Autori che migrano

Creato il 18 dicembre 2015 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

Se nei sogni dei piccoli autori ci sono i grandi marchi dell'editoria, sempre più spesso nelle menti dei grandi autori c'è il desiderio di tornare ai piccoli e medi editori, se non addirittura al Self.

In questi giorni, proprio alla fiera "Più libri più liberi", a Roma, si è discusso di questo nuovo fenomeno che stravolge il sistema feudale letterario, portando alla luce quella tendenza che noi, già dall'anno scorso, stiamo sottolineando. Il discorso è meno semplice di quello che può sembrare a una prima occhiata e la migrazione degli autori, dal grande al piccolo, oppure all'indie, avviene in modo così naturale da non sembrare nemmeno una forzatura. Tuttavia, questo flusso è indice di considerazioni molto più illuminanti di quelle che si potrebbero fare superficialmente. In poche parole, diversi autori, che hanno pubblicato con marchi rinomati, sono tornati alle proprie origini, riconfermando quella fiducia iniziale che li ha spinti a collaborare con il proprio "piccolo" editore.

Perché questo ritorno?

Il motivo principale consiste proprio in quel rapporto umano che caratterizza una piccola realtà, un rapporto costruito su un dialogo effettivo e sulla professionalità dell'editore. Un grande marchio vive di numeri, di vendite che devono far quadrare il bilancio e poco importa se questi "numeri" hanno un nome e un cognome. Un autore che approda nella grande industria editoriale (ricordatevi che sono sempre industrie e non società portate alla beneficenza), deve poter rendere tanto quanto ci si aspetta dalle sue vendite precedenti, anche se queste sono state fatte con altro editore o come auto pubblicato. Se entro pochi mesi i risultati non si vedono, la società passa automaticamente la mano, cercando un nuovo "investimento". Ci pare inutile sottolineare che l'investimento non è tanto economico quanto umano, dal momento che per un nome sconosciuto il budget per le promozioni è decisamente inferiore rispetto a quello che potrebbe essere stanziato per un "nome" già conosciuto. Il "pescaggio" avviene in rete, attraverso le statistiche date dagli store online e attraverso quel passaparola che trasforma un titolo qualsiasi in una macchina da soldi. A quel punto l'editore X (quello ovviamente grande) scippa l'autore all'editore Y (il piccolo editore), proponendo all'autore contratti che, di solito, non si possono rifiutare. Eppure c'è chi lo fa.

In questi ultimi due/tre anni diversi autori hanno preferito rinnovare la propria fedeltà a chi ha avuto la fortuna di credere nel loro operato e spendere energie, tempo e denaro per portarli alla ribalta. E la motivazione è facilmente intuibile, un piccolo editore, per poter far fronte alla concorrenza data dai potenti mezzi economici di un colosso editoriale, può solo apporre la qualità delle proprie pubblicazioni contro la dozzinale tiratura dei grandi numeri. Altrimenti cosa potrebbe distinguere le due realtà?

Ovviamente non ci stiamo riferendo ai "pubblicatori" seriali, quelli che, spacciandosi per editori, sono in grado di immettere sul mercato ciofeche illeggibili dietro compensi assurdi. Stiamo parlando di editori seri (pochi ma reali) che ancora credono nelle capacità degli autori nostrani e sono in grado di produrre libri di qualità. Ed ecco che arriviamo al punto. La piccola editoria si accolla il rischio, le spese, l'onere e l'intuizione nel cercare le "perle" letterarie che esistono nel nostro Paese. Perle che non sono nemmeno così rare, dal momento che poi i grandi editori pescano a piene mani, quando il lavoro è già stato fatto.

Ebbene, questa tendenza non è più così ovvia. Molti autori, ormai denominati best seller, stanno ritornando alla fonte, in quella piccola realtà che li ha scoperti, ha creduto in loro, li ha curati, coccolati e resi "umani", persone con anima e cuore che scrivono ciò che il loro intimo necessita di esternare e non più semplici produttori di parole, in grado di sfornare qualunque cosa, a patto che possa essere pubblicata entro i termini di contratto.

Il rapporto umano prevale e quando l'autore non può tornare alla fonte, perché non c'era all'origine, allora il metodo "americano" torna utile e si assiste a fenomeni che hanno reso il self publishing una miniera d'oro, soprattutto oltre oceano. Tuttavia, prima che questa pratica risulti seria e professionale anche da noi, dovrà passare ancora dell'acqua sotto i ponti, ma non disperiamo, arriveremo senz'altro a questa realtà.

Noi stiamo vivendo e costruendo la rivoluzione letteraria del nostro Paese, sarebbe bene rendersene conto, perché la Storia la stiamo facendo noi, sia come lettori sia come autori e, un domani, non sarà affatto difficile voltarsi indietro e pensare a quanto sia cambiata la realtà nella nostra editoria.