Dopo Sabled Sun ho l’occasione di scrivere del progetto principale di Simon Heath: Atrium Carceri. Quest’uscita è la colonna sonora di un videogame “narrativo”, “The Old City”, che ha l’ambizione di far vivere in soggettiva una storia piuttosto che una sparatoria. Non ci ho mai giocato, ma mi sembra insomma di capire che siamo più dalle parti di un film che di “Wolfenstein 3D”, quindi la produzione deve aver ben pensato di chiamare chi da anni è esponente di spicco di uno stile che unisce colonna sonora, field recordings, dark ambient e sound design, a tal punto che – paradossalmente – certe sue tracce in passato strizzavano persino troppo l’occhio a situazioni videoludiche o a roba tipo Dungeons & Dragons. Se uno non conosce “The Old City”, ha senso acquistarne la colonna sonora? Secondo me, come in altri casi, lo ha nel momento in cui si considera il lavoro di Heath come una specie di lussuosa e cupa library music. Mancano forse commenti per le scene d’azione, ma i brani seguono schemi quasi archetipici: l’esplorazione dell’ignoto, il riposo dell’eroe, il ritorno a casa (“Journey Home”, va da sé), l’infanzia (ovviamente disturbata) dei due episodi di “Childhood”. Heath è maestro dello scavo in profondità e delle atmosfere cupe, ma è anche capace di addolcire l’insieme con tocchi minimali di piano, tutte cose che sappiamo già perfettamente, tra l’altro. Ricorro all’antico adagio: i fan non rimarranno delusi. E sarei curioso di sapere se il videogioco farà guadagnare qualche nuovo adepto alla Cryo Chamber…
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