A.S. Byatt, Gradazioni di vitalità.

Creato il 16 aprile 2015 da Tazzina @tazzinadi

A.S. Byatt, Gradazioni di vitalità, Nottetempo


Anche se è passato un po' di tempo, per riagganciarmi al post precedente, ricordo quella bella frase di Baricco, molto famosa, che dice "accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde". Beh è proprio vero. 
Avevo fatto una domanda, come si dice in questi casi, all'Universo, ovvero di trovare un piccolo libro da leggere al volo, o che il libro stesso trovasse me. Molti dicono che sia così, che le cose che contano ti arrivano tra capo e collo senza troppo pensarci, che le cose belle e importanti non debbano necessariamente comportare chissà quali fatiche ma ti cascano sulla testa come frutti maturi. 
Seppure scettica, devo dire che alla fine è successo anche a me. Me ne stavo tranquilla l'altro giorno al Festival della Follia (un bell'evento qui di Torino), e come succede in questi bei festival c'era un banchetto di libri (curato dalla libreria Belgravia in questo caso). Insomma guardo e spero che ci sia il famoso libricino per eccellenza, quello piccolo e simpatico, ma anche profondo e intelligente e particolare che ti chiama e che ti vuol dire chissà che cosa. E in effetti eccolo lì. Lo compro alla piccola cifra di sei euro e in effetti è tutto piccolo e veloce ma i contenuti sono di ampio respiro.
Come recita la quarta di copertina, "da Dostoevskij a Philip Roth, la grande autrice inglese A.S. Byatt ci accompagna nel cuore segreto della scrittura". 
L'incipit merita proprio, eccolo:
"C'è un momento significativo - una sorta di rito di passaggio - nella vita di ogni scrittore, ed è quando lui o lei si rende conto che i personaggi sono fatti di parole".
Ah, che vero, quanto è vero. E prosegue:
"I singoli personaggi sono parte di un tessuto di parole, simile a un arazzo, e le parole che creano le diverse persone sono connesse alla trama di tutte le altre parole. Le parole di un libro sono quelle disponibili nell'epoca in cui viene scritto, allo stesso modo in cui un tessitore si limita alle tinte, e perfino alle idee sulle sembianze umane, animali e vegetali nella sua epoca. In questo saggio intendo fare due cose. Intendo discutere la complessità di ciò che i bambini, e anche Virginia Woolf, chiamano 'fabbricare persone'. E intendo discuterne anallizzando come, nella storia del romanzo, i comportamenti di tali persone siano cambiati rispetto al Libro sacro, la Bibbia cristiana, con le sue persone e la sua idea di ciò che un essere umano è e dovrebbe essere".
Niente di meno, dunque, di un proposito ambizioso è quello che si prefigge la scrittrice in questa che è poi la trascrizione di una conferenza tenuta a Leida nel 2004. La scrittura prosegue in gran complessità, ci si mette un po' a capire tutto, eppure fluisce gradevole, come potrebbe esserlo in effetti l'ascolto di una conferenza difficile ma utile.
La costruzione del personaggio, il romanzo come un arazzo e tanti esempi e approfondimenti in neanche sessanta pagine di libricino, ben tradotto da Anna Nadotti. 
Alla fine vien voglia di leggere i romanzi della scrittrice e, neanche a dirlo, tutti i libri di cui parla. 
Ripensando a come l'ho scovato, questo piccolo breviario di letteratura, a un Festival sulla follia, mi accorgo di quanto la lettura non sia di certo un gesto folle, ma senz'altro una cura. Non vorrei affermare che leggere però sia solo "terapeutico", perché è anche qualcosa di più. Che cosa non saprei dirlo, perché cambia naturalmente per ciascun lettore, immagino.

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