Aspettando il titolo

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

Ho un curioso bisogno, quando si tratta di mettermi a scrivere per iniziare un nuovo romanzo o anche solo un racconto: partire dal titolo. E’ sempre successo così, ogni volta in cui mi sono apprestato a cominciare un nuovo lavoro di creazione narrativa.
“Il cosmo secondo Agnetha” non ha cominciato a girare a dovere finché, chissà quando chissà dove, quelle quattro parole non mi sono sbocciate da sole nella mente (e no, non conoscevo ancora minimamente l’opera di John Irving dal titolo molto simile) togliendo il tappo alla bottiglia della mia creatività e lasciando che le idee fluissero libere.
Ed è andata allo stesso modo per tutti gli altri miei scritti, editi ed inediti.
Così sono certo che un giorno, mentre starò pensando a tutt’altro, mi si accenderà in testa la lampadina del titolo per il romanzo sul quale mi sto arrovellando da parecchi mesi, e per il quale ho riempito paginate di appunti preliminari trovando già il nome e le identità dei personaggi, e le ambientazioni, e le atmosfere, e tutti gli ingredienti-base della trama. A quel punto, il resto delle parole seguirà con una certa facilità.
Perchè trovare un titolo a una storia, poche lettere capaci di riassumerne tutta la trama e lo spirito che in essa aleggia, almeno per me, è già aver compiuto una buona metà del lavoro. Quando ho un titolo che mi convince, e che al solo vederlo composto sul foglio elettronico mi sembra di aver già partorito tutto il romanzo, il resto è solo questione di tempo, di ore passate al computer, di frasi scritte, riscritte, corrette e limate di fino per renderle al meglio possibile, di colpi di genio e ripensamenti che ti fanno prima amare un capitolo alla follia e magari dopo due giorni ti portano ad odiarlo con altrettanta foga.
Ma questi sono solo dettagli, il normale métro-boulot-dodo del romanziere, della frustrazione della pagina bianca, del paragrafo che lì per lì non ti viene come avresti voluto o dell’idea narrativa che ti manca per far andare avanti la storia in maniera interessante, non prevedibile e allo stesso tempo in grado di reggere nella struttura del plot. Sono insomma le naturali difficoltà del mestiere dello scrittore, le pratiche faticose ma indispensabili a cui chiunque decida di mettere insieme un libro non può pretendere di sottrarsi.
Io insomma funziono così: devo trovare un titolo che mi convinca fino in fondo, per rendermi davvero conto che un progetto di romanzo esiste davvero, è concreto, fattibile, degno di investimento.
Per questo, allo stato attuale delle cose, non posso far altro che dedicarmi ad attività lontane anni luce dalla scrittura, andare in palestra, dormire, cucinare un timballo di riso (cosa che mai mi riuscirebbe) o anticipare le pulizie di primavera, insomma smettere di pensarci in modo da far sì che questo famigerato titolo sia libero di arrivare quando e come meglio crede lui, trascinandosi dietro tutto il mio terzo romanzo.