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Assistenza domiciliare, il caso umbria: “qui chi è povero finisce nelle rsa”

Creato il 08 novembre 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

La denuncia dei malati che condividono la battaglia del Comitato 16 novembre: “La politica regionale ha scelto: bloccate le liste per le cure a casa, mentre sono lievitati i posti per le residenze sanitarie”. Mentre “l’assistenza indiretta porterebbe vantaggi a tutti”

“Ci vorrebbe un’azione legale collettiva. Intanto vogliamo raccontare agli umbri, attraverso tutti i canali possibili, cosa sta succedendo sul fronte dell’assistenza e della vita indipendente”. A parlare è Francesco Conti, uno dei membri della delegazione che dall’Umbria il 22 ottobre scorso ha partecipato alla manifestazione del Comitato 16 novembre davanti al ministero dell’Economia per l’affermazione dell’assistenza domiciliare indiretta dei disabili e malati gravi e gravissimi. C’era lui che ha un familiare non autosufficiente e c’erano altre persone che vivono in prima persona il problema sulla loro pelle. L’accusa del Comitato umbro al sistema sanità della Regione è di puntare, con una scelta che non è di oggi ma che risale al 2006, alle Rsa, Residenze sanitarie assistite, e all’assistenza domiciliare diretta (erogazione di assistenza con propri operatori da parte dell’ente) a scapito dell’assistenza domiciliare indiretta (erogazione di contributi con i quali il malato può scegliere i propri assistenti, sulla base di un piano concordato e della rendicontazione delle spese), che è uno dei pilastri della vita indipendente.

“Nel 2001 la Regione introdusse l’assegno di cura per anziani non autosufficienti, 400 assegni per 400 persone – ripercorre Conti -. Dalle verifiche effettuate, si rilevò come la misura era efficiente e così fu portata a 800 assegni. Nel 2005 una legge regionale confermò la validità dello strumento”. E poi? “Con una delibera, nel 2006 fu bloccata la lista d’attesa, cioè chi già accedeva poteva continuare a percepire l’assegno, chi invece era in graduatoria non poteva più accedere ai contributi. In parallelo, produssero un piano per aumentare i posti in convenzione nelle Rsa: da 1400-1500 si è arrivati a 2400 posti. E’ lo stesso numero della Sicilia, con la differenza che lì sono 5 milioni di abitanti, qui 900mila”.

Conti riflette sui costi: “Secondo il tariffario regionale, il costo dell’assistenza diretta è di 25 euro all’ora, 21-22 euro al netto dell’Iva (a fronte dei 4,90 euro che percepisce l’operatore delle cooperative sociali che erogano il servizio, dato che ci viene dalla voce ufficiosa degli operatori. Per l’indiretta, il costo lordo è di 8 euro. Nelle Rsa, i costi vanno da un minimo di 3mila euro al mese a un massimo di 5-6mila a ospite”. A livello nazionale, come ricordava Raffaele Pennacchio, il medico morto per infarto dopo la protesta al ministero dell’Economia e come è scritto nel progetto “Restare a casa” del Comitato 16 novembre, la sanità spende 18 miliardi di euro per finanziare le Rsa.

Un altro pianeta è quello del sostegno all’assistenza domiciliare indiretta. Che le scelte politiche siano andate in direzione opposta all’indiretta lo dimostrano i numeri: “Nel 2008 il Fondo regionale per la non autosufficienza stabiliva un assegno di sollievo fino a 50 euro al mese (300 euro ogni sei mesi) per un reddito Isee del singolo di 4800 euro. Sopra questa soglia, insomma – sottolinea amaramente Conti – dovrebbe essere decurtato. E’ ridicolo. Paradossalmente, chi è povero finisce nelle Rsa”.

Secondo il referente del Comitato umbro, l’assistenza indiretta “porterebbe vantaggio a tutti: ai malati e ai lavoratori che ne guadagnerebbero in qualità della vita e del lavoro (non doversi spostare in auto velocemente da un posto all’altro per svolgere un’ora di assistenza là e un’ora qua, instaurare un rapporto umano migliore con l’assistito)”. Perché, come ribadito a più voci dai malati gravi e dai loro familiari, “l’allontanamento dalla famiglia e dai propri luoghi è disumanizzante”.

Quali azioni intende mettere in campo il Comitato umbro per sensibilizzare su questi aspetti e spronare un’inversione di tendenza anche in Umbria, una delle poche regioni ad avere una così scarsa attenzione per questo tipo di assistenza? Conti parla di una regione dal “clima ostile” su questi temi: “E’ molto difficile organizzare gli umbri. Forse c’è paura. La gente viene a sapere e si indigna, ma poi non reagisce, non si mobilita. Quando nel 2011 facemmo un presidio per i malati di Sla in Consiglio regionale riscontrammo disponibilità da parte di consiglieri anche di opposizione, ma poi gli interessi sono trasversali – denuncia Conti – di destra, sinistra e centro, e su alcune questioni sono tutti coesi contro i cittadini. Ci vorrebbe un’azione legale collettiva, ma è una via difficile. Al momento stiamo dialogando con la Regione per capire sempre più in dettaglio i termini della questione”.

Elisabetta Proietti



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