Poesie di un giovane, molto giovane. Ma con le idee chiare! Chi sono gli assenti ingiustificati? I meno giovani? I padri? Questa è la cosa bella di Simone: è un giovane che critica il mondo, il mondo in cui è appena venuto, che è tutto storto; ma questo è il bello: lui non si tira fuori, ci si mette anche lui, nel mondo. “Assenti ingiustificati” sono tutti, “siamo” tutti. Anche un giovane appena venuto, anche lui è assente ingiustificato. E ecco, allora, non c’è solo “la condizione giovanile oggi” in questo libro, o meglio c’è, ma c’è anche altro, c’è uno sguardo vero sul mondo, sull’uomo, su tutto, uno sguardo per giovani e meno giovani, per vecchi e per bambini. “Si dovrebbe chiedere alle cose / Di cosa hanno bisogno per nominarsi meglio”. Simone comincia da un luogo inatteso, che spiazza: la lingua. Perché tutti hanno ricette per raddrizzare il mondo: si dovrebbe far questo, quest’altro, toglier questo, metter quest’altro…, tutti si riempiono la bocca… ma nessuno pensa alla lingua. Ci pensava il grande, antico filosofo Confucio, oggi più attuale che mai, che parlava di “raddrizzamento dei nomi”, e identificava la sincerità tra parola e cosa con la Via, il Tao da cui tutto è generato (“Se non ci fosse la sincerità non ci sarebbero gli esseri”, diceva), fuoco etico e al tempo stesso politico, sociale, buon governo di se stessi nel mondo. Simone sa bene che la lingua non è solo “strumento comunicativo”. Sa anzi che ridurla a questo è la peggiore barbarie. Simone non vorrebbe più comunicazione, ma più umanità: “Vorrei ci fosse più / Difficoltà / Nella comunicazione”. Spiazza perché abbatte il mito della comunicazione facile, sbandierato dalla pubblicità e dai media: “vorrei che il loro [dei bambini] italiano non fosse perfetto / lasciando nitida la cadenza / tra il dialetto di una terra / e il riverbero del qualcosa che ci ha partoriti”. C’è nella lingua, dice Simone, qualcosa che ci precede e ci supera, e anche nella terra dove questa lingua si impasta. Qualcosa che ci riguarda molto perché “ci ha partoriti”, e ha a che fare con noi, con il cuore di noi, della nostra umanità. Alle origini della nostra lingua e della nostra civiltà, noi chiamammo tutto ciò con una parola: gentilezza. Questa parola apparve nella nostra poesia, che fu subito grandissima, con lo Stilnovo, Dante e Petrarca; fu la parola centrale dell’Umanesimo e del nostro Rinascimento. E dice Simone: “se ci si vestisse di gentilezza”. E dice poi anche, poco più avanti: “se il Pil si fondasse sul benessere e mai il contrario”. Vedete con quale semplicità linguistica, una semplice inversione di parole, ci fa vedere come siamo noi storti, come noi pensiamo stortamente pur senza accorgercene, anzi pensando di pensare nel modo più semplice e naturale, dando per scontata e vera la stortura, il rovescio, seguendo le parole che si orecchiano, che rimbalzano da ogni canto della civiltà mediatica, come un ron ron, il battito d’un tamburo che ci ipnotizza. E penso a un’altra inversione, che incontriamo subito nella prima poesia: “identità di carta”. Come possiamo noi, con le nostre identità di carta, essere “presenti”? Come possiamo non essere assenti, e per di più ingiustificati? Abbiamo marinato la scuola, e non abbiamo la giustificazione. Possiamo fare solo una cosa: andarci, finalmente, a scuola. Sedersi su un banco, stare zitti, e imparare. Essere tutti come allievi, tutti giovani come Simone, appena entrati nel mondo.
Claudio Damiani
MENO FACILE
Vorrei ci fosse più difficoltà nella comunicazione,
che qualche messaggio
arrivasse di tanto in tanto in
ritardo,
vorrei poter raccontare di aver scritto una
lettera
– d’amore, di poesia, a mano –
vorrei che i bambini
non si parlassero al telefono
che avessero di meglio da colorare,
vorrei che il loro italiano non fosse perfetto
lasciando nitida la cadenza
tra il dialetto di una terra
e il riverbero del qualcosa che ci ha partoriti.
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INFANTICIDIO
Quando avevo otto anni
– forse otto e mezzo o tre –
mi hanno insegnato
che bisognava crescere,
diventare adulti,
giocare presto a fare i grandi.
Ho perso il riflesso dei colori negli occhi
ma riesco a vedere
che oggi quei grandi
continuano a giocare in cortile
con le macchinine,
a guidare treni superveloci,
a rincorrersi in guardie-e-ladri,
a perdere al Monopoli.
È stata la bicicletta a due ruote
a consigliarmi
di non avere paura del coraggio,
che per non cadere
l’equilibrio è un maestro corrotto
perché basterebbe appena pensare
che ci sono sentieri anche nell’aria
e nelle bollicine.
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ASSENTI INGIUSTIFICATI
Adesso sono tutti bravi,
sono bravi tutti
con la bacchetta
a spiegare i condizionali
i periodi ipotetici di morte
le teorie, che sono regola.
Ma gli uomini non sono bravi,
non sono affatto bravi,
sono eterni ripetenti.
Bisognerebbe bocciarli tutti alle elementari,
bocciarli tutti nelle cose elementari
le medie le potranno pure passare,
per non parlare delle superiori
delle cose superiori,
nessuno dovrebbe essere laureato
neppure gli dei lo erano
(non ricordo che Zeus
avesse discusso una tesi in cosmologia)
qua l’unica pluridecorata è la natura
che impartisce lezioni
a scolari distratti
e assenti ingiustificati.
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PRIMA DELLA TV
Quando mio padre
siede a tavola
è l’unico trono per sentirsi re.
E quando siede a tavola
senza proferire parola
noialtri guardiamo a sinistra
rivolti a un televisore schermopiatto,
in un’apnea spastica
pronta a raccogliere domestiche ultim’ora.
Mi chiedo cosa guardassero,
contro chi comunicassero il silenzio
figli e mogli dell’era antetelevisiva,
quando padri e mariti
erano un televisore col tubo catodico
e cambiare canale
era il profondo corridoio
che dava sulla stanza dei vecchi.
_
COMPLICE
È giusto così
è giusto che la felicità non si faccia trovare
che la felicità non si trovi
in alcun posto e dovunque.
È giusto che la felicità si trovi
nelle soste lungo l’arduo viaggiare alla ricerca di lei
nelle pause dal respiro corto
nelle distanze da percorrere alla meta.
È giusto così
è giusto che la felicità non sia l’inizio
né la fine
che lasci sangue sulla lama del coltello,
un’impronta sotto le suole delle scarpe.
_
ARRINGHE
A quanto ammontano
i danni mortali?
In cosa constano
i morali danneggiati?
A quanti euro corrispondono
le moralità dannose?
Di quali parole sono imbalsamate
le arringhe degli avvocati,
chi pagherà i danni alla lingua
alle persone fisiche
chi sarà il moroso che non ama
o il secondo comma in stato vegetativo?
Certi nomi grossi
suggeriscono
comportamenti da tenere per legge
dichiarazioni fittiziamente false
procedure di riscossione:
il processo è aperto,
le parti l’una all’altra opposte,
la battaglia finisce su carte bianche
dalla rilegatura operata a macchina.
Prego, una firma qui…
_
GRAVITÀ
E se un giorno
un Galileo con l’iPad
scoprisse
che questa luna piena
attrae tutti i nostri corpi
come tanti mari umani
con tutta l’acqua dentro noi,
che il nostro vivere
coi piedi per terra
sia solo un quotidiano cocciuto tentativo
di opporre forza alla gravità,
alla gravità di tutte le nostre vicende.
E se un giorno
tutti scoprissimo
che è polvere di stelle
quella che si posa negli angoli dimenticati
E che sulla luna ci siamo sempre stati…
*
Simone di Biasio “Assenti ingiustificati”
Edilet – Edilazio Letteraria – Roma, 2013
Simone di Biasio è nato a Fondi, in provincia di Latina, nel 1988. Laureato in Comunicazione a “La Sapienza” di Roma, è giornalista pubblicista e lavora come ufficio stampa per eventi ed Enti pubblici e privati. È tra i fondatori dell’Associazione “Libero de Libero”, nella quale riveste la carica di Presidente.