
Le fotografie di Gennaro, sono delle singolarità irripetibili; ci raccontano l’ultima utopia: il reale.
Un ritorno questo, che prevede l’immersione corporale del fotografo nel processo lavorativo e politico.
L’entusiasmo per la raffigurazione, lascia il posto all’entusiasmo per azioni ed eventi, manifestazioni e ribellioni, una situazione che riguarda i rapporti di potere non solo materiali, ma immateriali quali la comunicazione, la lingua e la raffigurazione. Torna il corpo, lo spazio abitato dal corpo, dai corpi accumunati dalla condizione di classe che li condanna alla non figurazione ad eccezione dei fatti di cronaca.
Ci troviamo a Castel Volturno; in compagnia di Alì il pugile, Jennifer la prostituta, Alexander il sarto, … un caleidoscopio di volti sguardi, storie e lingue.
Siamo in presenza del Sud nel Sud. I migranti nel paese dei migranti: i fantasmi di se stessi che ritornano. In queste immagini non assistiamo alla liquidazione del reale, del vero. L’immagine anzi, riemerge dall’oblio e dalla dissolvenza del nulla inafferrabile e senza sostanza.
Il sovvertimento è totale. La realtà del lavoro ritrova la sua sostanza, la sua fisicità e materialità. L’immagine riesce ad affermare il suo potere. Diventa eterna. Lo spazio del reale si riempie. L’utopia si riaffaccia nella storia dell’uomo del XXI secolo. Grazie Gennaro.
Gabriele Agostini
Gennaro,nasce a Napoli nel 1986 si diploma presso l’istituto d’Arte Statale Filippo Palizzi di Napoli.
Se bene affascinato dalle infinite possibilità di applicare l’arte fotografica, la sua principale intenzione resta quella di adoperare lo strumento per un “uso sociale”.
Lavora come fotografo ed assistente presso diversi studi di Napoli, come assistente tecnico presso Working Camera di Gennaro Navarra (studio di moda, still-life e riproduzione fotografica di opere d’arte) che gli consente di interfacciarsi con importanti produzioni artistiche: sotto commissione della Andy Warhol Foundation per la riproduzione fotografica di alcune opere di Andy Warhol; per la Galleria Lia Rumma e per la riproduzione fotografica della performer Vanessa Beecroft.
Nel 2011 gli viene assegnata la borsa di studio presso il Centro Sperimentale di Fotografia Adams di Roma per un master di Storia della fotografia sociale con Tano D’Amico e di editing di reportage con Rocco Rorandelli (Terra Project).
GIOVEDI 24 GENNAIO DALLE 19.00
fino a giovedi 31 gennaio 2013
Circolo degli artisti
via Casilina Vecchia 42, 00182 ROMA
tel 06/70305684 – fax 06/97250663
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