C'era una volta, mie care bambine, un anonimo (non il nostro Doug).
Più probabilmente un'anonima. Che aveva molto tempo libero e pochi interessi.
Questa anonima, per qualche misteriosa ragione, sentiva il bisogno di esternare via mail a Seavessi la propria insoddisfazione per il blog, le idee, le modalità educative e in ultima ratio il funzionamento dei neuroni di Seavessi medesima.Una volta Seavessi ha risposto pubblicamente, le altre (non molte, tre o quattro) in privato, scoprendo ahimè che l'indirizzo mail di provenienza era farlocco. Amen.Stamattina, atteso, è arrivato anche l'anonimo-commento sul famigerato decalogo delle cose che le mamme non devono fare, la cui sostanza è tipo "certo che se non riesci più nemmeno a farti una risata ti devi essere proprio fritta il cervello".Niente da dire sulla frittura del cervello, Seavessi non ha mai preteso di essere una guida spirituale. La parte sul non riesci a farti una risata pesa di più, e non tanto per l'anonimo-commento, quanto per il dubbio di non essere riuscita a spiegarsi.Per cui riproviamoci, a costo di esser tediosi.Autoironia è ridere di se stessi. Ironia ridere degli altri. Fin qui direi che non ci piove.Purtroppo il confine fra l'ironia e la presa in giro è vago e impalpabile come la grammatica di un quattordicenne, e secondo Seavessi la presa in giro è una roba da maneggiare con molta attenzione.Esempio banale: Seavessi è dispostissima è essere perculata da Ziabella perché non sa parcheggiare bene, perché la presa in giro è affettuosa e nel caso può rispondere a tono. La stessa presa in giro una volta è arrivata dal capo di Seavessi, che ha potuto solo abbozzare un sorrisetto, non esistendo un rapporto tale da consentirle di rispondere allo scherzo. Mooolto meno piacevole.La presa in giro è divertente, se no non lo farebbe nessuno; spesso però è divertente solo per chi la fa e non per chi la subisce. Alle medie Seavessi aveva al collo una specie di bersaglio: era grassa, timida, con ottimi voti e interessi da vecchia zitella. Indubbiamente in molti si sono fatti grasse risate sulla cosa, ma Seavessi non si è precisamente divertita.Torniamo quindi un momento ai punti del famoso decalogo, tanto per discutere di qualcosa di comune. Alcuni fanno indubbiamente ridere, e parlano di cose per cui Seavessi si è spesso fatta ridere da sola.Però.Una cosa è ridere delle proprie difficoltà, molto diverso sentire gli altri che ne ridono. Perché di difficoltà si tratta. E per usare un abusatissimo luogo comune, da fuori non si vedono, chi non è mamma ecc ecc (Robin cara non ce l'ho con te, scusa se cito il tuo commento).Chi non è mamma non ha provato il senso di impotenza e claustrofobia che ti prende quando il pargolo, che normalmente pare la reincarnazione di Gandhi, decide che il supermercato o il treno sono un ottimo posto per fare l'unico capriccio stellare di tutta la sua vita. Per quanto una possa fregarsene, in quel momento gli sguardi scocciati, compassionevoli delle madame che guardano con disapprovazione (e magari con la bocca piena di uva rubata al banco della frutta) pesano. Perché un capriccio è una cosa normale, che capita, e invece ti guardano come se fossi una via di mezzo fra Jack lo Squartatore e Ruby Rubacuori, perché un unenne attenta alle loro nobili orecchie.O ancora, il lavoro. Seavessi per i prossimi due anni pagherà una tassa di circa 500 euro al mese, per poter conservare il proprio diritto al lavoro. Questa tassa si chiama asilo nido. E hai voglia a dire eh beh, potresti stare a casa finchè non vanno a scuola e poi riprendi. Eh già, col mercato del lavoro che c'è in Italia sarà facilerrimo riprendere dopo uno stop di anni. Seavessi PAGA per poter lavorare, e mica poco, e sentirsi prendere in giro perchè oltre a pagare deve fare i salti mortali per conciliare gli orari inconciliabili del lavoro e dell'asilo non la fa ridere più di quando la prendevano in giro per la ciccia.Seavessi non mette in dubbio la legittimità della posizione di chi i bambini non li sopporta, solo la comprende poco. E' come dire non sopporto gli adolescenti o i vecchi.Latest news, siamo stati tutti bambini, abbiamo avuto tutti la stupidera adolescenziale, tutti si spera saremo vecchi.E con i nostri 80 anni sulla gobba dovremo guardare negli occhi il chirurgo quarantenne che fra poco deve sgurarci le arterie intasate, e che magari è lo stesso bambino che urlava al supermercato.Quindi no, caro anonimo/a, non mi vien da ridere.