L’orrore e la fatalità hanno teso agguati in ogni tempo. La storia dell’umanità, temprata e avvilita nel tempo è calpestata da eventi dominati da catastrofi naturali.
Nei giorni che seguono ogni tragica conclusione, c’è sempre qualcuno che implora. Mentre altri si prodigano, per prima, a giudicare, per poi finire col credere ancora di essere i primi della classe. Fra questi, ce ne sono tanti che da sempre si gonfiano come palloni, autoconvincendosi di essere, tra tutti i viventi, gli unici dotati d’intelligenza. Così accade che tra i tanti vuoti di memoria, più incerte appaiono le origini del male. Quel male che ogni tanto ci conduce a un dispiacere misto a disappunto che spesso ci fa urlare:
“ è la mia terra, farei qualsiasi cosa per migliorarla “.
Mentre l’altro quello di sinistra, ci si scrive sopra:
“ è la mia città, farei qualsiasi cosa per ricostruirla “.
Così avviene che per ogni piano che vien giù, l’unico che ha pagato, continua a pensare:
“ è il mio mondo, farei qualsiasi cosa per sostenerlo “.
Poi pian piano, quel sopravvissuto, facendosi largo tra le tante polveri sottili, invano cerca di farsi ascoltare:
“ è la mia famiglia, farei qualsiasi cosa per ritrovarla “.
così anche quando si è portati a credere che ormai è la fine, ecco l’apparire di quell’altro, quello di destra. Quello un po’ distratto, tanto che per lui è quasi un vanto affermare:
“ è la mia calamità, farei qualsiasi cosa per evitarla “.
È il momento in cui, soltanto da quel vicolo buio, si fa avanti chi tra tanti non ha mai avuto niente. L’unico a dire:
“ è la mia vita, farei qualsiasi cosa per donarla. Forse non capite, vorrei scambiarla con quel piccolo rimasto sotto a quelle travi di farina “.
Peccato che quell’aquila ferita, difficilmente tornerà a volare. Mentre tanti, come spesso accade, hanno già dimenticato. Siamo già in primavera, tra poco la nostra estate, più calda di prima, tutti in fila a spintonarci con la fretta di arrivare e possibilmente consumare. Solo chi non è morto quel dì, vive ancora con la paura, chiuso dentro ad una tenda, con gli occhi verso l’alto, a ricordare di come era:
“ ieri, ero vivo. Oggi sopravviv. Domani chissà !? “
La terra trema, ma chi ha più paura è sempre l’uomo. Quell’uomo, per tanto tempo così sicuro di se stesso, che alla fine soffre e paga per i tanti suoi errori. Sconfitto e colpito nelle cose a lui più care, per aver spesso seguito la sua stessa incoerenza