Altro aspetto è il mercato del lavoro. Negli ultimi dodici mesi l'occupazione è cresciuta mediamente di circa 240 mila unità al mese, comprimendo il tasso di occupazione al 5.1%. Tuttavia esiste ancora un ampio bacino di sottoccupati e la dinamica dei salari rimane modesta al punto da allontanare i timori di inflazione salariale. Inoltre i prezzi bassi delle materie prime hanno spinto verso il basso le aspettative di inflazione. Molti commentatori sostengono che l'avvio del percorso di normalizzazione dei tassi di interesse sarebbe un segnale che testimonierebbe la forza dell'economia Usa, oltre che necessario per ridurre la leva e la speculazione sui mercati e ripristinare livelli di tassi tali da conferire alla banca margini di intervento in caso di rallentamento dell'economia o di recessione.
A sostegno del differimento della stretta monetaria ci sono, principalmente, non pochi scenari internazionali che appaiono ben meno rassicuranti. Come abbiamo già detto in un recente articolo esistono rischi significativi che incidono sulle prospettive di crescita dell'economia globale: il rallentamento dell'economia cinese che potrebbe essere superiore alle attese, il crollo dei prezzi delle materie prime che incide sui bilanci dei paesi esportatori, la debolezza delle valute emergenti che rende più difficoltoso il rimborso di prestiti contratti in dollari Usa, l'elevato livello di indebitamento dei paesi più sviluppati che frena la crescita di queste economie.Inoltre, i mercati emergenti si trovano ad affrontare condizioni finanziarie decisamente più restrittive per via delle aspettative di aumento dei tassi Usa che hanno incoraggiato deflussi di capitale e riserve determinando una contrazione dell'offerta di moneta. Questi rischi, nelle ultime settimane, hanno alimentato forti tensioni sui mercati finanziari a livello globale. Anche se si sta assistendo ad alcuni segnali di stabilizzazione, la volatilità rimane alta e il sentiment degli operatori resta fragile. Alcuni membri del FOMC sostengono che il costo dell'attesa è comunque inferiore al costo di aumentare i tassi troppo presto e dover quindi invertire la rotta successivamente. Tuttavia, come detto, il basso livello dei tassi di interesse pone dei limiti alla politiche monetarie delle Fed che, in caso di necessità, sarebbe "priva" di munizioni qualora dovesse verificarsi una nuova recessione. Oltre alla decisione sui tassi, particolare importanza assumerà il tenore del comunicato stampa che accompagnerà la decisione del FOMC. Come già affermato in altri post nei mesi scorsi, a parer di chi scrive, allo stato attuale, è confermata l'opinione secondo la quale il percorso di normalizzazione dei tassi sarà assai moderato e soprattutto ben dilatato nei tempi.