Abbiamo rivolto ad alcuni economisti questa domanda: Quali sono i 5 o 6 provvedimenti principali che possono rilanciare la crescita e L’OCCUPAZIONE PRODUTTIVA in Italia? – Prossimamente risponderanno anche Marcello Messori, Paolo Pettenati, Vera Zamagni, Adriano Giannola, Lilia Costabile, Stefano Zamagni.
Risponde PAOLO PINI
Bisogna considerare che in Italia la crisi iniziata nel 2007 si è aggiunta ad una fase di ristagno che dura da alcuni decenni. L’economia italiana soffre dunque sia di scarsità di domanda sia di bassa produttività. Per di più essa si muove in un contesto di politiche europee poco favorevoli alla crescita (v. avanti). In questo quadro vanno raccomandate le seguenti politiche.
1. Cinque azioni pubbliche da realizzare subito
Occorrono cinque azioni immediate per contrastare l’emergenza economica e provare a rilanciare l’economia italiana, creando nuova occupazione. L’obiettivo principale è di sostenere la domanda aggregata interna, agendo sulla componente pubblica, e di innescare una ripresa della competitività delle imprese, agendo sulla qualità delle infrastrutture e su innovazione, ricerca, formazione. L’ordine di priorità è dato dall’urgenza. La loro copertura finanziaria è da approfondire, ma il Consiglio Europeo del 14-15 marzo ha garantito una minima flessibilità insita nella differenza tra deficit nominale e deficit strutturale, che può conferire all’Italia margini di spesa annuali nell’ordine di 10 miliardi.
1) Infrastrutture, Territorio, Cultura – Occorre avviare molte piccole opere a sostegno delle infrastrutture essenziali per la salvaguardia del territorio e del patrimonio culturale, per l’edilizia scolastica e pubblica in genere. Rivedere il Patto di Stabilità che impedisce alle amministrazioni pubbliche, anche virtuose, di realizzare questi investimenti. Avviare un piano energetico nazionale centrato sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica, con connessioni di rete dalla produzione di energia al consumo finale lungo tutta la filiera (l’attuale costo dell’energia è tra i più elevati in Europa e insostenibile per imprese e famiglie). Un piano dei trasporti su scala nazionale e regionale, urbano e non urbano, con sostenibilità ambientale ed economica, che preveda il rinnovo dei mezzi pubblici ed attivi la domanda relativa, non centrato quindi su infrastrutture di dubbia convenienza economica e contrastate dalle comunità locali.
2) Lavoro per i giovani – Occorre avviare un piano di lavoro pluriennale per i giovani di 15-29 anni, che sono il 40% dei disoccupati e di lunga durata, che si concentri sui NEETs[1]. Si deve dare priorità alla attivazione di domanda pubblica: domanda per servizi di pubblica utilità, remunerati almeno con 500 euro mensili nette, per almeno 1.000.000 di giovani su base annua. Questo serve anche a sostenere la domanda effettiva, che non troverebbe oggi supporto nella detassazione delle nuove assunzioni delle imprese. Una azione diretta del pubblico è necessaria a supplenza di un mercato incapace di creare occupazione mediante stimoli microeconomici. Questo piano deve essere inteso come “lavoro di cittadinanza”, e esito di politiche mirate alla “piena e buona occupazione” che contrasta i fallimenti del mercato.
Inoltre occorrono una soglia minima alle retribuzioni orarie e un abbattimento massiccio del cuneo fiscale (una vera tassa sulla occupazione e sul reddito da lavoro). La diffusione di forme contrattuali con retribuzioni molto basse, e la non-stabilità del posto di lavoro, non sono state contrastate dalla recente riforma del mercato del lavoro. D’altra parte il grado di copertura dei contratti nazionali e la scarsa diffusione dei contratti decentrati (aziendali e territoriali), non assicurano più minimi salariali adeguati.
Parte delle risorse possono venire dal Fondo Sociale Europeo; dal Fondo per l’Occupazione Giovanile, disponibile dal 2014 per i Paesi con disoccupazione giovanile superiore al 25%; e dal programma Youth Guarantee della Commissione Europea. Le attuali politiche del lavoro, oltre che discutibili sul piano dell’efficacia[2], incidono sull’offerta di lavoro, quando invece l’emergenza è sul lato domanda di lavoro.
Restano aperte questioni come il reddito minimo garantito per chi non ha lavoro, il reddito di cittadinanza, quindi riforma degli ammortizzatori sociali.
[1] Si stima che in Italia i NEETs (Not in Education, Employment or Training), siano nel 2012 circa 2.110.000, pari al 22% delle persone tra i 15 ed i 29 anni.
[2] In assenza anche della riforma dei servizi all’impiego, di cui la riforma Fornero non si è occupata.