Nella foto > Sabine Oberti, titolare dell’Artotheque de Rome.
Sì, avete capito bene: prendere in prestito. Sì, perché il modello dell’Artotheque (o Artoteca, se vogliamo dirlo all’italiana) altro non è che quello della biblioteca; solo che qui, invece di prendere libri si prendono opere d’arte. Come? Basta iscriversi pagando una quota annuale di 400 euro (che è possibile saldare anche a rate) e il gioco è fatto: una volta soci potrete scegliere l’opera in catalogo che vi piace di più e portarla a casa per poi cambiarla con un’altra dopo un massimo di tre mesi. Catalogo che, peraltro, mette a disposizione lavori di autori come Miss.Tic – la regina della Street Art francese – o Jim Dine, tutti selezionati da un comitato scientifico guidato nientemeno che dal direttore dell’Accademia di Francia di Villa Medici. E se vi innamorate dell’opera scelta? Dipende, se si tratta di un pezzo unico dovrete rassegnarvi ma se la vostra beniamina fa parte di una tiratura potete anche riscattarla e così iniziare la vostra carriera di collezionisti!
«Inizialmente avevo optato per un’impostazione molto rigida – spiega ancora Sabine Oberti -che ricalcava il modello delle artoteche pubbliche francesi e non vendevo le opere. Per un artista, però, è un bel risultato quello di essere acquistato e così ho deciso di vendere almeno i multipli, le tirature limitate, mentre i pezzi unici rimangono sempre proprietà della collezione». «Anche in questo caso – prosegue Oberti – solo i soci possono acquistare le opere del nostro catalogo. Durante l’anno, però, organizzo anche delle mostre di giovani artisti che presentano al pubblico romano i loro lavori. In questo caso, tutti possono fare acquisti».
Una bella opportunità, quella offerta dall’Artotheque agli artisti emergenti che non solo qui possono presentarsi al grande pubblico e magari vendere qualche lavoro ma anche proporsi per far inserire le proprie opere nel catalogo dei lavori per il prestito. Così come hanno già fatto artisti affermati comeMiss.Tic che hanno firmato con l’Artotheque de Rome un contratto di deposito mettendo a disposizione dei soci alcuni loro lavori. L’importante è che le opere siano in linea con i criteri del comitato scientifico che seleziona le opere per il prestito. Ma tentar non nuoce, anche perché nel caso in cui i lavori fossero accettati, non solo verrebbero inseriti in catalogo ma anche presentati al pubblico con un aperitivo di benvenuto. Niente male per un giovane artista in cerca di un po’ di visibilità.
Soddisfatta per l’entusiasmo con cui è stata accolta dal pubblico romano, Sabine Oberti ha solo un piccolo rammarico: la scarsità di giovani tra gli aderenti. «Putroppo devo dire che gli associati all’Artotheque non sono i giovani a cui, invece, l’idea era indirizzata, ma quasi tutte persone che hanno dai quarant’anni in su – spiega Oberti –. E’ un peccato perché il mio target sarebbero proprio loro che, appena entrati nel mondo del lavoro, non hanno i soldi per diventare subito collezionisti». Il motivo? In parte i soldi, anche se la quota può essere rateizzata, ma in primis una generalizzata scarsa apertura verso l’arte. E questo, probabilmente, è il più grosso problema per la cultura del nostro paese sia che la si guardi dal punto di vista dell’affluenza a musei e mostre, del mercato o di iniziative molto particolari come un’artoteca nel cuore del salotto buono di Roma.
Nicola Maggi
tratto da Collezione da Tiffany
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