Au revoir sani principi dello sport

Creato il 25 ottobre 2013 da Coloreto @LoretoCo
Un’illusione pensare che il fenomeno comunemente chiamato razzismo sia ormai acqua passata, utopistico considerarlo circoscritto a determinate zone del mondo, assurdo ma tristemente reale constatare che abbia travalicato anche i confini dello sport.Negli ultimi giorni torna in voga il mai spento fenomeno dell’odio razziale negli stadi di calcio, ennesima patologia che affligge lo sport più diffuso al mondo. Le federazioni portano avanti campagne come la  “NO TO RACISM”, impressa nelle maglie dei giocatori, nei loghi televisivi e nei cartelloni pubblicitari, ma tutto questo si scontra con l’evidentissima arretratezza culturale di alcune minoranze popolari. Il colore della pelle o l’etnia di un giocatore continuano ad essere oggetto di scherno di migliaia di “tifosi” i quali oggettivamente sembrano essere più interessati a far prevalere la loro identità territoriale e razziale a scapito dei malcapitati uomini in campo, che all’evento sportivo in sé. Dai piani alti del “pallone”: FIFA, UEFA e FIGC (nel caso italiano), arrivano rispettivamente direttive e normative che provano a porre rimedio a questa piaga, ma i tentativi continuano a lasciare quantomeno perplessi. Negli ultimi giorni si è cercato in maniera quantomai tardiva di accendere i riflettori sul razzismo locale, identificato con “discriminazione territoriale”. Questa coinvolge gli appartenenti a diverse regioni dello stesso paese. La storica lotta Nord-Sud penetra anche nel mondo del calcio. Così si assiste ad ignobili cori contro la tifoseria napoletana, nei quali si fa vivace riferimento ai problemi legati allo smaltimento dei rifiuti e più in generale si fa leva sulle problematiche tipiche delle zone più afflitte del nostro paese. Il consiglio federale ha votato all’unanimità la variazione della norma sul razzismo, introducendo la “sospensione” della pena. In caso di cori, grida o altri gesti razzisti, gli organi di giustizia sportiva potranno “sospendere” la pena per un periodo di prova di un anno”, allo scattare della recidiva arriverà la sanzione che verrà commisurata alla dimensione e percezione del fenomeno. Quanto potrà essere efficace dare una seconda chance a protagonisti già recidivi di questo assurdo scempio? Quanto influirà sui come sopra detto, evidentemente carenti bagagli culturali di coloro i quali erroneamente vengono definiti tifosi? Queste domande continuano ad echeggiare tra le mura dei palazzi della giustizia sportiva, mentre diventa ormai assoluta certezza che lo stadio di calcio non è più il luogo dove portare la famiglia a sostenere una pura fede sportiva.
Corrado Loreto

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