Attorno ad un articolo sul patto russo-tedesco del 1939

Creato il 03 giugno 2013 da Conflittiestrategie

Sul Sole 24 ore del 02.06.2013 Giuseppe Bedeschi, recensendo un saggio della casa editrice Rubbettino, ripropone la sua interpretazione del patto tedesco-sovietico firmato nel 1939 da Molotov e Ribbentrop. Un patto che gettò una parte dei comunisti e socialisti dell’Europa occidentale nella confusione e nell’incertezza. Nel dopoguerra si impose una tesi prevalente che, come è noto, giustificava in qualche modo la scelta dell’ Urss:

<<di fronte all’atteggiamento dilatorio e inconcludente di Inghilterra e Francia verso una proposta sovietica di un patto di mutua assistenza contro una aggressione nazista, Stalin aveva accettato un provvisorio accomodamento con Hitler, ben sapendo che quest’ultimo l’avrebbe poi aggredito; ma procrastinando il momento dello scontro Stalin guadagnò tempo per prepararsi a vincere nella “Grande guerra patriottica”, con la quale l’Unione Sovietica salvò il mondo dal Moloch nazista>>.

E’ evidente che dopo l’ implosione dell’Urss e del sistema del Patto di Varsavia nel triennio 1989-1991 la storia andava riscritta e reinterpretata come fanno Di Rienzo e Gin nel saggio intitolato Le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica. 1939-1945. Così viene citato l’ambasciatore italiano a Mosca nel 1939 il quale avrebbe fatto la grande scoperta che nella politica dell’Urss si trovavano mescolati bolscevismo ideologico e aspirazioni imperialistiche, mitologia rivoluzionaria e politica di potenza in perfetta continuità col passato zarista. Viene facile dimenticare, quindi, il totale isolamento politico-ideologico che caratterizzava l’Unione Sovietica in quel periodo magari mettendo in evidenza gli interscambi economico-commerciali esistenti per forza di cose anche in quella situazione. Ci si dimentica ancora troppo spesso che le industrie Usa hanno venduto armi a Hitler persino nel periodo cruciale del secondo conflitto mondiale ovvero nei momenti “in cui si stavano decidendo le sorti del mondo”. Così nell’articolo di Bedeschi si legge:

<<Un imponente flusso di materie prime e di derrate alimentari provenienti dall’Urss (e dall’intera Asia , con la collaborazione del Giappone) raggiungeva la Germania, la quale esportava nell’Urss tecnologia industriale e militare. In quel frangente Berlino abbandonò la Finlandia all’invasione sovietica, concedendo persino il supporto logistico della sua flotta mercantile ai sottomarini russi. Negli stessi mesi i servizi segreti delle due nazioni totalitarie operarono all’unisono per fomentare la rivoluzione in India e in Iraq e provocare sommosse in tutto il Medio Oriente. Nell’estate del 1940, poi, iniziarono le trattative tra Berlino e Mosca per far entrare la Russia nell’alleanza con le potenze dell’Asse>>.

A parte il becero economicismo, degno del marxismo più deteriore, appare ridicolo in questo discorso – allo scopo di appiattire nazismo e comunismo sotto lo pseudoconcetto di totalitarismo – dare tanta rilevanza “scandalistica” ad una situazione contingente in cui due potenze, la Germania e l’Urss, – che nella scacchiera all’inizio della seconda grande “mattanza” mondiale avevano importanti nemici in comune (come Francia e Inghilterra) – in maniera del tutto logica si sono trovate d’accordo “tatticamente” e momentaneamente nel costruire iniziative politico-militari in comune. Gli autori del saggio recensito, in qualche maniera, ammettono che la mancata determinazione di Hitler nel continuare l’offensiva nei confronti dell’Inghilterra sarebbe risultata causa determinante nel modificare la situazione e l’atteggiamento dell’Urss. Ma per tentare di dimostrare che la Germania nazista e l’Urss comunista, in quanto stati “totalitari”, avrebbero dovuto essere degli alleati “naturali”, Di Rienzo e Gin mettono l’accento su cocciutaggini diplomatiche attorno a problemi tutto sommato secondari che avrebbero finito, però, per “rovinare” il rapporto tra le due potenze. Così si legge, infatti, nell’articolo:

<<Nella visita a Berlino del novembre 1940 Molotov chiese al Fuhrer che la Bulgaria e gli Stretti fossero considerati “parte della zona di sicurezza sovietica” : una richiesta che Hitler non intendeva affatto accogliere. E, poiché l’Urss, per rendere più convincenti le proprie rivendicazioni, diminuì il ritmo delle consegne delle materie prime alla Germania, e c’era il pericolo che esse cessassero del tutto, Hitler decise […]che i tedeschi dovevano procurarsi con la forza quanto era loro necessario, per realizzare il folle sogno nazista di egemonia mondiale>>.

Ancora una volta l’economicismo, ancora una volta (per chiosare la frase ben nota sulle forze produttive) la “nefasta teoria delle materie prime”. La resa dei conti per la supremazia in Europa e nel mondo, nel momento più acuto della fase policentrica nel XX secolo, implicava una serie di fattori e di svolte tattiche repentine tutte, però, subordinate alla grande strategia conflittuale che doveva per forza concludersi o con il ritorno al monocentrismo, oppure come è poi accaduto ad un bipolarismo su scala planetaria. Una situazione in cui i due blocchi si sono confrontati, sino all’implosione dell’Unione Sovietica, sviluppando non solo strategie politiche e militari da grandi potenze ma portando alle estreme conseguenze, con il risultato che conosciamo, la logica dei propri diversi “modelli di sviluppo”. In un breve saggio di qualche anno fa, Alain Finkielkraut, studioso di Hannah Arendt, affermava che il razzismo hitleriano era la manifestazione del “trionfo della volontà su tutte le modalità della finitudine”. Secondo Finkielkraut questa definizione vale, integralmente, anche per l’Unione Sovietica staliniana; in effetti una formula così tremendamente semplificatoria apparirà plausibile, agli animi religiosi, che vedranno in essa l’essenza dell’Anticristo, e ai lettori heideggeriani della Lettera sull’umanismo, i quali, nella suddetta formula, individueranno la manifestazione più brutale dell’oblio dell’Essere. Per quanto ci riguarda noi concludiamo suggerendo di seguire il consiglio di La Grassa e cioè di mettere a confronto due film documentario, il primo russo, il secondo tedesco: La sesta parte del mondo di Dziga Vertov(1926) e Il trionfo della volontà diretto da Leni Riefenstahl nel 1935.

Mauro T. 02.06.2013


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