Bisogna tirare la cinghia come fa un buon padre di famiglia, perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre capacità e quindi gli spread sono aumentati. Ormai è da più di un anno a questa parte che ci raccontano questa trafila, ma le cose stanno davvero così? In molti sostengono l’esatto contrario.
Anche intuitivamente si capisce che la maggiore pressione fiscale e i tagli alla spesa pubblica abbattono i consumi e quindi gli investimenti. Il crollo della domanda ha dunque pesantissime ripercussioni sull’offerta che è costretta a diminuire la produzione e quindi a licenziare. L’aumento della disoccupazione alimenta così questa spirale che, ad oggi, sembra non aver fine.
Il primo grafico mostra lo storico del tasso di disoccupazione prima e dopo che i governi hanno reagito alla crisi con misure di austerità. Com’è palese il tasso di disoccupazione si è impennato (NB il grafico in questione non tiene nemmeno presente dei cosiddetti scoraggiati). Inoltre è interessante notare come in Germania, che non persegue questo tipo di politiche, sia calato. Ma questa è un’altra storia.
Qualche mese fa addirittura Olivier Blanchard, capo-economista del Fondo Monetario Internazionale, ha riportato un grafico sul World Economic Outlook (October 2012) che dimostra con un’acuta regressione che chi fa austerità non cresce.
Il grafico, che alle ascisse riporta il consolidamento fiscale (un termine carino per dire austerità) e alle ordinate il tasso reale di crescita del Pil, non lascia scampo alle interpretazioni.
I maggiori sostenitori di queste politiche sostengono che questo è un male necessario per ridurre il famigerato rapporto debito/Pil . Si pensa infatti che il debito pubblico incida direttamente sul tasso di crescita dell’economia. Questo assunto è stato però largamente smentito da De Grauwe e Ji.
Oltre ai sopraccitati molti altri economisti criticano queste politiche. Tra tutti è bene ricordare Paul Krugman, Jonathan Portes, Bill Mitchell, Joseph Stiglitz, Randall Wray, Emiliano Brancaccio, Warren Mosler, Steve Keen, Giulio Sapelli, Gennaro Zezza, Gustavo Piga, Alberto Bagnai e molti molti altri.
Nonostante la sempre più grande consapevolezza nel mondo accademico,i risultati delle ultime elezioni e gli incoraggianti risultati delle politiche fatte in Australia e in USA, in Europa si persiste follemente con tali misure.
Concludo con una citazione che mi viene sempre in mente quando si parla di questo tema. Fu fatta in altre circostante, ma è calzante più che mai.
“fare la guerra per la pace è come fare l’amore per la verginità” John Lennon
Sostituite “guerra” con “politiche di austerità” e “pace” con “crescita” e il gioco è fatto.
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