Atlas italiae: fotografie di un’italia in rovina

Creato il 21 marzo 2016 da Thefreak @TheFreak_ITA

Il progetto fotografico di Silvia Camporesi, che sarà ospitato fino al 9 aprile nei meravigliosi spazi della Galleria del Cembalo, è il risultato di una ricerca, durata un anno e mezzo, che attraversa tutte e venti le regioni italiane alla scoperta di luoghi dimenticati. Atlas Italiae è l'atlante di un'Italia che scompare, è un viaggio attraverso il fascino decadente e misterioso di paesi alla deriva e di edifici svuotati della loro funzione originaria.

L'ampia selezione di fotografie, proposte in diversi formati, offre la possibilità di immergersi, con sguardo curioso e attento, nella serie di scenari misteriosi ed emblematici catturati dall'abile occhio dell'artista. A colpire immediatamente è la tecnica applicata alle opere che omaggia e riattualizza una pratica in uso agli albori della fotografia: la coloritura delle stampe in bianco e nero. Le foto, infatti, vengono prima desaturate e poi ricolorate a mano con semplici tratti di pastello che restituiscono omogeneità e carattere alle immagini. Le incantevoli sale del palazzo Borghese, con i soffitti di affreschi e oro, fanno da cornice perfetta a questo racconto dell'Italia in rovina. In ogni scatto sembra di toccare con mano l'aria densa di polvere che invade le stanze disabitate, in alcuni angoli, tra le pareti, la luce si scompone in forme riconoscibili e si ha la sensazione di rivivere i fasti di un passato lontano. Nella serie di fotografie scattate sull'isola di Pianosa, un silenzio assordante riecheggia tra le mura fatiscenti del carcere abbandonato, sui pavimenti bianchi, alcune impronte conducono lo sguardo accanto a un letto disfatto, i pantaloni a righe di un detenuto reclamano la loro libertà.

Tutte le fotografie sono il simbolo di un'identità perduta che cerca la sua riaffermazione. In alcune immagini emerge con forza la lotta tra il passato rumoroso e l'oblio imposto dal presente che è racchiusa in tutta una serie di elementi metaforici e suggestivi: in un hotel a Salsomaggiore la sala apparentemente intatta è minacciata dall'ombra nera della muffa che sta divorando un lato dell'edificio, una splendida villa a Cortenova si lascia avvolgere dai rami sospesi dell'edera, la natura selvaggia immobilizza la corsa di una giostra per bambini. Le foto dei paesi disabitati, come Roghudi o Poggioreale testimoniano, invece, gli eventi tragici o i processi ineluttabili del tempo che hanno causato la fuga di ogni forma vivente. Il vuoto degli spazi cittadini e i dettagli degli interni, raccontano una quotidianità perduta e una serie di storie sottese che offrono grande spunto all'immaginazione. Sembra di sentire i sussurri sommessi che percorrono le file della sala di un cinema distrutto a Torino o di vedere gli operai che si muovono sotto le arcate labirintiche di un cementificio a Bergamo ma di tutti i volti o le storie immaginate ci restano solo centinaia di nomi scritti a penna che si perdono tra i registri e la carta ingiallita. Le fotografie dei paesaggi industriali sottolineano inevitabilmente il degrado e l'abbandono di edifici che rimessi a nuovo potrebbero elevare all'ennesima potenza il loro valore artistico e culturale.

La bellezza di questi luoghi sta nell'inafferrabile, nel sospeso, nel mistero. Il fascino indiscutibile dei posti abbandonati è racchiuso nella fuggevolezza del loro stesso essere, nell'immagine di ciò che erano e al tempo stesso di ciò che potrebbero essere. Quest'Italia ammaliante e dolorosa, raccontata da Silvia Camporesi, può restare inespressa come il suono del telefono impolverato nell'hotel di Porretta Terme ma si erge maestosa come quel campanile di Curon Venosta, immerso nella nebbia e nella neve ad affermare la sua poetica presenza.

di Maddalena Crovella, all rights reserved