Atac. Non sarà mica arrivata l'ora di farla fallire? Quadro di un non senso

Creato il 17 ottobre 2013 da Romafaschifo
L'Atac è da sempre sull’orlo del fallimento. La municipalizzata del trasporto pubblico locale romano è sommersa dai debiti e, da quando abbiamo memoria, è altissimo il rischio del crack. E’ altissimo il rischio di non riuscire più a pagare gli stipendi agli oltre 12mila dipendenti. Ignazio Marino, tra una pedalata e l’altra, conosce (o almeno dovrebbe) le criticità dell’azienda e, prima dell’uscita di scena dell’ex amministratore delegato Diacetti, si era fatta concreta l’ipotesi di oltre mille licenziamenti o, in alternativa, il ricorso ai contratti di solidarietà. Situazione poi bloccata per le proteste e gli scioperi dei lavoratori che, a loro dire, non vogliono pagare per gli errori di una dirigenza incompetente ed inetta.
I numeri sono allarmanti ed è da questi, volenti o nolenti, che si deve partire.
L’azienda di trasporti capitolina è esposta con le banche per più di 400 milioni, deve ai fornitori diretti altrettanto, ha ricevuto da Roma Capitale anticipi per oltre mezzo miliardo. Anticipi che hanno contribuito in maniera determinante ad incrementare i debiti del Comune portandolo al rischio crack ed al successivo, inevitabile, copione dal sapore melodrammatico (tanto caro ad Alemanno ed oggi ripreso da Marino) che ha portato al decreto “Salva Roma” facendo pagare a tutti i cittadini italiani, anche quelli che fanno sacrifici per vivere in Comuni efficienti e impeccabili, le incapacità, le collusioni malavitose e i sotterfugi della classe dirigente di questa città. Atac ed i suoi problemi strutturali. Atac ed i suoi costi enormi. Nell’ultimo periodo, nella gestione alemanniana, la Municipalizzata costava alla collettività circa 550 milioni l’anno solo di stipendi, 14 dei quali li succhiavano ben 82 dirigenti. Grossi debiti, dunque, ma anche altissimi costi dell’Azienda, su cui ha cercato di intervenire direttamente l’Assessore al ramo Improta, prima con la timida richiesta di abbassare gli stipendi dirigenziali, non accolta felicemente da tutti (alcuni avevano acconsentito ad abbassarsi lo stipendio del solo 10%), poi con il successivo e più deciso allontanamento di 30 dirigenti ritenuti “ridondanti”. Abbassare i costi, eseguire i tagli, è una strada; purtroppo non l’unica. In più è necessario distinguere i tagli da eseguire: non è possibile, in nome del risparmio, incidere sulla sicurezza dei passeggeri ridimensionando, notizia di un mese fa, il numero di addetti in alcune stazioni della Roma-Lido. Oltre al risparmio, dicevamo, serve necessariamente aumentare la produttività. Serve non solo incrementare in maniera sensibile i chilometri percorsi, aumentare le frequenze dei treni, ma anche la qualità degli stessi, evitando di penalizzare sempre i soliti sfigati cittadini. Ad oggi, infatti, questi timidi tentativi di tenere in piedi la baracca, non sono per nulla stati avvertiti dagli utenti del servizio pubblico che anzi, sui social ed in vari blog, lamentano quotidianamente un ulteriore peggioramento del servizio: la quantità di profili Twitter che si lamentano dei servizi scadenti raggiunge numeri a due cifre. I social sono devastanti: non passa giorno in cui non si manifestino sfoghi, non ci si lamenti di ritardi, non si certifichi, in modo incontrovertibile e senza smentita, la totale inefficienza del servizio fornito. Le foto dei treni della B graffitati (ma anche della nuova C sono stati violati più volte), il cui revamping costa milioni di euro l’anno, non fa comprendere del perché non si mettano in sicurezza i depositi, risolvendo i problemi alla radice, ma si preferisca continuare a sprecar soldi per pulire a valle. Urta poi, e tanto, la ormai diffusa moda, anche questa certificata da centinaia di foto e video presenti sul web, di lasciare i tornelli aperti. Un non senso, una cosa incomprensibile, quasi un segno di resa di un’azienda che nonostante sia alla canna del gas, decide di soprassedere sull’obbligo di far pagare chiunque utilizzi il servizio di trasporto pubblico, rimettendosi alla coscienza del singolo. Una follia! Una follia tanto più follia se si pensa che eliminando l'evasione tariffaria (si parla di un 40%\50% di evasione reale, sono dati non ufficiali, ma che provengono dalle nostre fonti nelle varie Commissioni capitoline) l'Atac potrebbe magicamente risolvere almeno la metà dei propri problemi. 50% di evasione significa qualcosa come 150 milioni di euro l'anno. Ma l'evasione non determina solo conseguenze dirette negative per l'azienda (perdita di soldi), bensì anche molte conseguenze indirette: l'evasione aumenta malintenzionati sui convogli; l'evasione alimenta il vandalismo sui convogli, alle fermate, nelle stazioni; l'evasione, infine, determina un sovraffollamento “artificiale” dei mezzi. Non è vero, infatti, che i bus e le metro di Atac sono affollati (in alcune ore di punta sì, ovviamente), è vero semmai che è pieno di gente che li prende tanto sono gratis: cacciando via magari viaggiatori che a causa del sovraffollamento si allontanano e che, se non lo avessero fatto, sarebbero stati paganti. "Noi abbiamo anche lanciato una mozione in Consiglio, è stata approvata, ma i politici non vogliono farla applicare" ci spiegano delle fonti vicine al Movimento 5 Stelle. Ma perché "i politici" preferirebbero consentire autobus utilizzati a scrocco non è dato sapersi. E' invece dato sapersi che questa è l'unica capitale europea che consente ancora ai 'portoghesi' di farla franca nel 99% dei casi. Ormai non pagare il mezzo pubblico è diventato così normale da essere considerato un diritto: e quando il controllore per caso c'è e insiste, allora giù cazzotti. Adesso davvero basta. Si proceda ad un risanamento vero. Si ascoltino gli utenti e le loro lamentele, i loro consigli, le loro situazioni di disagio. Altrimenti stop: si certifichi una volta per tutte il fallimento, si portino i libri in tribunale, si metta al bando al miglior offerente il trasporto pubblico romano e si favorisca l’ingresso di privati, preferibilmente stranieri. Ovviamente con l'obbligo di riassunzione per tutti o per una buona parte (i fannulloni faremmo volentieri a meno, per dire) dei dipendenti attuali.
Di certo la pazienza è finita. Pierluigi Meduri

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