di Cristiano Abbadessa
Vi sono varie tipologie di autori che contattano una casa editrice proponendole i loro scritti. Alcuni spediscono le loro produzioni letterarie un po’ a tutti, senza troppe distinzioni. Altri hanno setacciato il mercato delle grandi case editrici e, con scarsa fiducia, ripiegano di vistosa malavoglia sulle più piccole. Altri ancora ci tengono a dare l’idea di aver compiuto una scelta meditata, di avere scelto proprio quella casa editrice perché potenzialmente interessata e adatta; in tal caso, l’invio dei materiali è accompagnato da lettere che intendono sottolineare una inevitabile e naturale sintonia tra l’autore e l’editore, animati dai medesimi intenti.
A volte questi attestati sono solo un evidente e superficiale tentativo di captatio benevolentiae; e così capita che un autore, dichiarandosi colpito e affascinato dal progetto e dalla linea editoriale, invii sinossi e opere che, in modo palese e non discutibile, sono fin dal primo sguardo del tutto estranee al progetto dell’editore. Ma capita talvolta che le dichiarazioni di stima appaiano autentiche, e vengano con forza ribadite anche di fronte a esiti avversi.
È così accaduto, e con più di un autore, che la nostra redazione motivasse in modo circostanziato un non interesse alla pubblicazione di opere che contenevano alcuni spunti interessanti ma anche vistose lacune e che, per contenuti o per stile, non apparivano meritevoli di una proposta contrattuale; e che l’autore stesso, magari qualche mese dopo, rimandasse una nuova proposta con la stessa opera rivista, aggiustata e ampiamente riscritta cercando di seguire le poche indicazioni fornite dalla redazione. Il tutto, accompagnando il nuovo tentativo con appelli quasi accorati, nei quali si spiegava che Autodafé era percepita dall’autore stesso come la casa editrice adatta, quella che più lo aveva convinto, con la quale sentiva forte comunanza di intenti e interessi e via di seguito. In questi casi non si trattava di piaggeria, perché effettivamente l’autore aveva speso tempo ed energie a cercare di rivedere l’opera seguendo le nostre osservazioni.
Spesso ci siamo chiesti per quale ragione questi autori, i cui lavori alla fin fine non erano particolarmente in linea con i nostri propositi, insistessero tanto nel ritenerci più validi e più credibili di altri editori. E, in qualche caso, abbiamo voluto esplicitamente chiedere da che cosa derivasse questa stima: se dalla condivisione delle finalità, dalla conoscenza dei libri da noi pubblicati, dalla partecipazione a eventi organizzati per presentare le nostre opere.
Le risposte si sono sempre fermate qualche gradino più in basso. Gli autori che si dichiaravano determinatissimi a tentare di pubblicare con noi ci preferivamo perché avevano percepito la serietà del lavoro redazionale, la correttezza nel rapporto, persino la cortesia che ci spinge (caso raro) a rispondere a tutti e, ove possibile, a motivare le nostre scelte.
Attestati di stima che fanno piacere, ma che, a dieci mesi dalla pubblicazione dei nostri primi libri, non possono bastare. Serietà, correttezza e cortesia potevano essere le discriminanti di una prima fase, quando ancora il nostro lavoro non poteva essere altrimenti valutato. Ma oggi dovrebbero essere le opere pubblicate a parlare per noi: con i loro contenuti, la loro qualità, la capacità di interessare e affascinare i lettori.
Invece, i nostri affezionati aspiranti autori dichiarano senza problemi di non conoscere i libri da noi pubblicati, arrivando anche alla contraddittoria spiegazione che “non sono il mio genere”.
C’è qualcosa che non funziona, e che vorremmo ci aiutaste a capire.
Autodafé nasce con un progetto editoriale preciso, scegliendo di pubblicare opere di narrativa che aiutino la riflessione e la comprensione della realtà sociale dell’Italia contemporanea. Come lettori, riconoscete una dignità culturale e un interesse a questo progetto? E poi, soprattutto, trovate che le opere pubblicate rispondano all’intento dichiarato? E, infine, le trovate valide per qualità letteraria?
Sono domande che ci poniamo e che poniamo a tutti quelli che ci seguono. Ai lettori dei nostri libri, ovviamente. Ma forse, per cominciare, proprio a quegli oltre 700 aspiranti autori che ci hanno individuato (perché? come?) quali editori potenzialmente interessati alle loro produzioni letterarie.
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