La macchina passa a prendermi sotto casa; la direzione è quella giusta e ad aspettarmi nell’abitacolo trovo Janet e Luizer, accompagnate da Abraham e l’autista Kadenge.
Le due donne di Uwezo Women Group non hanno idea di dove le stiamo portando; a dire la verità neanche Abraham. Per loro tutti è una novità assoluta, e per una volta gioco la parte di chi la sa un po’ più degli altri.
Qualche giorno prima avevo avuto l’occasione di incontrare il presidente di Ihaleni (Nicholas) e parte della comunità presso il Farmers Market, e Nicholas mi aveva raccontato dei progressi in corso presso il sito di acquacoltura, grazie a un finanziamento della FAO.
Non ci ho messo molto a fare l’associazione gamberi + negozio, ed eccoci quindi per strada. Obiettivo della missione sul campo: constatare i cambiamenti avvenuti nel sito di produzione e allacciare rapporti commerciali tra Uwezo Women Group e la comunità di Ihaleni.
Proseguiamo scalzi lungo la passerella, cercando di fare attenzione a dove mettiamo i piedi per evitare le fessure tra un’asse e l’altra; il legno scotta e piuttosto viene voglia di correre a cercare sollievo nelle ombre degli alberi riflesse sulla passerella! Le due donne, nonostante i loro profumati abiti da festa, appaiono totalmente a loro agio. Si osserva immediatamente chi tra noi 6 è un “topo” d’ufficio e chi invece è abituato a camminare e a girare scalzo. Comunque, la pace del sito è talmente invitante che ci immergiamo con piacere nel tunnel di mangrovie attraverso cui si snoda la passerella. Nicholas ci mostra il vivaio e il lavoro di piantumazione svolto dalla comunità al fine di ripristinare la foresta di mangrovie e sensibilizzare l’intera comunità sulla loro importanza per l’intero ecosistema. Le foreste di mangrovie si sviluppano lungo la costa, nell’area compresa tra la terra e il mare.
Adagiate sul fondale fangoso che caratterizza queste foreste, individuiamo le gabbie per l’allevamento di granchi, costruite in bambù dalla comunità di Ihaleni. La sosta è imperativa; Nicholas apre una gabbia e, mentre afferra con attenzione uno di questi granchi enormi, ci spiega come funziona l’allevamento e quanto pericoloso sia prendere in mano un granchio nel modo sbagliato. Janet e Luizer chiedono di essere fotografate con in mano lo stesso granchio; io mi limito a scattare foto e cerco di mantenere una distanza di sicurezza. Raggiunta l’acqua del creek, ci rilassiamo sotto l’ombra di una tettoia in makuti, che a breve ospiterà un piccolo punto di ristoro per i turisti! Mi sembra già di leggere il menù: samose ripiene di polpa di granchio, gamberi in salsa swahili, pesce alla griglia.
Sara Crippa
Capoprogetto del Mama Karanga – Kenya
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