ATLETICO MADRID-BARCELLONA, I PROMOSSI
Thibaut Courtois. L’uscita bassa su Neymar a inizio ripresa vale un gol; intervento prodigioso, soprattutto se si considera la sua altezza e la velocità con cui è riuscito ad andare giù e ad impedire al brasiliano il comodo tocco a porta sguarnita. Si dice che una squadra con un gran portiere e un centravanti che fa gol sia a metà dell’opera; stasera a Simeone è bastato il primo. Se il Chelsea dovesse davvero insistere per Diego Costa, Cerezo dovrebbe porre come unica condizione (oltre a un bel bottino di euro) la cessione definitiva del cartellino del gigante belga.
Adrian. Fuori dai convocati in sei delle ultime sette partite: eppure l’ex Deportivo è lanciato titolare per la sfida più importante dell’anno, caricato a mille dalle parole della vigilia di Simeone. Adrian non ha segnato come auspicato dal Cholo, da tempo abbiamo capito che non è il suo forte, eppure è stato a tratti commovente per la dedizione, la grinta, l’agonismo e – ovviamente – la qualità messa in campo fino al momento della sostituzione. Un legno e tanto cuore, questi sono i giocatori che fanno la fortuna di un allenatore (cit.)
David Villa. Accolto in estate come salvatore della patria dopo la cessione di Falcao (Diego Costa veniva sì da sei mesi fantastici ma non era immaginabile il rendimento che poi ha avuto), Villa è scivolato pian piano in panchina, sovrastato da Raul Garcia che Simeone ha preferito spesso negli ultimi messi per “maggior solidità”. El guaje, che resta comunque a digiuno di gol in Champions da quasi tre anni, si fa però trovar pronto contro gli ex compagni, disputando probabilmente la miglior partite dell’anno. In una serata guadagna parecchi punti nella corsa ad una convocazione per il Mondiale.
Diego Pablo Simeone. E’ il tecnico del momento, si sprecano fiumi d’inchiostro per decantarne le ormai vistosissime qualità (eppure in Italia nessuno si è strappato i capelli dopo l’addio di Catania). Ma, per non essere banali e ripetere quanto è stato abile nel forgiare una squadra a sua immagine e somiglianza, oggi è giusto sottolineare che i quarti di finale di Champions sono stati decisi da “panchinari”: Diego all’andata, Adrian-Villa al ritorno, lo stesso Cebolla Rodriguez nei pochi minuti avuti a disposizione stasera (e sicuro di andar via a fine stagione) sembrava indiavolato. Motivatore eccezionale, raggiunge stasera l’apice di questi fantastici tre anni. “Il meglio deve ancora venire”, oseremmo dire, ma visto che ha portato sfortuna al tecnico più sopravvalutato d’Italia, oggi all’Inter domani chissà, glissiamo. Chapeau.
Neymar. L’unico, forse, a salvarsi tra i blaugrana in tutti i 180 minuti. Non solo per il gol all’andata, per la magia da vedere e rivedere su Tiago di stasera e per il colpo di testa in tuffo, bellissimo, che ha gelato per un attimo il sangue dei 55mila del Calderon. Il brasiliano ha superato i due mesi di difficoltà post-infortunio, il finale di stagione lo aiuterà a riacquistare una forma ancora più scintillante e ad essere un protagonista assoluto del Mondiale in casa.
ATLETICO MADRID-BARCELLONA, I BOCCIATI
GERARDO MARTINO. Dopo sette anni, il Barcellona non è tra le prime quattro d’Europa. Basterebbe questo per rendere l’idea del fallimento del “Tata” che stasera ha giocato un pesantissimo jolly. Finale di Coppa del Re col Real Madrid, finale da infarto nella Liga con Barça-Atletico all’ultima giornata. Anche un bis, nemmeno poi tanto probabile, potrebbe non bastare per la sua riconferma. Si è sgonfiato (non dal punto di vista fisico, anzi…) dopo l’inizio sfavillante. Ma l’eresia che all’inizio sembrava un simpatico giochino è da ergastolo calcistico: Messi ha arretrato la sua posizione mese dopo mese, finendo quasi per pestare i piedi a Xavi e Iniesta. Inspiegabile.
ANDRES INIESTA. L’uomo delle grandi occasioni, stavolta ha toppato. Chissà, fosse rimasto in campo, un coniglio dal cilindro l’avrebbe tirato fuori. Ma stasera è stato quasi doloroso vederlo così in difficoltà: la proverbiale leggerezza nelle accelerazioni, nei dribbling, nei tocchi geniali, si è trasformata in insospettabile goffaggine. Chiuso nella morsa delle linee, strettissime, dell’undici di Simeone, don Andrès è mancato clamorosamente all’appello. Presto, prestissimo, per dire che comincia la fase calante di una strepitosa carriera, ma la stagione resta poco entusiasmante.
LEO MESSI. Imputato numero uno sul banco dei colpevoli. I maligni dicono che giochi al risparmio in vista dei Mondiali o che semplicemente abbia perso qualsiasi tipo di motivazione (come se non bastassero 20 milioni di euro all’anno) al Barcellona, dove deve soltanto battere record da lui stesso stabiliti. Più realisticamente, la partita di stasera è lo specchio di una stagione costellata da infortuni e da equivoci tattici dove c’è più di uno zampino del suo allenatore. Fece il nome di Martino a Rosell, in agosto, per sostituire Vilanova: non lo rifarebbe, c’è da giurarci.
DANI ALVES. Probabilmente il peggiore in campo: lento, impacciato e poco preciso negli appoggi nonostante lo spazio che a volte, quasi sorprendentemente, si è trovato di fronte. A giugno, probabilmente, finirà la sua avventura in blaugrana e i suoi anni di gloria. Comincerà la ricerca al miglior ingaggio per chiudere una carriera da top player. I nervi a fior di pelle mostrati nel finale, confermano che è un cattivo perdente (come tutto il Barcellona).
MARC BARTRA. Due anni fa era etichettato come la futura stella della difesa del Barça: lui, prodotto della Masia, da molti era considerato come un mix tra Puyol e Piqué. Di certo non si è rivelato un carciofo, ma Bartra, probabilmente, non raggiungerà mai i livelli dei suoi due compagni di squadra. Stasera, poi, lo ha penalizzato anche la brutta serata del compagno di reparto, Mascherano, che in teoria nemmeno dovrebbe essere compagno di reparto. Ecco, per la sua crescita sarebbe servito giocare due-tre anni, con continuità, al fianco di Puyol. Ma al Barça o si è fenomeni subito, e il giochino riesce da più di un decennio, o fatalmente resti indietro. I margini, comunque, ci sono, non mancheranno altre prove d’appello.
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