Ashram di Osho a Pune, tra i compagni sanyasi

Creato il 02 agosto 2010 da Mariagraziacoggiola
Era da un po’ di tempo che volevo ficcare il naso da Osho a Pune e questa volta l’ho fatto uscendone abbastanza delusa e anche un po’ arrabbiata per quello che secondo me è diventato un business della spiritualita’. Una Las Vegas della meditazione, con un pizzico di intolleranza fascistoide. Che io sia assolutamente incapace di percepire dimensioni al di fuori di quella del mio corpo e della mia mente, e’ ormai assodato. Sono stata abbracciata da Amma in Kerala, passato pomeriggi interi sotto l’albero di Buddha a Bodhgaya e nel tempio-palla da golf di Auroville, senza percepire neppure un barlume di spiritualita’. Ma qui da Osho la sensazione e’ stata addirittura sgradevole. Molti sannyasi, che ho incontrato, come per esempio Dario (che ha un ristorante vicino all’ingresso dell’ashram) sono venuti qui per poco tempo e ci sono rimasti per anni. Io dopo un giorno non ne potevo piu’. Dovevo passare un altro giorno, ma ho preferito far altro. Questo e’il resoconto di un esperienza che tra l’altro mi e’ costata anche parecchi soldi. Capisco ora perche’ ci sono cosi’ pochi informazioni di prima mano su cosa succede dentro…
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L’unica cosa che sapevo quando sono arrivata a Koreagan Park, un’area verde di Pune, l’unica decente della citta’, e’ che nell’ashram bisognava vestirsi con una tunica bordeaux di giorno e una bianca alla sera. Quando ho visto sul marciapiede le bancarelle con le tuniche ho capito quindi che ero nei pressi del centro che ora si chiama ‘Osho Meditation Resort’. Trovare un posto da dormire nelle vicinanze non e’ stato facile. Dopo l’attentato alla German Bakery (ancora chiusa e con un muro sfondato dall’esplosione) mi hanno detto che ci sono stati controlli a tappeto e che quindi le guesthouse sono diventate clandestine. Io ho fermato una sanyasi (una discepola) che mi ha portato da una sua collega tedesca che lavora all’ashram e fa l’affittacamere. Prima mi ha detto che era ‘’tutto pieno’’, poi mi ha squadrato di nuovo, e mi ha detto che forse una stanza ce l’aveva…. Ha aperto l’appartamento di fianco e mi ha mostrato una camera, molo bella, con una balle veranda e un bagno grande. Insomma meglio di casa mia a Delhi. Prezzo 750 rupie, che va bene, ma non é proprio budget. Pagamento anticipato, fotocopia passaporto visto e ordini impartiti secchi, da tedesca, anche se ‘illuminata’.
Al ‘Resort’’ stanno facendo dei lavori. L’ingresso e’ coperto da un’ impalcatura, ci sono dei martelli compressori. Si entra dal welcoming center che é quello dei visitatori. Gli impiegati-sanyasin, in tunica bordeaux, mi hanno accolto con un sorriso, poi pero’ quando si sono accorti dal mio visto indiano che ero giornalista e che ero stata in Pakistan, hanno cambiato espressione. Mi hanno chiesto di accomodarmi mentre un tizio se ne andava con il mio passaporto a mostrarlo a chissá chi. Poi sono stata pregata di parlare per telefono con un’addetta stampa, che mi ha chiesto per ben tre volte, con tono non troppo amichevole, se ero li per lavoro. ‘’No, non ti preoccupare, e’ una visita personale’’ ho ripetuto, ma se avete sconti per giornalisti li accetto oppure se mi fate pagare come gli indiani, visto che abito in India…’’. La battuta non e’ stata gradita’. ‘Non facciamo sconti a nessuno e tu sei una straniera ’’ ha replicato seccamente la voce. La registration costa 1550 rupie e comprende la ‘welcoming visit’ (che io ho perso perche’ sono arrivata 10 minuti in ritardo, manco ci fossero state le folle di visitatori, ero da sola..), il test dell’Aids e il day pass. La registrazione ha preso un bel po’ di tempo. Era da un bel po’ che non venivo cosi’ vivisezionata, addirittura hanno digitalizzato la mia firma. ‘Dopo la German Bakery…la sicurezza’’. Vero, non dimentichiamo che l’americano di origine pachistana David Hadley, che dicono essere uno degli ideatori dell’attentato di mumbai, e’ venuto qui a fare una ricognizione. E non dimentichiamo che dicono pure che Osho ero uno della Cia (e anche avvelenato dalla Cia). Insomma c’e’del losco, e io probabilmente con un passaporto pieno di visti pakistani appaio losca… Comunque adesso sanno tutto di me, anche che non sono sieropositiva.
Il test dell’Aids, in effetti, mi preoccupava un po’ e mi incuriosiva. Pensavo a un prelievo del sangue. Mi hanno portato in uno sgabuzzino dove un indiano in camicie bianco ha aperto un kit, mi ha forato il dito medio, ha raccolto una goccia di sangue e l’ha messa su un tampone. Ho cercato di leggere il nome del kit sulla busta, ma lui con un gesto veloce l’ha buttata via. ‘Volevo solo sapere che tipo di kit era, non l’avevo mai visto’’ ho detto scusandomi. Per tutta risposta il tizio ha chiamato il kapó-sanyasi, gli ha riferito della mia richiesta e lui mi ha gettato un’occhiataccia. ‘Adesso vai a comprare i buoni’’ ha ordinato in stile nazista. Praticamente, qui al resort, come in tutti i resort, si paga anche l’aria che si respira: i buoni servono per comprare cibo e altre cose. Sono coupon da 100 rupie dove c’e’scritto ‘Contribution for Meditation Activities’. ‘Prendine per mille rupie, perche’ dovrai comprare le tuniche’’ mi dice il kapo’. ‘Veramente la bordeaux ce l’ho gia…’’ replico timidamente e tiro fuori dalla borsa una palandrana comprata al mercato nero sul marciapiede per 200 rupie (meno 50 rupie che mi sono state rimborsate quando l’ho riportata indietro).
Con la tunica indosso e il daily pass in tasca, a quel punto, mi hanno portato all’Information center dove ho scoperto che lavora la mia affittacamere tedesca. Ho avuto pero’ la sensazione che non era troppo contenta di far sapere il suo business ai compagni sanyasi. Mi hanno fatto leggere due pagine di regolamento e dato un libretto di istruzione in italiano per i corsi di meditazione che mi sono letta davanti a un croissant al cioccolato comprato al Buddha Caffe’ circondata dai compagni sanyasin in pausa-caffe’ e da un pavone affamato che mi guardava minaccioso. (segue domani)

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