Attimo fermati, sei bello.

Creato il 24 novembre 2011 da Presidenziali @Presidenziali






Vincitore del Leone d’Oro all’ultima Mostra del cinema di Venezia il Faust di Sokurov, liberamente tratto dall’omonima e celebre opera di Johann Wolfgang von Goethe, non è un film per tutti. Ma, s’intenda bene, affermando ciò, non ci si riferisce alle più o meno confacenti capacità intellettuali dello spettatore rispetto al film.Il Faust di Sokurov non è un film per tutti, perché è un film che chiede qualcosa in cambio. Pretende la stipula e l’accettazione di una sorta di patto, oserei dire diabolico, tra il film stesso e lo spettatore. Il primo propone una visione del mondo, un sistema di valori e di leggi, che il secondo dovrà accettare per riuscire a far parte dell’esperienza filmica. Il patto può esaurirsi nel tempo della visione o durare una vita intera.
Questo è un film-summa, è la sintesi di un lavoro trentennale ma è anche un trattato poetico, filosofico, teologico, estetico. Un'opera oltre il cinema, che si propone come specchio della decadenza della società contemporanea e, allo stesso tempo, compendio degli stilemi artistici del regista.
Sokurov apre il quarto e ultimo episodio della Tetralogia del potere, con una spettacolare e inquietante inquadratura a volo d’uccello che inserisce da subito la ben nota vicenda – del Dottor Faust e del suo viaggio verso la perdizione della propria anima – all’interno di una cornice aliena, onirica. Un labirinto alla Escher, irto di ostacoli e di repentine deviazioni, in cui è facile perdersi. Si entra nelle tenebre e non se ne esce più. Ma non tutti sono condannati al pozzo nero. Trovata la chiave, si svela la luce. Si sale, si sale, si sale. E si spalanca un cielo che ti fa piangere per quanto è bello.Il Faust è, prima di ogni altra cosa, il racconto di un’ascesi (nel senso di aspirazione verticale al Sublime) che parte dai detriti corrotti di un immaginario collettivo, costellato di sogni infranti e desideri irraggiunti. Una continua tensione dell’uomo verso Dio, una continua sfida dell’uomo che, alla fine, si fa Dio. L’inconscio prima ancora che la razionalità, è forse la modalità più immediata per affrontare il film, e i suoi personaggi che promettono di essere padroni del loro destino, mentre invece, soccombono l’uno all’altro, sballottati come in una teca di vetro. Il Dottor Faust è un uomo di mezza età, famelico Don Chisciotte che non sfida mulini ma Colonne d'Ercole; è più che mai predisposto alle tentazioni, non le rifugge, sembra quasi averne bisogno per vivere e dare innesco al proprio Streben, quell’impulso alla vita e alla conoscenza che altrimenti non gli sarebbe concesso. Mefistofele è un arguto clown, un angelo caduto che lotta contro il Bene conoscendone prima di tutto la potenza persuasiva. E così non ha bisogno di apparire come Male in ogni sua raffigurazione, sa bene che il tempo è dalla sua parte. Non c’è dubbio che per Sokurov l’impianto visivo sia di principale importanza: la sua riflessione intorno al desiderio passa attraverso esacerbanti monologhi filosofici, insistite bizzarrie surrealiste e consuete provocazioni formali, ma già con la scelta del formato 4.3, è l’immagine pura – al tempo stesso meravigliosamente pittorica e arditamente sperimentale, antica e moderna come la storia che racconta – a imporsi quale filtro attraverso cui osservare il mondo. E allora festeggiamo. Eureka, Eureka! Esiste ancora la sperimentazione in campo cinematografico! Esiste e non è morta con Kubrick. Già questo assunto basterebbe a fare del film un Capolavoro. Sokurov ambienta il suo Faust nella Germania mitteleuropea per antonomasia, e forgia un nuovo genere, anzi, fonda un “Genere”, più raro della Mandragora. Cere anatomiche esposte in botteghe color cannella, Golem chi si ubriacano in catacombali osterie, manichini che si prostituiscono sotto i lampioni di viuzze sbilenche. Questa è la lente gotico-picaresca attraverso la quale prende forma il rifacimento cinematografico dell'opera totale di Goethe.  Il suo Faust, è la Santabarbara di tutte le Avanguardie a venire. Sokurov, dunque, ci prospetta un patto impegnativo, a tratti più sacrificale che mutuale. Ma è un contratto su cui sono felice di aver apposto la firma. Film assoluto e potentissimo. E l’ho detto, ebbene sì l’ho detto: Attimo fermati, sei bello. La mia anima è meravigliosamente perduta, per sempre.

Voto 9


Voto redazione:---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Presidente: 8     Ang: 7   Apeless: 8-    

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