Un anno fa facevi tanto la spavalda e poi il mondoall’improvviso ti è precipitato addosso.Di quella esperienza, ti è rimasta una piccola cicatrice ela stretta allo stomaco ogni volta che ci ripensi .Un anno fa scrivevi quello che sentivi, adesso locopi-e-incolli qui, di nuovo, per ricordarti di quanto sei stata fortunata eche ogni giorno che passa è unregalo che non ha prezzo, neanche con la Mastercard, e tu te lo devi godere enon fare le solite lagne che fai ogni tanto.
Marzo 2011
E’ quella sensazione di stordimento quando ti chiamano e tidicono che devono fare un esame più approfondito con l’ecografia. Magari megliosubito che fra qualche giorno. E’ quel “Ma…” che ti dice l’ecografista senzaproseguire la frase, mentre col suo apparecchietto ti passa, ripassa e poiripassa ancora, indagagando sulla pelle fredda di gelatina. E’ quel panico cheti prende quando sei uscita dall’ambulatorio, sapendo che non ti passerà finchènon farai la prossima visita, che andrà ancora più a fondo sulla faccenda.E’ il ronzio alle orecchie che hai dopo che ti hanno vistoper la terza volta in una settimana e ti hanno finalmente comunicato “Bé,l’unico modo è toglierlo e vedere di che si tratta”. E’ il buio che vedipensando che potrebbe trattarsi di qualcosa di brutto. E’ la luce in fondo altunnel, pensando che, sì, tutto finirà bene e che avrai fatto tutto ‘sto casinoper nulla di grave. Oppure no, ma tu sei forte e comunque hai tanto da vivere,che diamine. E’ quel magone permanente sempre lì lì sul punto di esploderequando qualcuno te ne parla, solo con l’intenzione di rincuorarti. E’ quelsollievo che hai se per un momento non ci pensi.E’ l’amore del tuo uomo che ti abbraccia, ti scalda e tiprotegge e che accoglie le tue lacrime.E' l'angoscia che ti sorprende all'improvviso mentre seiallegra, e che ti spegne il sorriso.E’ la tua indifferenza ai problemi del mondo perché ilproblema più grande adesso è il tuo. E’ l’idea di sentirti speciale, ma in unmodo brutto: tu non vuoi essere speciale, vuoi essere perfettamente normalecome gli altri. E’ l’imbarazzo di chi ti chiama al telefono e non sa bene che parole usare. E di chi non vuoleparlarti per paura di non controllare l’emozione. E’ la stretta allo stomacoquando pensi che dovranno passare ancora tanti giorni per sapere qualcosa dipreciso.E’ la voglia di non tornare a casa presto, di nonrilassarti, di non andare a dormire, soltanto perché non vuoi trovarti difronte ai tuoi pensieri. E’ la paura, pura paura che non avevi mai provatoprima, che ti fa tremare le mani, le labbra, le gambe, senza controllo. E’ ildisagio che hai col tuo corpo quando ti guardi allo specchio e pensi: cosa stasuccedendo qui dentro? E’ la sicurezza che niente di male ti può capitare,perché in fondo sei sempre stata bene ed è semplicemente impossibile. E’ ilpensiero sul futuro, che chissà? E’ il loop ossessivo di pensieri quando stai nelletto e che non ti fa prendere sonno. E’ l’affanno con cui insegui le cose ditutti i giorni, perché vuoi far finta che la vita continui come prima. E’ lavoglia di parlarne solo a chi ti vuole tanto bene. E a quel punto fai la conta.E’ il silenzio di tua figlia che sembra indifferente ma non sasemplicemente che pesci prendere. E’ il mondo che scorre lì fuori nonostante letue pene, perché è così che va il mondo da che è mondo. E’ il grosso respiroche farai quando ti diranno che non era niente. Perché non sarà niente. Nienteniente niente.
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