Assemblea Pd, ammazzate oh

Creato il 06 ottobre 2012 da Albertocapece

“Se usciamo bene da questa vicenda a noi non ci ammazza più nessuno”, così dice Bersani col giusto orgoglio di chi voleva un partito come una bocciofila e quanto meno il linguaggio è riuscito a conservarlo. La buona novella che il segretario lancia all’assemblea del Pd è sostanzialmente che si è evitata una scissione: dunque molti conserveranno il loro posto in Parlamento e molti altri  il  piccolo o grande potere locale. Renzi infatti è stato accettato come candidato alle primarie, anche se ha snobbato l’assemblea rimanendosene nel pullmino, segno più che evidente di essere interessato al Pd solo nella misura in cui ne può sfruttare le spoglie. Ma il disastro è stato evitato.

Però si può uscirne bene quando in un momento drammatico per il Paese il maggior partito politico riunisce i suoi stati generali senza parlare nemmeno un minuto di politica vera e dei problemi che incombono? Può anche darsi che il suicidio sia una buona tattica per evitare che qualcuno ti ammazzi, ma si è morti lo stesso. L’hotel Ergife, dove si è svolta l’assemblea, non porta certo bene, è stato uno dei luoghi dove si è consumato il dramma e la farsa della prima repubblica  e vedere un partito del tutto separato dalla realtà del Paese intento solo a dirimere le sue vicende interne è penoso. Badate il senso stesso di questa assemblea dimostra la separatezza ormai incolmabile dell’apparato dalla base elettorale: infatti i  mille delegati (ne erano presenti oltre 600) eletti con le primarie del 2009 sono stati chiamati a modificare ciò che milioni di persone avevano deciso: cioè che Bersani fosse il segretario del partito e il candidato premier alle elezioni. Vale a dire che il voto della base scade come il latte fresco e quello del gruppo dirigente ha la persistenza di una scatoletta di simmentahl: dal momento che  i rapporti di forza sono cambiati, che altri personaggi sono all’orizzonte, quella monumentale assemblea che ormai rappresenta solo se stessa, ha cambiato l’articolo 18 dello statuto per permettere la corsa a Renzi.  Sta diventando un vizio, ma in questo caso, al contrario di quanto è avvenuto per lo statuto dei lavoratori, la regola è stata sospesa “temporaneamente.” Proprio così, anche se può sembrare incredibile, temporaneamente. Dice il segretario che “il mondo ci guarda” e forse, chissà, ci saranno state dirette anche in Indonesia, ma ciò che conta è come si guarda, magari alle volte sarebbe bene non farsi riconoscere.

Insomma lo statuto è a la carte. E  questo orrendo pasticcio viene rappresentato come prova di maturità da un apparato che nemmeno è sfiorato dalle idee, che ormai ha persino dimenticato che esistono, ma è terrorizzato solo dal timore di una scissione che ne comprometta le possibilità di rielezione. E mica è finita perché ci vorranno settimane per contrattare le regole delle primarie: l’assemblea in realtà è appena cominciata. Ci saranno altre prove di grande maturità intanto che il Paese va a remengo secondo i sublimi dettami della finanza: i cittadini e la democrazia reale li si ammazza facilmente.


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