Kabir Bedy ed Adolfo Celi, rispettivamente Sandokan e Lord James Brook, nel celebre film di Sergio Solima del 1976 “Sandokan” – foto by www.ivid.it
7 NOVEMBRE – Tra le prime quattro cose su cui una persona deve riflettere in un momento come questo di precarietà e di instabilità, ci metterei assolutamente la conoscenza della lingua inglese. L’Italia ha moltissimi aspetti particolari tipici della nostra cultura, che riflettono la nostra bellezza agli occhi del mondo circostante, ma di certo non si può dire che vi sia un insegnamento della lingua inglese all’altezza delle attuali aspettative mondiali ed in linea con la crescente comunicazione e relazione internazionale fra Paesi sviluppati e non. Uno studente italiano in età adolescenziale, ha una cultura della lingua inglese ben al di sotto della media europea (basti pensare a nazioni come la Germania, l’Olanda, gran parte dell’Est Europa e degli stati Nord Europei). L’Italia ha una visione estremamente “primitiva” dell’insegnamento della lingua inglese: nella quasi totalità delle scuole primarie e secondarie italiane gli insegnanti di inglese non sono madrelingua, hanno circa 3 ore di lezione alla settimana e molti di loro tendono ad insegnare soltanto la grammatica e la sintassi delle frasi agli alunni, puntando solo sulla scrittura e sulla comprensione di essa e non incentivano loro alla pratica orale, al dialogo esclusivamente in inglese all’interno della classe, a tutte quelle abilità che sono maggiormente necessarie nell’apprendimento di una lingua e che permettono una continua elaborazione del suono della lingua, affinché si possa comprendere il significato dei discorsi e per esercitare l’alunno a parlare in una corretta modalità di espressione, che permetta l’elaborazione di frasi esatte e pronunciate nella modalità giusta. Sono arrivato in Asia circa da due settimane, esattamente in Malesia, per lavorare in una Ong che ospita volontari da ogni parte del mondo, convinto di avere con me un inglese all’altezza della situazione, essendomela sempre cavata a scuola e avendo sempre cercato di mantenere vivo l’interesse nella lingua al di fuori delle lezioni scolastiche. Mi sbagliavo, ovviamente. Le differenze sono tante: qui in Malesia, in quasi tutta l’Asia, l’inglese lo apprendono come noi a partire dall’elementari ma le ore settimanali di lingua sono almeno il doppio. Ciò che fa veramente la differenza però è che l’intera popolazione è continuamente sottoposta all’apprendimento della lingua: ovvero, la lingua locale è affiancata dalla traduzione in inglese. Film, cartelli stradali, programmi televisivi, giornali, nei ristoranti, nei negozi, negli uffici, sui trasporti pubblici, insomma tutto è scritto in inglese oppure è tradotto affinché si possa avere la stessa versione della frase anche in inglese. Quindi lo stimolo a convivere con un’altra lingua diversa dalla tua, in tutto quello che fai durante la giornata, ti permette di assimilare, anche inconsciamente, apprendendo dall’ambiente circostante. Gli abitanti della Malesia vedono il nostro Paese come la terra della ricchezza e del benessere, delle donne bellissime, dell’arte e della cultura. E non è facile spiegar loro che hanno qualcosa in più di noi che gli invidiamo tantissimo ed è la conoscenza dell’inglese, che ti permette di girare il mondo, conoscere persone diverse e ti apre l’accesso al mondo del lavoro. Per come si stanno mettendo le cose nella nostra terra delle ricchezze e del benessere, queste sono le prime quattro cose sulle quali un giovane deve riflettere.
Federico Trevisani
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