Io lo so che attention whore vi richiama le puttane, ma in realtà esse sono solo persone, spesso donne, che desiderano o addirittura pretendono continuamente attenzione, organizzando la propria vita in modo da non rimanerne mai senza.
Di questa categoria fanno parte quelle convinte che tutti parlino male o bene di loro, che alle loro spalle si consumino discorsi infiniti, che un loro battito di ciglia ribalti le sorti del mondo. Spesso, che stuoli di uomini soffrano per loro e le desiderino continuamente, al punto di molestarle, importunarle, rendere la loro vita un inferno. Queste persone sostengono di essere sono talvolta vittime di forme di stalking, sottile o esplicito, da parte di individui conosciuti e non.
Ma io mica voglio parlare delle vittime di stalking o di violenze. Partiamo dal presupposto che sono una secchiona, ho preso 29/30 in sociologia del consumi, ho sempre fatto i compiti e quindi so che il bisogno di attenzione e amore, nella piramide di Maslow, è giusto un pelo meno importante del cibo e del tetto. Il nostro livello di benessere è in qualche modo proporzionale al livello di attenzione che riusciamo a suscitare attorno a noi ed io non riesco nemmeno a concepire una vita a nessuno importa di me.
Tuttavia, guardo alle attention whore con una certa pena. Molta pena. Anzi, una pena infinita. In assenza di attenzione vera e spontanea (che di solito nasce da una rete di rapporti e affetti sani e bidirezionali, tipo amici, famiglia, colleghi), queste persone procurano di includere tra i propri contatti una pletora di soggetti sostanzialmente poco interessanti, senza spina dorsale ma assai pronti all’esecuzione. Soggetti che suppliscono alla loro assenza di mordente con una perseveranza biblica e una riverenza stilnovistica. Insomma, sono dei servi della gleba, pronti ad accorrere al minimo miagolio dell’attention whore. Quest’ultima, lungi dall’informarli con chiarezza che nei loro confronti non ha alcun sentimento (i.e. li considera dei morti di figa o poco più), tende a usufruire del supporto fisico-emotivo che questi soggetti sanno fornire. Con una faccia tosta rimarchevole, l’attention whore tende poi a lagnarsi anche del suo staff, definito di volta in volta “asfissiante”, “fastidioso”, “invadente”.
Ma fin qui poco male. Cercando di essere sportiva, ci vedo anche una vision, una abilità strategica che a me manca del tutto e che in qualche occasione mi avrebbe fatto comodo. In ogni caso, Elio ha costruito una carriera musicale su questa categoria e le attention whore ci saranno finché esisteranno i cavalieri serventi.
Finché esisteranno, appunto. La forma peggiore e più degenerata dell’attention whoring, infatti, ha una attività fantasmagorico-onirica degna di immediato TSO: non ho nessuno che provvede ai miei bisogni? E che problema c’è, io me lo INVENTO. Quale modo migliore che lasciare il mio numero di telefono o contatto a qualche disperato conosciuto al bancone del bar? Oppure dare confidenza -sempre con atteggiamento virginale, s’intende- al bavoso commesso della Crai? Prendere un aperitivo con il magazziniere Abatantuonesco? Capitare casualmente davanti al posto di lavoro di un corteggiatore in orario di bollatura, offrendogli una scusa per riallacciare i rapporti? Oppure, classico dei classici, ricomparire con grazia e nonchalance nella vita di un ex fidanzato pazzerello con un innocente messaggio di buon compleanno? Ogni scusa è buona, insomma, per attirare su di sé attenzione non necessaria al solo scopo di POTERSENE LAMENTARE. L’attention whore non ha l’onestà intellettuale per riconoscere che sta semplicemente attraversando una fase della vita in cui vuole essere un po’ coccolata, ricorrendo a tutte le valide motivazioni offerteci, di volta in volta, dalla psicologia (mi sento brutta, mi sento sola, mi annoio, mio padre era uno stronzo che non mi cagava di pezza e quindi devo farla pagare al genere maschile) o dalla praticità (non mi piace guidare, sono senza soldi, ho bisogno di fare sesso qui e ora).
L’attention whore non si accontenta ed esige un riconoscimento sociale del suo status di persona desiderata, per sbattere in faccia al prossimo il suo ruolo di protagonista indiscussa delle altrui vite. Un ruolo, questo, che si arroga in modo del tutto arbitrario in quanto, mediamente, non c’è proprio nessuno che si strugga per lei. Diciamocelo: le vite degli altri, un po’ come la mia e la vostra, sono piene di lavoro, sport, mariti, mogli, amanti, figli, bollette, 730, genitori in casa di riposo, libri, tv, autobus, blog, telepass, battesimi, funerali che residua veramente poco tempo per ossessionarsi con qualcun altro. Vorrei dire alle attention whore di rivedere le loro priorità, ma c’è chi ci riesce meglio di me.
PS Spero di non aver banalizzato problemi complessi e reali come lo stalking e le molestie. Mi riferisco a cose tipo questa.