Beckett, con Aspettando Godot, ci insegna che, comunque, inevitabilmente, anche il più abile interprete dell’esistenza, prima o poi finisce con il trovarsi solo o, con il proprio compagno o compagna di viaggio, come Vladimiro ed Estragone. Ad aspettare. A cercare rifugio in qualcosa che è estraneo a sé stessi. E che costituisce lo scopo e la fine di tutto. Che da un senso all’esistenza.
Vladimiro lo ripete spesso all’amico Gogo (Estragone): “[…] Almeno è servito a far passare il tempo” . Si spiegano così il riso ed il pianto. Gli scatti d’ira. Si spiega così la noiosissima pedante attenzione ai dettagli della quotidianità. Si spiega così perché anche una vita con tanti progetti non ha mai un obiettivo.