Autonomia.Libertà.Partecipazione.Ecologia

Creato il 20 giugno 2011 da Pivo
Ho ricevuto questo pezzo (ebbene si, guardate il cognome... i soliti raccomandati :-D) che ho trovato molto interessante e quindi con il consenso dell'autore ho deciso di pubblicarlo.
In questo ultimo anno ho seguito con vivo interesse, come osservatore, la nascita e la crescita di questo movimento. Prima la costituzione, successivamente il primo congresso e, per finire, la piccola campagna elettorale interna per la designazione del primo segretario.
I principi stabiliti all’atto della fondazione di Autonomie, Liberté, Participation, Ecologie sono stati da me considerati come sentieri inderogabili da seguire nel percorso fatto dal gruppo. Ma su questi grandi valori che devono essere condivisi da tutti gli aderenti quali sono le tipicità proprie di questo partito che si discostano da altre formazioni del panorama politico?
L’Autonomie che noi intendiamo deve essere vista come riconoscimento di una peculiare identità – dovuta alla condivisione di un territorio e di una lingua e non da una caratterizzazione del luogo di nascita – che esalti positivamente le differenze in una apertura e confronto con altre realtà? Questo a differenza di una Autonomie, che si richiude sempre più in se stessa anche e soprattutto per salvaguardare acquisite posizioni di potere, bene rappresentata dall’U.V.
La nostra Liberté è di “fare” insieme proposte, scelte e decisioni senza delegare queste funzioni ad una leadership anche carismatica ma esclusiva proprietaria del “fare”? Come si può riscontrare in alcuni grandi partiti della destra nazionale o territoriale.
La Participation che intendiamo alla vita di un movimento, contenitore di idee alle quali si crede, si realizza apportando concetti, aspirazioni, disponibilità senza dover appartenere a gruppi o correnti interne allo stesso? Come sovente accade nel grande partito di centrosinistra nostro alleato. L’Ecologie che vogliamo è lo sviluppo di tesi che portino alla salvaguardia del nostro territorio – il patrimonio più pregiato della nostra regione – e alla ricerca di nuove strade per affrontare gli attuali temi ambientali disposti anche a mettere in discussione consolidati dogmi di una cultura ecologista radicale?
Nel periodo post costituzione e, soprattutto, in una fase pre-congressuale questi contenuti non mi sembrano siano stati dibattuti con i semplici aderenti del movimento, sicuramente non con quelli che non vivono l’ambiente cittadino. Lo stesso congresso, seppur doverosamente indirizzato nelle tematiche statutarie, ha affrontato marginalmente questi temi dandomi l’impressione di un congresso molto ben organizzato ma poco “preparato”, quantomeno fuori dalle mura di Aosta. La stessa elezione del segretario, che deve essere obbligatoriamente vista come un franco e leale confronto interno su indirizzi e modo di operare e non come una lotta tra candidati di opposte bande, non è stata particolarmente caratterizzata, perlomeno nel confronto da me seguito, da temi politici, soprattutto per quanto concerne la Partecipazione.
Se questo movimento vuole proporsi come un nuovo modo di interpretare e fare politica deve rafforzarsi nello sforzo di una apertura nei confronti dell’esterno. Non rinchiudersi in vecchi apparati di partito quali comitati esecutivi, parlamentini e magari sezioni locali con annesso responsabile o coordinamenti; ma utilizzare queste strutture per un confronto continuo e costante con la società con lo scopo di coinvolgere, non solo nei momenti elettorali, persone che condividono oltre gli ideali un nuovo metodo di fare politica. Individui che dovranno portare all’interno di ALPE la propria anima e non l’anima di movimenti e gruppi politici in cui potrebbero aver militato. Il Galletto non può e non deve essere considerato un partito di “ex”.
La nascita di fazioni predeterminate all’interno di ALPE porta ad un fallimento del progetto politico mettendo in discussione l’utilità dell’esistenza dell’associazione stessa. Anche il solo fatto che un importante esponente di ALPE possa intravedere una azione politica come riconducibile all’esistenza di gruppi interni o correnti istituzionalizzate e possa auspicare “una discussione preventiva sulle caratteristiche delle candidature” (discusse da chi?) in un naturale confronto politico nel partito, riporta la nostra parte politica, come gestione del gruppo, nel solco dei partiti e movimenti politici già esistenti. Oggi si sente la necessità della creazione di un movimento laboratorio di idee nel quale tutti possano partecipare ad un dibattito, anche ruvido, senza preclusioni di schemi di appartenenza.
L’attuale richiesta della società di una politica nuova, sganciata dalle vecchie liturgie e apparati dei partiti, non deve trovare l’ALPE impreparata.
Non confondendo, però, questa nuova richiesta con un sempre crescente e ingiustificato sentimento di anti politica. Ma questa è un’altra storia.
Attilio Pivato