Assault Android Cactus - Recensione

Creato il 07 marzo 2016 da Lightman

Dall'Australia arriva un Twin Stick Shooter capace di distinguersi per qualità e freschezza delle idee proposte. Un titolo in grado di coniugare tradizione e sperimentalismo, per un risultato che esalterà ed entusiasmerà i fan del genere.

Versione analizzata: Playstation 4

Articolo a cura di Dario Bianchi

    Disponibile per:
  • PSVita
  • Wii U
  • Pc
  • PS4

Dario Bianchi Accanito videogiocatore dall'età di 6 anni, Dario adora le emozioni e le forti suggestioni trasmesse dal mezzo videoludico. Quando non impugna un pad si dedica alla lettura, alla birra e al rock, accompagnato dalla sua amata Fender Telecaster! Lo trovate su Facebook e Twitter.

Il genere dei Twin Stick Shooter vanta un numero eccezionale di esponenti, alcuni dei quali analizzati proprio negli ultimi mesi qui, sulle pagine di Everyeye. Titoli più o meno riusciti, capaci di catturare lo spirito arcade di una tipologia di sparatutto dove lettura del campo di battaglia e sincronizzazione di movimenti e mira giocano un ruolo fondamentale. Nessuna delle produzioni più recenti è stata però in grado di apportare idee originali ad una formula di gioco oramai collaudata: in molti infatti hanno preferito giocare sul sicuro, limitandosi ad intervenire sui tanti tratti tipici del peculiare mix di piombo e infinite orde di nemici senza esporsi a grandi rischi. Ma si sa, il successo spesso procede di pari passo con l'ambizione, un dualismo che i ragazzi di Witch Beam sembrano conoscere molto bene. Dopo aver deliziato l'utenza PC lo scorso settembre, il team australiano è pronto a portare Assault Android Cactus anche su Ps4 (seguita poi da Ps Vita e Wii U), proponendo un Twin Stick Shooter capace di interpretare con massima efficacia i canoni tipici del genere, impreziosendoli con un bagaglio di trovate che non lasceranno indifferenti gli amanti dell'azione in salsa arcade.

Quattro androidi ed un'astronave

L'unità d'assalto cibernetica Cactus intercetta un SOS durante una delle sue pattuglie nello spazio profondo: il mercantile interstellare Genki è stato attaccato da un'orda di robot assassini, intelligenze artificiali sino a quel momento occupate nella manutenzione del cargo, ed improvvisamente impazzite. L'origine del virus viene attribuita al Core Nexus, potente IA a capo del trasporto, che dev'essere quindi raggiunta e spazzata via così da eliminare il pericolo incombente. Con queste semplici premesse narrative Assault Android Cactus presenta il team di androidi che avremo modo di comandare, composto inizialmente da quattro simpatiche unità tra cui scegliere. Ciascun personaggio vanta modalità di fuoco personalizzate, ognuno caratterizzato da un'arma primaria e da un'abilità secondaria grazie alle quali interpretare le tante battaglie che ci attendono in maniera sempre diversa. Accolti da una mappa tridimensionale dell'astronave che funge da HUB, muoveremo i primi passi dirigendoci su di una delle tante piattaforme di trasporto, portali grazie ai quali accedere ai vari stage. Il gameplay di Assault Android Cactus, sulle prime, non sembra presentare novità di grande rilievo: scesi in campo in una delle arene iniziali dovremo resistere ad ondate su ondate di nemici, per poi procedere al livello successivo. Eppure le peculiarità del titolo non tarderanno a mostrarsi, come suggerito già dal ritmo degli scontri: ogni avversario distrutto lascerà infatti cadere delle sfere bianche, necessarie per potenziare l'arma primaria con tre upgrade progressivi, utili esclusivamente per la durata del singolo stage. Quando la nostra barra vitale scenderà a zero tali progressi accumulati verranno però persi, costringendoci ad una nuova corsa alla sfera luminescente: tuttavia, pur venendo sconfitti, il game over sembrerà solo uno spettro lontano, dal momento che potremo riavviare i nostri circuiti quante volte desideriamo. Se però credete che il livello di difficoltà del titolo sia tarato verso il basso dovrete presto ricredervi: a determinare i nostri successi interviene infatti la batteria dell'androide, una barra da tenere costantemente sott'occhio e da rimpinguare con determinati drop ottenuti dagli avversari, e che una volta esauritasi ci costringerà a riavviare il livello. Non mancano ovviamente i tradizionali upgrade ai quali il genere ci ha abituato: i moduli rossi evocheranno due droni di supporto, aumentando a dismisura il nostro volume di fuoco, i moduli blu paralizzeranno tutti i nemici presenti su schermo, mentre i moduli gialli ci doteranno di una velocità fuori dal comune, oltre all'abilità di attrarre sfere bianche e ricariche batteria dalla distanza. Il colore del modulo comparso varierà ad intervalli regolari, ed in molti casi sarà necessario trattenere la propria foga e pazientare piuttosto che lanciarsi al recupero di un upgrade non utile in quel determinato momento della battaglia. Il design di Assault Android Cactus è quindi stato studiato con particolare cura ed attenzione, restituendo un'esperienza assolutamente profonda ed incredibilmente tattica, in cui il ritmo degli scontri ruota attorno alla necessità di potenziare la propria arma primaria il più rapidamente possibile, ma sopratutto di conservarne il potere offensivo evitando la morte.

Nel contempo, le dinamiche legate alla batteria quale vera e propria barra HP invitano il giocatore ad una mobilità molto sostenuta, che spesso costringerà a correre grandi rischi nel tentativo di allungare i tempi d'autonomia del proprio avatar. La possibilità di scegliere tra ben nove androidi differenti, ciascuno legato ad uno stile di gioco ben diverso a causa dell'arsenale equipaggiato, trasforma Assault Android Cactus in un concentrato di immediatezza e complessità tattica, in cui ogni sconfitta maturata sul campo viene sempre accompagnata da un'insana dose di divertimento ed esplosioni. Ma la grandezza del titolo Witch Beam risiede innanzitutto in un level design molto ispirato, creativo, e perfettamente integrato nelle dinamiche di gameplay sopra citate: se i primi stage colpiscono semplicemente per una conformazione dell'arena piuttosto irregolare e a tratti inusuale, aspettate di giungere alla seconda sezione della nave per avere un quadro più completo. Il team si è scatenato, e ha preparato livelli in cui ci ritroveremo al buio ad intervalli regolari, con la sola torcia a rischiarare le pareti metalliche del cargo, stage in cui adoperare armi attivabili transitando su determinate piattaforme, campi di battaglia pieni di pericoli ambientali in cui porzioni di pavimento scompaiono e riappaiono regolarmente, oppure divengono incandescenti e costringono a variare il proprio percorso, giocando col nostro senso dell'orientamento, come accade quando magari si finisce su uno dei rulli che modificano la traiettoria dei nostri spostamenti. Insomma, il level design del titolo è certamente elemento da lodare, non solo per la varietà di situazioni che vengono offerte nel corso della campagna principale, ma anche per l'efficacia con cui tali idee vengono perfettamente poste al servizio del gameplay, con un risultato che esalterà e compiacerà non solo gli amanti del genere, ma anche tutti coloro che desiderano avvicinarsi per la prima volta a questa tipologia di sparatutto arcade.

Dall'Australia con furore

Un tale quadro di eccellenza viene completato grazie alle immancabili boss fight, cinque in totale: il numero di "super scontri" potrebbe sembrare esiguo, ma il team si è duramente impegnato nel rendere ognuna di queste battaglie indimenticabile. Ancora una volta i ragazzi australiani si dimostrano maestri nel confezionare sessioni di gioco perfette per ritmo e progressione, per dei testa a testa molto impegnativi che vi costringeranno a memorizzare i pattern d'attacco dei nemici, e a confrontarvi non solo con il fuoco del boss ma anche con una rete di trappole che ciascuno di questi super cattivi può disporre sul campo. Un campo di battaglia nel quale non riuscirete mai a trovare una "mattonella" sicura e la cui fisionomia verrà progressivamente riscritta, ancora una volta giocando con l'orientamento e la mobilità dell'utente: un climax che culminerà in una battaglia finale tosta come non se ne vedevano da tempo.

L'assalto alla Genki è stato ricostruito grazie all'uso dell'engine più in voga del momento, ovvero Unity: il comparto tecnico del titolo non fa gridare al miracolo, con una modellazione poligonale buona e una qualità delle texture convincente, per prestazioni che però non riescono sempre ad assicurare i 60 FPS, sopratutto nelle situazioni più caotiche, in cui fa capolino anche un fastidioso tearing. Nulla che impedisca di godere di quanto di ottimo il titolo ha da offrire, sia chiaro, ma è inevitabile affermare che il profilo tecnico di Assault Android Cactus mostri il fianco a qualche critica: a metterci una pezza interviene una direzione artistica convincente, che unisce sapientemente lo stile super deformed del character design alle influenze di molte produzioni nipponiche, sopratutto per quanto offerto dal parco armi e nemici. Il bilanciamento dei nove alter ego controllabili non risulta perfetto, con determinati personaggi certamente più efficaci di altri; piccolo difetto che limita la varietà di un cast globalmente ben concepito, quantomeno in fase concettuale. In chiusura, oltre alla campagna single player (la cui durata si aggira intorno alle 3-4 ore) troviamo una boss rush mode, ladder quotidiane online, l'Avventura infinita (ovvero la classica Sopravvivenza) e la coop locale per quattro giocatori, oltre a tutta una serie di sbloccabili tra i quali non possiamo non segnalare le "opzioni EX". Questi modificatori acquistabili con valuta in game non solo variano la qualità dell'immagine grazie a numerosi filtri, ma rimescolano completamente le carte del gameplay, trasformando il gioco in un FPS, permettendo di giocare al fianco di un compagno comandato dalla CPU o eliminando completamente l'HUD a schermo.

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