Aspettando godot: beckett, rimandapiaceri e bianconigli

Creato il 07 maggio 2014 da Postpopuli @PostPopuli

di Chiara Daino

«Né futuro né passato esistono.

È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa».

[Agostino d'Ippona]

PRESTO CHE È TARDI

La dea Kālī (da Wikipedia)

«Io sono un rimanda piaceri, lo sai». E le conversazioni di sempre con l’amico da sempre si concludono sempre così. Lui aspetta, Lui pratica l’Arte del Ragno in mistica pazienza quasi ascetica. Io sono l’urgenza di Kālī monca di mani e di tempi – supplementari; io sono l’irrequietezza di una coscienza insoddisfatta; io sono la primula attempata che dice vecchia ogni nuova ruga; io sono quella fastidiosa e molesta: «l’apatia è una posa da poeta in cerca di medaglia! L’attesa ch’imbelletti da fatalità è paura ruvida! Chi mugugna e basta rimesta la minestra dell’antico alibi. Cosa aspetti? I miracoli sono come i treni: per prenderli e non perderli basta adattarsi – ai misteri. Della fede e delle ferrovie. Cosa t’immummia il piede? Gli acari secolari delle bibliografie psichiatriche? L’avorio di una torre senza campanello? La fine del mondo? Quale ferro necessita il tuo zoccolo? Un posto giusto nel giorno sbagliato? Un karma ripulito per una vita nova? Un deus ex machina? Un calcinculo? Cosa? Cosa frena il rimbocco della manica? Perché reprimi l’incoscienza incanalata dell’Animale con Ratio e Anima? Non è divertente essere la spina nel fianco: «Giacomo, è tutto lì, è tutto pronto! Ti decidi o no? Affronta il Mondo Disco!»

Nata sotto il segno del Bianconiglio – l’ossessione mantrica di quell’assillante «È tardi! È tardi! È tardi» m’impronta – dal primo bernoccolo: «tuo fratello sembrava deciso a indugiare ancora quattro o cinque mesi, così, per ponderare con calma se fosse un’idea davvero buona abbandonare l’utero; tu hai tentato di schizzare fuori mentre sbrigavo le faccende domestiche! Sospetto volessi risparmiare tempo e fatica giacché, lavando i pavimenti, la rottura delle acque non avrebbe stravolto il mio quotidiano».

E quotidianamente rimiamo ferite di scadenze, pendenze, tempistiche: le mie bolle di sapone meritano più tempo di ogni cena o cenone; adepta dell’ultimo minuto – prima m’appendo al fantastico con un bambino, poi termino un articolo non retribuito. Il mio polso è nudo d’orologio e mi riciclo nel marchio:

“Jenny odiava gli orologi: esibiva una meridiana, in cantina, al buio, per protesta. A pendolo, da polso, cipolle, al quarzo, da muro, da tavolo, solari, a cristalli liquidi, elettrici, d’oro, a cucù: lotta dura senza paura a tutti.” Gli orologi odiavano Jenny: la controllavano, con occhi tartagliani, stilliciferi. Le lancette? Sentinelle in marcia perenne: ri-tàr-do, ri-tàr-do, un-due-tré, ri-tàr-do… Ogni secondo esploso dai quadranti intonava la sonata del ritardo. Caduti in numero non pervenuto si erano immolati per farle capire: accettare bioritmi universali, mondo formato di persone. Ogni volta che l’aspettavano, erano certi che si sarebbe presentato Godot ma no – lei, no. Sara aveva studiato uno stratagemma da stratega, per combattere Strega Avversa (alla puntualità): una formula che potesse prevenire l’attesa inflitta da Jenny ai nonJenny: xh (-2h -3m -40m -3m -15m -3m -10m ≈ -t/d) = yh x (ora dell’appuntamento) - 2 (ore di dispersione Chiara Daino 92 varia del soggetto) -3 (minuti pausa sigaretta) -40 (minuti crisi di panico per il ritardo accumulato causa dispersione precedente) -3 (minuti pausa si­garetta) -15 (minuti di telefonata per giustificare il ritardo) -3 (minuti pausa sigaretta) -10 (minuti circa per rendersi conto di aver sbagliato autobus) -t/d (minuti/distanza casa di Jenny/luogo dell’incontro) = y (ora da indicare a Jenny)».

LET’S DO THE TIME WARP AGAIN

«Ti vedo solo con lo scorrimento lento». E Rewind di Vasco diventò la dedica del mio vivere Fast Forward, Fast and Furious: in corsa e di corsa, travolta e stravolta, attrita ed attratta, sul piano inclinato della fretta… Io sono tra quelli che non sanno attendere e non vogliono aspettare. ATTENZIONE, mio geniale Lettore, non elogio lo *logoro e abusato* CARPE DIEM! A Teatro è legge: «per quando deve essere pronto? Per ieri». L’inazione è una bestemmia come l’accidia, la calma è una vacanza dall’umanità; l’inerzia non è mai resistenza, sì come la montaliana indifferenza. In realtà si è passivi e passivanti solo quando abitiamo una scusa superlativa.

QUAL È IL TUO GODOT?

Aspettando Godot:Teatro dell’Assurdo = Smoke on the water: Rock. L’equazione è semplice ma mai facile o felice, mio Lettore Geniale. Aspettando Godot, più che Teatro dell’Assurdo, è Teatro dell’Assoluto, absolutus, sciolto da ogni vincolo – temporale, sociologico, geografico. Aspettando Godot è la spina dorsale dell’Umano e dell’Eterno; è l’archetipo rosso di ogni artista vero. La differenza cardinale tra il mito e la storia è che la storia saltella dalla candela al faretto sul soffitto dell’Enterprise restaurata – il mito è luce fissa, condicio che non cambia.

E pixel e parole per comunicare cosa? Aspetta e spera che poi s’avvera e Renzo [forse] è lo stesso di Lucia: Arbore ed albore; sperare e desiderare. Godot è simbolo ed è pendolo: cosa/chi aspetti? Dalla culla alla bara come ciondola l’esistenza? Per un musicista Godot è un contratto con una major; per un poeta Godot è il terzo lettore; per altri Godot è un abbraccio, uno stipendio minimo, un bar in Messico [il GODOT meno originale della storia], un gesto una flebo; un capibara un amico…

IO NON TI ASPETTO PIÙ

E ritorna Vasco come storia [personale e musicale], ritorna con Lolli. L’eterno ritorno di chi canta il mito – del nostro essere: bipede mammifero, con paturnie da angelo….

Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot,
dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d’aprile non so,
mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però
invece di poppare io aspettassi Godot.

Nei prati verdi della mia infanzia,
in quei luoghi azzurri di cieli e acquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.

L’adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un angolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere io aspettavo Godot.

Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però,
non mi muovevo e aspettavo Godot.

Ma se i sensi comandano l’uomo obbedisce,
così sposai la prima che incontrai,
ma anche la notte di nozze però,
non feci altro che aspettare Godot.

Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera,
ma invece di farlo giocare un po’,
io uscivo fuori ad aspettare Godot.

E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però,
per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.

Sono invecchiato aspettando Godot,
ho sepolto mio padre aspettando Godot,
ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.

Sono andato in pensione dieci anni fa,
ed ho perso la moglie acquistando in età,
i miei figli son grandi e lontani però,
io sto ancora aspettando Godot.

Questa sera sono un vecchio di settant’anni,
solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non voglio più aspettare Godot.

Ma questa strada mi porta fortuna,
c’è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire,
senza aspettare che arrivi Godot.

Ma l’abitudine di tutta una vita,
ha fatto sì che ancora una volta,
per un minuto io mi sia girato,
a veder se per caso…

Godot era arrivato?

La morte mi ha preso le mani e la vita,
l’oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può,
coprirsi le spalle aspettando Godot.

Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot,
E HO INCOMINCIATO A VIVERE FORTE,
PROPRIO ANDANDO INCONTRO ALLA MORTE

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