Queste idee ricevettero nuova linfa e legittimazione da una teoria che, all'inizio del '900, si stava affermando in America ed Europa: il Behaviorismo, o teoria comportamentista. I behavioristi adottarono un modello meccanicistico dell'individuo, visto come "scatola nera" nella quale entra uno stimolo ed esce una risposta. Poiché solo il comportamento è direttamente osservabile, ciò che non poteva essere oggettivamente visto - i desideri, i sentimenti - non doveva interessare lo studioso, sostanzialmente non esisteva. Secondo questa teoria, ripetendo sistematicamente uno stimolo di un certo tipo si stabilisce un'abitudine chiamata riflesso condizionato. Dosando ad arte gli stimoli piacevoli o sgradevoli, i behavioristi ritenevano che il comportamento potesse essere modellato nel modo ritenuto più vantaggioso.
E' a causa di tali teorie che vennero sostenuti metodi pedagogici nei quali si sconsigliava, ad esempio, di prendere in braccio un bambino quando piangeva, perché questo (rinforzo positivo) lo avrebbe incoraggiato a piangere di nuovo; e inoltre si raccomandava che i bambini venissero "abituati" a situazioni sgradite, come lo stare da soli, non richiedere la presenza dei genitori durante la notte, restare al buio.
I mezzi di informazione, che in genere si fanno portavoce della cultura dominante, spesso rilanciano le teorie behavioriste ma assolutizzandole con frasi come "la Psicologia ha dimostrato che" ovvero "gli Psicologi affermano", cosicché sembra quasi che tali teorie non siano frutto di opinioni e linee di pensiero specifiche, ma generali e universalmente accettate. Occorre invece divenire consapevoli che come non c'è un'unica teoria pedagogica, così non c'è una sola scuola psicologica. Esistono moltissime scuole con teorie e approcci diversissimi fra loro, e in ciascuna corrente esistono singoli psicologi, che la possono pensare anche in modo molto diverso fra loro su cosa significa essere "buoni genitori".
Comunque ci sono anche numerosi autori che hanno affermato esplicitamente la giustezza e il diritto, per madri e bambini, di prendersi i loro spazi e i loro tempi. Per esempio, prendiamo il concetto psicoanalitico della frustrazione come stimolo allo sviluppo della personalità: viene spesso tirato in ballo per giustificare ogni sorta di costrizione e disattenzione dei bisogni primari del bambino, eppure Freud non ha mai detto né che la frustrazione fosse l'unico modo per crescere, né che il processo di crescita andasse forzato. Piuttosto, altri psicoanalisti, come Stern o Winnicott, hanno detto qualcosa in più. Entrambi hanno descritto il rapporto speciale che si stabilisce fra la mamma e il suo piccolo, come tale legame sia perfetto per soddisfare i bisogni vitali di entrambi, e quanto sia fragile alle interferenze esterne; entrambi hanno rilevato l'importanza del "contenimento" materno, cioè la funzione di fare da tramite fra il mondo esterno e il bambino, proteggendo le sue necessità e colmando le sue inadeguatezze. Le madri fanno questo istintivamente: ciò che chi sta al di fuori della relazione madre-figlio vede come ansia o attaccamento esagerato, è invece la naturale sintonizzazione che ogni mamma ha sul suo piccolo, e che le permette di adempiere istintivamente alla sua funzione di contenere e accudire.
Winnicott sottolinea come il bambino abbia bisogno di tempo per maturarsi. All'inizio i bisogni sono urgenti, ed egli non è in grado di sopportare né biologicamente né emotivamente l'attesa; se è sottoposto a una frustrazione quando non è pronto a sopportarla, prova una "angoscia impensabile" - perde cioè il controllo delle sue emozioni e della percezione della realtà, il suo Io si disgrega e lui cade in preda al panico. Il ripetersi di esperienze negative può ostacolare il normale strutturarsi dell'Io, lasciando la psiche del bambino fragile, ritardando il suo adattamento alla realtà, facendogli prolungare la fase di dipendenza dalla madre. All'opposto, il contenimento, risparmiando al bambino le angosce impensabili, gli permette di costruirsi un solido equilibrio dell'Io e fornisce le basi della salute mentale.
Se applichiamo questo punto di vista al mondo della pedagogia, riconosciamo forti somiglianze con l'approccio dell'Attachment Parenting, che appunto rispetta i modi e i tempi individuali del neonato e del bambino, segue fiduciosamente le sue richieste perché ritenute naturali e legittime, ed evita di interferire nell'interazione fra madre e figlio, ritenuti più che competenti a sviluppare fra loro un legame e una comunicazione efficace. La tendenza "attualizzante" del bambino è riconosciuta nella sua capacità di autoregolazione e di sviluppo, che non ha bisogno di forzature; l'empatia, e un atteggiamento non giudicante di incoraggiamento, sono ritenuti i mezzi più efficaci per stimolare nel bambino comportamenti positivi e maturazione sociale. >>>
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[inizio][la società del distacco][le radici delle teorie pedagogiche][due modelli a confronto][essere genitori controcorrente][l'utopia concreta dell'empatia][e le cattive abitudini?]
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Fonte: allattiamo.it